Capitolo 2 (parte due)

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Leanna

La prima ora di chimica finì, mancava ancora un'ora alla pausa e così chiesi al professore di poter andare al bagno. Avevo bisogno di fare quattro passi cercando di svuotare la mente e rilassarmi. Camminai per il corridoio notando che era deserto, e finalmente regnava un po' di silenzio. Arrivai al bagno e aprii l'acqua del rubinetto spruzzandola in faccia, mi appoggiai al lavandino e feci dei respiri lunghi cercando di scacciare via ogni pensiero.

Mi guardai allo specchio e vidi gli occhi lucidi. Mi sentivo senza energie, la testa girava e ogni tanto avevo qualche fitta di dolore allo stomaco: sicuramente mi stava venendo la febbre.

Sbuffai e tornai con la mente a ciò che mi era accaduto in quelle poche ore, iniziando a convincermi che fossero solo allucinazioni causate sicuramente dallo stress che mi ero procurata per il troppo studio durante l'estate. L'unica cosa che veramente non capivo era il perché continuavo a pensare a quel ragazzo.

Non lo conoscevo neanche e non volevo avere niente a che fare con lui, non mi piaceva a pelle, e sicuramente era il tipo di persona che avrebbe portato solo guai.

Rimasi ancora qualche secondo appoggiata al lavandino, alzai la testa e guardai il mio riflesso allo specchio vedendo che ero proprio tanto pallida. Sbuffai e cercai di non pensarci, uscii dal bagno e dimenticai qualsiasi cosa fosse successa in quelle ore. Camminai velocemente tornando in classe, girai l'angolo e mi scontrai con qualcuno sbattendo la testa contro la sua spalla e cadendo a terra come un sacco di patate.

«Dannazione!» Mi tenni la fronte e pensai alla grande figuraccia che avevo appena fatto. Alzai la testa imbarazzata. «Scusam...», mi bloccai subito: i suoi occhi mi scrutarono intensamente penetrandomi l'anima.

Iniziai a respirare con affanno e non sapendo cosa fare rimasi immobile a terra.

«Hai intenzione di restare lì tutto il giorno?!» Sorrise incrociando le braccia guardandomi divertito. La sua voce era così sensuale e profonda che rimasi incantata e l'odore che emanava era maledettamente inebriante.

Mi alzai appoggiando le mani sul pavimento e ignorando completamente la sua irritante ironia. Lo guardai nuovamente, purtroppo senza riuscire a distogliere lo sguardo, e pensai a quanto fosse surreale la sua bellezza. Osservai le braccia tese e seguendo le linee dei suoi muscoli salii verso il collo, sentendo il battito del mio cuore farsi irregolare. Salii ancora di più e mi concentrai sulle sue labbra: carnose e sensuali.

Scossi la testa e scacciai il pensiero di baciarle... a cosa stavo pensando?!

Lo fissai negli occhi verde intenso e riprovai lo stesso brivido che mi venne nel momento in cui ci scontrammo.

«Ti sei fatta male, Leanna?» Il suo sguardo si fece intimidatorio e pronunciò il mio nome duramente, come se fosse obbligato a farlo, e mentre notai questi particolari pensai a come sapesse il mio nome.
«Come sai il mio nome?» Aggrottai la fronte scrutandolo attentamente.

«Piacere, sono Gabriel», tese la mano e mi guardò ancora con quello sguardo serio. Aveva un atteggiamento molto sicuro e sembrava come se non aspettasse altro che presentarsi.
«Non hai risposto. Te lo ripeto, come conosci il mio nome?»

Incrociai le braccia e lo fissai innervosita dal suo atteggiamento: chi si credeva di essere, il Don Giovanni della situazione?

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