CAPITOLO 42: Dissociazione

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Compresi da quelle poche parole sibilate che lei non era lì.
Stava rivivendo internamente chissà quale trauma del passato, un vero e proprio incubo ad occhi aperti da cui dovevo riuscire a richiamarla.
Sanguinante, cedetti e mi arresi alla sua reazione inconsulta perché qualcosa mi suggerii che oppormi non avrebbe fatto altro che esacerbarla e stimolare la sua cieca difesa.
E in effetti, non era affatto il mio dolore fisico che mi preoccupava.

Sephiroth intanto accorse richiamato dal trambusto e rimase immobile ed interdetto dalla scena inaspettata che gli si paro' davanti.
Io ero coperto di sangue, le mani le e il busto della camicia lacerate e penzolanti a brandelli.

"Fratello, ma che cazz..?"
domandò esitante.

Lei si girò all'istante attirata dalla sua voce e si scagliò su di lui che si ritrasse alzando le mani in una istintiva difesa.
"Non le fare del male!"
gli intimai subito.

Lei si fermò ridacchiando con un' espressione inquietante e grottesca che le trasfigurava i lineamenti del viso delicato.
"Grazie, paparino.
Scommetto che vuoi tenerti il divertimento tutto per te, eh?"
domandò con cupo sarcasmo.
"Che egoista.
Peccato, il mio fratellone sarà molto deluso di non poter partecipare"
continuò con una smorfia ironica.

Seph mi guardò interdetto, supplicandomi silenziosamente di intervenire.
Realizzai che in quel momento lei era lontana anni luce da qui, da noi e dalla se stessa di ora.
Lei era catapultata e imprigionata nel ricordo di qualche giorno lontano, forse quando era ancora una ragazzina, a casa con la sua famiglia di origine che mio malgrado avevo avuto modo di conoscere.
Come allora mi costrinsi ad inghiottire il rigurgito corrosivo risalito nel mio esofago al solo pensiero di cosa potessero averle fatto subire e mi concentrai sul presente.

"Bambina, ora mi chiami papà?
Mi hai sempre chiamato con il mio nome di battesimo, Gaspar"
pronunciai quel nome  disgustoso che mi ero ripromesso di dimenticare con malcelato disprezzo.
Quella recita odiosa mi costava, ma era necessaria e funzionale al suo distacco dalla realtà.
Pregai gli dèi di non dover scoprire altre efferatezze del suo passato che mi aveva taciuto o nulla avrebbe potuto trattenermi dall'andare seduta stante a casa sua ad ammazzarli tutti con le mie stesse mani.
Seph mi guardò inorridito e spiazzato, ma comprese cosa stavo facendo e si presto' senza contraddirmi.

Lei parve interdetta e il suo viso si corrugò in un'espressione interrogativa, poi il sorriso mellifluo riapparve ad incurvare le sue labbra cremisi.
"Avete perso la memoria, papà?"
istigò con un tono provocatorio ridacchiando sommessamente.
"Siete stato proprio voi a non avermi mai permesso di farlo.
Io sono la figlia indegna, la cagna bastarda che non doveva permettersi la confidenza di chiamarvi padre come i miei fratelli...
Ricordate ora?"

Inghiottiti un'altro fiotto acido, costringendomi a continuare a respirare.

Respira.

Gaspar era già morto per sua mano, altrimenti avrei provveduto io stesso e non sarei stato altrettanto magnanimo.
Nessuna dipartita rapida per quell'infame, oh no.
Mi sarei assicurato che fosse lenta e molto dolorosa e che lui fosse lucido e cosciente per godersi la tortura fino all'ultima stilla di vita.

"Hai ragione, sorella mia"
intervenne Sephiroth con un tono basso e comprensivo.
"Nostro padre è stato un uomo molto duro, soprattutto con te.
Ma la vecchiaia l'ha ammorbidito e ci ha pregato di accompagnarlo qui
per poterti chiedere perdono e assicurarsi che stessi bene con tuo marito"

Lei lo osservò rapita in silenzio, riflettendo sulle sue parole, probabilmente le parole che aveva agognato di udire in tutti quei lunghi anni di abusi e maltrattamenti.
Mi parve di cogliere un lucore nelle sue pupille che tuttavia scomparve subito mentre le sue iridi si illuminarono di ambra e bronzo.

"Eisack...
È un po' tardi per rinsavire e pentirsi, non trovi?"
domandò con la voce a tratti rotta.
"Teme di essere prossimo alla morte e si vuole redimere dai suoi peccati?
Vuole lavarsi la coscienza?
E tu? E voi fratelli?
Finalmente non siete più ciechi e sordi ai suoi soprusi?
Finalmente ora riuscite a vedermi?"
gli urlò tutta la sua disperazione taciuta e covata troppo a lungo.

"Mi dispiace"
rispose semplicemente Seph commosso ed ero certo che non stesse soltanto recitando.
Lo guardai con uno sguardo di muto ringraziamento e lui distolse il suo sguardo imbarazzato.

"Anche a me.
Andate con l'anima leggera, io vi perdono"
si limitò a replicare lei in un mesto sussurro di redenzione e liberazione.
Mi trattenni a stento, ma avrei voluto solo abbracciarla e stringerla a me allontanando per sempre i suoi demoni.
"Vi perdono soltanto perché ciò che mi avete fatto mi ha costretto a fuggire per sopravvivere e vostro malgrado mi ha portato qui.
È grazie a voi in fondo che ho trovato lui, Draven.
E lui finalmente mi ha visto.
Mi ha subito accettata e amata per ciò che ero, un fagotto ribelle di stracci sudici.
E nonostante ciò, lui mi ha restituito la mia individualità e la mia dignità.
Lui mi ha permesso di risorgere a regina dai miei stracci"
gli spiegò commossa e calma, gli occhi ambrati colmi di gratitudine e amore.

Ragazzina.
Piccola.
Mia Signora.

La sua espressione beata si incupì rabbuiandosi tutto ad un tratto.
"Il mio compagno immortale è morto..
Come farò ora senza di lui?
Come potrò esistere?"
urlò straziata dall'assenza.

Feci per avvicinarmi e rassicurarla, ma Seph mi fermò con un cenno della mano.

"Sorella mia, il tuo compagno Draven non è morto.
Grazie a te è salvo ed è qui, è venuto a prenderti!"
gli rivelò lui pazientemente.

Lei lo guardò con sospetto e diffidenza, poi la sua espressione e il suo sguardo smarriti mutarono come se fossimo riusciti a farvi breccia e il velo che li offuscava fosse improvvisamente caduto.
Ora lei era di nuovo qui, era di nuovo la Magdalena di oggi.
La mia Magdalena.
Ci guardammo entrambi come se fosse la prima volta, nei giorni del Raccolto.
Poi entrambi annullammo in pochi passi lo spazio che ci separava e come allora la raccolsi tra le mie braccia come qualcosa di prezioso da proteggere con la vita.

"Sei tornato da me mio Signore"

"Sempre, piccola.
Tornerò sempre da te, fosse anche dalla morte"












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