CAPITOLO 21: L'empia immolazione

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Rimasi a lungo inerme e inebetito, fissando un punto indefinito davanti a me, ma senza realmente vedere.

L'avevo persa per sempre.

E non avevo neanche la consolante sicurezza di averla mai avuta davvero.
Frustrazione e impotenza scorrevano come fiele nelle mie vene mentre continuavo a fissare l'ipnotica danza delle fiamme, immobile.

Non avevo più alcuno scopo, più nulla da perdere.

La mia vita è sempre stata una messinscena, ora arrivata all'ultimo perverso atto.
In uno sfondo indefinito e opaco, fissavo solo la sagoma della Lupa stagliarsi come un avvoltoio sopra al corpo esanime di Magdalena, vilmente protetta e separata dalla morte solo dall'energia del cerchio sacro.

"È...morta?"
sussurrò una voce strozzata che percepii lontana e ovattata.

Chiuso nel mio dolore come in un bozzolo, continuavo ostinatamente a fissare dritto davanti a me come un'ottusa sentinella attendendo la chiusura del cerchio per poter scattare.
L'avrei uccisa senza pietà e senza rimorsi.
Avrei dovuto torturarla sadicamente e lentamente per infliggerle tutte le pene che meritava, ma già sapevo che non avrei saputo trattenere il mio dirompente desiderio di rivalsa.

Mi aveva privato dell'amore materno, abbandonandomi senza alcuna spiegazione.
Mi aveva privato del sostegno di un padre, che avrebbe almeno potuto guidarmi nel difficile ruolo che mi attendeva.
Mi aveva ingannato, blandendo e circuendo coloro di cui negli anni avevo dovuto imparare a fidarmi.
Infine, non del tutto sazia e paga, mi aveva soggiogato illudendomi di aver fatto ritorno per me per poi invece sterminare davanti ai miei occhi l'ultima occasione che avevo che qualcuno che amavo,
finalmente,
mi amasse a sua volta.

"Ragazzina, mi dispiace non averti saputa proteggere. Ho fallito..."
sussurrai, con la voce rotta dal pianto.
"Fai buon viaggio, amore mio, ti raggiungerò presto" mormorai delirante.

"Draven!"
qualcuno mi scosse e mi schiaffeggiò così forte da farmi destare dalle mie lugubri allucinazioni.
Tristan.

"Magdalena è morta?
Tua madre...
E il comandante... cosa gli hai fatto? perché?..."
tartagliò disorientato dallo sfacelo che ci attorniava e cercando tuttavia di penetrare l'armatura di apatia che mi paralizzava.

Spaziava con lo sguardo smarrito la desolazione di quel massacro, il volto ingrigito mascherato da una coltre di cenere solcata dalle candide scie delle lacrime.
Nelle pupille dilatate dalla paura, il riflesso dorato delle lingue di fuoco che sembravano lambire la notte.

Il marchio sul mio petto iniziò a bruciare reclamando la mia Compagna, ricordandomi ancora la sua scomparsa.
Il dolore divenne così intenso e penetrante da mozzarmi il respiro e farmi piegare su me stesso, poi persi conoscenza.

Caddi in un oblio onirico denso e lattiginoso che mi avvolgeva e mi invischiava, a tratti cullandomi nelle sue morbide spire ramate in un confortante abbraccio e a tratti trascinandomi con molli tentacoli viscidi simili a pallide dita e dandomi la sensazione di affogare.
Nel mio pesante torpore mi parve di udire il richiamo fraterno e preoccupato di Seph, ma doveva essere un miraggio del vaneggiamento.
Mi abbandonai stanco di lottare e mille immagini apparvero e si susseguirono nella mia mente provata.

Mio padre, di spalle, che si allontanava per l'ultima volta da me senza rivolgermi neppure un'ultima occhiata rammaricata di commiato, Magdalena che impavida e sorridendo impertinente mi accarezzava la punta dei canini mentre una chiazza di sangue le si allargava nel petto. Zaphir che imprecava e scalciava come un mulo minacciando vendetta con gli occhi fuori dalle orbita.
Mia madre che compariva dal nulla dicendo di essere tornata da me come promesso e poi sembrava salmodiare una cantilena in una lingua sconosciuta accarezzandomi amorevolmente le tempie con le mani sporche di sangue.

DUX BRUMAEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora