Capitolo 13

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Gabriel
(Il passato di Gabriel)

Guardai fuori dalla finestra e vidi tanti alberi intrecciati fra di loro, come se si abbracciassero, celando qualsiasi cosa oltre loro.

La pioggia toccava i loro rami spogli e freddi, e i corvi posavano su di essi a loro agio nell'oscurità. Osservai ogni sfumatura di quel momento, come se stessi scattando una foto. Guardai il cielo e vidi la luna splendere luminosa come non mai.

Sapevo di poter avere tutto ciò che bramavo, anche perché il potere che avevo su Derrien era molto forte, provava lo stesso unico e forte amore che provavo per Raphael, e qualsiasi cosa avessi voluto lui me l'avrebbe data, ma l'unica eccezione era sua sorella Ailis: lei, non potevo averla. Non che me ne importò, anzi, però quella era un problema per il mio piano.

Usare Ailis poteva essere a mio favore, o a mio sfavore, tutto dipendeva dalla reazione di Derrien. Lui era dannatamente geloso e possessivo di me, gli appartenevo, e non era per niente contento del mio legame con gli altri schiavi, soprattutto di quello con mio fratello; lo avevo sempre saputo, ma evitavo di dargli importanza.

Per anni mi convinsi di poter prendere il suo posto grazie ad Ailis, ma il pensiero di Derrien, della sua gelosia nei miei confronti, mi fece cambiare idea; se solo lo avesse scoperto sicuramente sarebbe andato su tutte le furie.

Non chiusi occhio neanche per pochi secondi rimanendo sveglio tutto il giorno, e rimasi sdraiato a letto sentendo dentro la mia testa solo orribili pensieri.

Ailis non era decisamente la soluzione migliore: la mia sete di potere mi aveva annebbiato la mente, facendomi portare avanti un piano sbagliato, e solo in quel momento mi resi conto del mio errore.

Sentii la frustrazione e la rabbia scorrermi nelle vene, avevo sprecato il mio tempo dietro a qualcosa che poteva portarmi solo guai, e ne ero stato talmente tanto acciecato da non rendermene conto. Se davvero desideravo portare oscurità ovunque, dovevo servirmi di un altro piano e lasciar perdere la sorella di Derrien.

Aprii l'armadio e misi una maglietta nera con scollo a V, che mostrava il tatuaggio sul petto, indossai i jeans neri e scesi in sala pranzo, sentendo il bisogno di un caffè doppio e bollente.

Dietro il bancone trovai Kensi: una schiava paffuta con i capelli rossi legati in una coda, occhi gialli e un paio di occhialoni che le scendevano sul naso.

«Oh, guarda chi abbiamo qui!» Ironizzò simpaticamente vedendomi arrivare. Si poteva dire che mi volesse bene, se solo noi provassimo quel sentimento.

Per noi l'amore era ciò che provavo io per Raphael: possessione, ossessione, gelosia, rabbia e dolore.

«E' da parecchie notti che non ti vedo, dove sei stato? Spero tu non abbia combinato altri dei tuoi casini», mi sorrise mostrandomi una smorfia diabolica, e pensai che, per essere una schiava dell'inferno più grande di me di molti secoli, avesse uno strano senso dell'umorismo.

«Non ho combinato niente, per ora», le feci l'occhiolino e sorrisi maliziosamente, «mi fai un caffè doppio».

Annuì e andò alla macchinetta. Mi appoggiai al bancone e aspettai che me lo preparasse. Dopodiché, andai nella sala divertimento con il mio bicchiere di caffè, che a piccoli sorsi gustavo.

Aprii la porta e trovai Raphael sul divano con accanto una donna: non l'avevo mai vista e il suo odore mi disgustò. Lo guardai confuso, percependo qualcosa di strano; chiusi la porta alle mie spalle e andai a sedermi sulla poltrona. Oltre a mio fratello c'era anche Loyd, e anche lui con una donna vicino dello stesso odore dell'altra.

«Gab, potevi dirmelo che saresti venuto», Raphael guardò Loyd, «ne avremo portata una anche per te», mi fece l'occhiolino e toccò il collo della donna. Era ubriaco marcio e lo capivo dai suoi occhi, dal suo odore e dal suo atteggiamento.

Oltre le aliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora