CAPITOLO 60: Il delirio

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"Ducunt volentem fata,
nolentem trahunt"
(Lucio Anneo Seneca)

Maiden boccheggiava,
la bocca socchiusa famelica d'aria.
La sua anima era in tumulto, internamente scissa tra l'istinto naturale del suo corpo di congiungersi finalmente con la sua compagna e allo stesso tempo di rifuggirle per mantenere intatta la propria individualità.
I suoi occhi sgranati divenuti rossi come il sangue, dardeggiavano rapidi ed alienati tra me e nostra madre.
Si sentiva tradito a morte.

"Non dovevi"
le sibilai tra i denti.
"Non dovevi imporglielo così"
aggiunsi furente.
Il suo intervento inopportuno aveva vanificato tutti i miei laboriosi tentativi di mediazione.

La Lupa mi guardò disorientata dal mio commento secco.
"Non gliel'ho imposto io,
è il suo destino!
Non crederai davvero che lui possa scegliere di sottrarsi e..."

"Madre."
la interruppi.
"Trovo paradossale che proprio tu ci faccia la ramanzina
sul destino e il rispetto delle conformità...
Quoque tu?"

Un lampo di comprensione e di colpa le attraversò lo sguardo.
"Hai ragione, figliolo.
Ma non sono stata io a rivelarle cosa stava succedendo,
se è questo che pensi e di cui mi accusi.
Lei sapeva già e mi ha semplicemente seguita sostenendo quanto vi ho appena detto"
spiegò con rammarico.

Mi ammorbidii nel vederla contrita e nel rendermi conto di aver utilizzato un tono piuttosto tagliente.
"Anche io madre vorrei che si rendesse conto che se tenta di sottrarsi ne soffrirà..
solo non volevo che succedesse questo.
Non così.
Si sta sentendo come un animale
in trappola"

La Lupa rivolse il suo sguardo acuto prima verso Maiden poi nuovamente verso di me ed una strana luce brillò nei suoi occhi.
La sua bocca sottile prima piegata in una linea amara, si ammorbidì improvvisamente allargandosi in un lieve sorriso.
"Hai ragione, figliolo"
ammise alzando volutamente la voce di un'ottava,
come se avesse voluto che soprattutto Maiden la sentisse.
"Ora andrò da lei e le dirò che deve rinunciare al suo proposito e se ne deve andare"

Io la guardai confuso e disorientato da quella sua repentina retromarcia inarcando il sopracciglio ed inclinando il capo, ma mi limitai ad annuire, assecondandola.
Maiden udendola si rassicurò e pur rimanendo in disparte rintanato nell'angolo più remoto della stanza parve tranquillizzarsi.

Nostra madre si diresse alla porta senza aggiungere una parola.
"Dille che mi dispiace,
perfavore"
la pregò Maiden poco prima che la sua mano raggiungesse la maniglia della porta.
"Che non è colpa sua..."
continuò con la voce rotta.

"Non ti crucciare per lei,
figliolo"
gli rispose lei rimanendo di spalle, forse per celargli la sua reale espressione.
"È umana e non patirà il tuo stesso dolore per il distacco.
Non si è ancora attivato il vostro sacro legame quindi per lei
sarà semplice interromperlo senza conseguenze.
Poi è giovane,
ha senz'altro le risorse interiori
per andare oltre senza più guardarsi indietro.
Già domani vedrai che si sarà dimenticata di te e di tutto questo, senza rimpianti o rimorsi"
continuò ad affondare con noncuranza pretendendo invece di consolarlo.

Non potevo vedere il suo viso,
ma la immaginai sorridere impietosamente e compresi all'istante cosa stesse facendo.
Era un gioco molto pericoloso,
ma poteva funzionare.

Il respiro di Maiden diventò improvvisamente più profondo e
frequente e lo sentii deglutire più volte a vuoto.
L'aria nella stanza si fece di nuovo tesa ed elettrica.
Satura di emozioni trattenute.
"Le ragazze così giovani poi sono capricciose e volubili, Maiden.
Forse non sarà neanche più qui fuori.
Probabilmente avrà dimenticato il suo proposito e starà già girovagando per il palazzo come una farfallina curiosa e leggiadra"
continuò a punzecchiarlo con le sue vaghe insinuazioni.

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