Capitolo 2

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Leanna

Mi fermai davanti all'entrata della mia scuola, piena già di studenti che camminavano e si salutavano contenti di rivedersi dopo l'estate.

Un'estate che sicuramente avevano passato tutti a divertirsi tra feste e relax, cosa che a me non era capitata, visto che l'avevo passata solo a studiare e a guardare qualche film su Netflix con Abby.

Non mi dispiacque averla passata in quel modo, anche perché mi ero impegnata davvero molto per entrare in quella scuola, la stessa che aveva frequentato mia madre, e quello era il mio solo scopo: prendere la laurea e continuare gli studi per diventare un avvocato di successo come lei.

Era già passato un anno e quello era il mio secondo anno alla Tulane University, e non era cambiato assolutamente niente da come lo avevo lasciato. Le cheerleaders urlavano dalla gioia di vedersi, gli studenti con i libri già in mano erano pronti a iniziare le lezioni, e i bellocci della squadra di baseball erano pronti solo ad allenarsi e giocare le loro partite.

Oltre loro però c'erano anche quelli che piacevano a me: i solisti. Li chiamavo così, ed erano quelli che non facevano parte di nessun gruppo, di nessuna squadra, erano amici di tutti, parlavano e salutavano chiunque senza farsi problemi su niente.

Feci un bel respiro pronta per iniziare un altro anno, guardai Abby che mi prese sottobraccio e ci incamminammo dentro nel corridoio.

I corridoi erano già pieni di ragazzi e la confusione era assordante, e mentre osservavo ogni sguardo mi chiesi se fosse quello il mio posto, era come se mi sentissi fuori luogo. Non avevo mai pensato a una cosa del genere, anzi, la scuola era sempre stata la mia unica priorità, ma quel giorno sentivo dentro di me la sensazione di essere nel posto sbagliato: un pensiero che mi destabilizzò parecchio.

Arrivammo ai nostri armadietti e iniziai a posare lo zaino e a prendere ciò che mi sarebbe servito per la lezione: ci sarebbe stata chimica alle prime due ore. Presi il libro e mi voltai a guardare Abby che sbuffava rumorosamente.

«Qual è il problema?» La guardai divertita sapendo già la sua risposta.
«Speriamo che oggi il professor Jerrold non inizi a trattare qualcosa di complicato», si appoggiò contro il suo armadietto. «Quanto odio la scuola!»

Chiunque poteva percepire l'amarezza che l'avvolgeva. Sorrisi guardando il broncio sul suo volto.

«Ti lamenti sempre per tutto», sospirai e scossi la testa.
«Non è vero!» Mi fissò con aria di sfida.
Spalancai gli occhi stupita del fatto che non se ne accorgesse. «Brontoli perché i professori sono noiosi e pesanti, ti disperi perché non puoi restare a letto a dormire, hai da ridire sui voti bassi che ti danno, ma non sprechi neanche mezz'ora per studiare, poi che altro... ah, sì! Critichi tutti i ragazzi dell'università perché sostieni che sono pieni di difetti, e senza neanche averli conosciuti! Sei davvero assurda!»

«No, aspetta! Su questo ti stai sbagliando di grosso...»
«Non mi sto sbagliando, Abby! Ti conosco alla perfezione». Vidi che non mi ascoltò neanche e che la sua attenzione era da un'altra parte. «Mi stai ascoltando?» Guardai il suo volto diventare rosso come un peperone e i suoi occhi brillare tremendamente. Aggrottai la fronte e le scossi la mano davanti.

«Lui... Dios mío, lui non ha nessun difetto!» Sbavò come se avesse appena visto un modello di una rivista di alta moda. Roteai gli occhi e scossi la testa.
«Datti una calmata!» Le chiusi la bocca aperta e mi voltai a guardare.

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