Capitolo 6 (parte due)

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Leanna

«Cosa ci fai qui?!»

«Sono venuto a prenderti», entrò in casa.

«Dove vai?! Fermati!» Chiusi velocemente la porta e gli corsi dietro.

«Salve», Gabriel si avvicinò a mia madre con nonchalance e le porse la mano, «sono Gabriel, un amico di Leanna, è un piacere conoscerla»

Spalancai gli occhi e aspettai la reazione di mia madre che sicuramente non sarebbe stata delle migliori. Non amava che portassi a casa persone che non conosceva, soprattutto i ragazzi: loro erano off-limits.

«Piacere, Marsha», gli strinse la mano e gli sorrise.

Impossibile!

Non potevo credere alla scena che stavo vedendo, da
quando era così gentile e cordiale?!

«È un mio compagno di classe», presi Gabriel per il braccio e lo spinsi dietro di me, «infatti, se per te non è un problema, vado a scuola con lui». Ero sicura che me lo avrebbe negato, non fidandosi degli sconosciuti, e che piuttosto mi avrebbe accompagnata lei.

«Nessun problema», sorrise e continuò a sistemare i fogli sul tavolo.

La guardai sbalordita: la donna davanti a me non era assolutamente mia madre! Non era mai stata così accondiscendente. Essendo un avvocato non si fidava di nessuno, era molto rigida e autoritaria, e prima di potermi affidare a qualcuno, amico o amica, iniziava con un interrogatorio davvero imbarazzante.

«Oh! Che scortese, non ti ho neanche offerto qualcosa da bere, vuoi del caffè?» Si fermò di colpo e lo guardò.

«Come se avessi accettato, la ringrazio!» Abbassò la testa in segno di gratitudine e mi guardò, «ora però dobbiamo proprio andare, rischiamo di fare tardi»

«Si, dobbiamo andare!» Scattai, ancora sotto shock da tutta quella scena, presi lo zaino dalla sedia, tirai Gabriel dal braccio e salutai velocemente mia madre.

«È stato un piacere conoscerla!» Si voltò a guardarla.
«Anche per me! Alla prossima!» Alzò il braccio salutandoci.

Salii di corsa nella macchina di Gabriel e lo fissai con sguardo minaccioso: «Sei impazzito a presentarti così a casa mia?!» Urlai davvero furiosa e buttai lo zaino nel sedile dietro.

«Perché, sono vestito male?» Ironizzò abbassando lo sguardo verso i suoi vestiti.

«Davvero spiritoso!» Scossi la testa e alzai gli occhi al cielo ignorandolo e voltandomi a guardare fuori dal finestrino.

«Come ti senti oggi?» All'improvviso domandò senza neanche guardarmi in faccia, ma mantenendo lo sguardo fisso sulla strada.

«Meglio, mi fa solo male la testa e ho ancora la nausea», parlai lentamente cercando il suo sguardo, «tu lo sapevi cosa mi stesse succedendo, non eri sorpreso», indagai osservando attentamente la sua espressione.

«Ho solo avuto il sangue freddo e il controllo, tutto qui», sputò con freddezza.

Stava mentendo, era evidente!

«Bugiardo! Sai benissimo perché sono stata male! Cosa mi hai fatto? Mi hai drogata?» Mi avvelenai sentendo la faccia bruciare, come se mi stesse avvolgendo violentemente un fuoco ardente.

«Drogata?! Stai scherzando, vero?» Si voltò a guardarmi incredulo.

«E allora dimmi perché...»

«Per caso ti ho dato da mangiare, o fatto bere qualcosa, per affermare con sicurezza che ti ho drogata?! Non mi sembra! Mi sono davvero stancato delle tue accuse, dei tuoi insulti, del tuo atteggiamento sempre così scontroso! Adesso basta!» Colpì il volante e saltai dallo spavento. Le vene sul suo collo si gonfiarono, e per un attimo mi sembrò di vedere i suoi occhi verdi diventare di un nero oscuro e profondo.

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