Capitolo 23 (parte due)

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Leanna

Il teatro era pieno di persone, non c'era neanche un posto libero, e iniziai a tremare sentendo la paura farmi mancare il respiro.

Come potevo recitare davanti a tutte quelle persone? Non ce l'avrei mai fatta!

«Sì che ce la fai. Hai la forza e il coraggio di poter affrontare tutti?» Gabriel spuntò da dietro.
Chiusi la tenda del sipario e mi voltai a guardarlo.
«Hai sbirciato nella mia mente un'altra volta?» Incrociai le braccia fingendo uno sguardo arrabbiato e poi, non riuscendo a rimanere seria, sorrisi.
«Non posso farne a meno, amo sapere ciò che pensi». Mi attirò a sé guardandomi dolcemente. «Andrai sicuramente bene, non avere paura di queste persone, e se proprio non riesci a far finta di niente, fai come gli attori: immaginali nudi», rise.
Risi davvero divertita da quel consiglio e lo colpii al braccio: «Sei uno scemo!»

«Lea! Dove sei?» Sentii in direzione del camerino la voce squillante di Abby.

«E' meglio che vada, se no quella fa scappare tutti», spalancai gli occhi davvero preoccupata della mia migliore amica e corsi nel camerino.

La recita iniziò e dopo qualche istante riuscii a prendere padronanza della mia voce e del mio corpo. Guardai il pubblico e come Gabriel mi aveva consigliato, li immaginai tutti nudi, anche se mi venne da ridere, ma cercai di trattenermi.

Recitai nei migliori dei modi, inaspettatamente, proprio come tutti gli altri. Guardai Gabriel recitare e non riuscii a distogliere lo sguardo: mi incantavo ogni volta che i miei occhi incontravano i suoi. Sentivo che secondo dopo secondo mi innamoravo sempre di più.

Spike mi guardò intensamente, quasi scrutandomi, come se avesse capito che ci fosse qualcosa tra me e Gabriel. Lo guardai facendomi di colpo seria: ero dispiaciuta per come erano andate le cose, la nostra amicizia era cambiata. Però ormai non aveva più importanza, perché purtroppo avevo cose molto più grandi di cui occuparmi: la guerra era dietro l'angolo, e anche la mia trasformazione.

«Ascoltate e sentirete. Bisogna aver due testimoni ben lesti e ben d'accordo. Si va dal curato, il punto sta di acchiapparlo all'improvviso, che non abbia tempo di scappare. L'uomo dice: signor curato questa è mia moglie, la donna dice: signor curato questo è mio marito, bisogna che il curato senta, che i testimoni sentano e il matrimonio è bell'è fatto, sacrosanto come se l'avesse fatto il papa. Quando le parole son dette, il curato può strillare, strepitare, fare il diavolo, è inutile, siete marito e moglie». Grace recitò divinamente, come se stesse vivendo davvero quel momento, ed era stata bravissima e il pubblico applaudì.

La recita era quasi terminata, mancava solo un'ultima cosa, ovvero la professoressa. Entrò sul palco e andò al centro, accompagnata dall'applauso del pubblico.

«I guai vengono bensì spesso perché ci si è dato cagione, ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce e li rende utili per una vita migliore», fece un respiro profondo e si guardò attorno, guardando tutti i presenti, «molte volte siamo noi stessi l'origine dei nostri mali, ma la massima cautela non basta comunque a tenerci lontani da loro, in ogni caso è solo grazie alla fiducia in Dio che possono essere rese più sopportabili le loro pene e si può anche ottenere un insegnamento da guai passati», fece un inchino chiudendo così la recita.

Seguirono applausi e complimenti dal pubblico. La professoressa si alzò e li guardò.

«Vi ringrazio immensamente per essere venuti, spero che lo spettacolo sia stato di vostro gradimento! Vi auguro buonanotte», salutò con la mano tutti quanti e il pubblico si alzò in piedi ad applaudire.

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