Capitolo 18

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Derrien
(Il passato di Gabriel)

«Aaaah!» Urlai, prendendo qualsiasi cosa mi trovassi davanti, spaccandola.

Andai verso la scrivania, presi il vaso sopra di essa e lo lanciai contro il muro, facendolo in mille pezzi. La rabbia ed il dolore mi stavano annientando, uccidendo lentamente: la perdita di Gabriel mi stava facendo impazzire.

«Andate a cercarlo! Riportatelo subito da me!» Spinsi gli schiavi fuori dallo studio e chiusi sbattendo la porta. La presi a pugni di continuo, non riuscendo a sopportare la scoperta di quell'abbandono. Il sangue mi andò alla testa e sentii le vene esplodere.

Andai alla scrivania e mi buttai sulla poltrona tenendomi i capelli tra le mani: non stava succedendo davvero. Non poteva essere così. Entrarono gli schiavi senza neanche bussare. Li fulminai guardandoli rientrare dopo che li avevo sbattuti fuori.

«Non sappiamo da dove iniziare, come facciamo a trovarlo?» Uno di loro si avvicinò alla scrivania.
Spalancai gli occhi non riuscendo a controllare l'ira dentro di me. Mi alzai lentamente e andai davanti a lui. Lo scrutai bene.

«Mi stai chiedendo come trovarlo?!» Lo fissai davvero incredulo. Abbassai lo sguardo verso il coltello taglia carta in argento. Lo presi e lo strinsi nella mano, sentendo il sangue scorrere per le dita. «Questo mi fa intuire che non sarai per niente di aiuto», gli conficcai la punta dritta nel cuore e lo guardai cadere a terra. Mi abbassai e pulii il sangue con la sua maglietta.

«Derrien, calmati», Nefir si intromise e avanzò verso di me. Appoggiò la mano sulla mia spalla e mi voltai lentamente a guardarla.

Da quando non mi portavano più rispetto?

«Gabriel se n'è andato, non possiamo farci niente, devi fartene una ragione. Anche se dovessimo trovarlo non sarebbe facile portarlo qui»

Rimasi in silenzio. Lo fissai intensamente e di colpo gli penetrai il corpo con la mano.
«Come osi parlarmi così?» Strinsi il suo viscido cuore e lo tirai fuori lentamente. Ingoiò con gli occhi spalancati, si aggrappò a me e lo guardai morire davanti ai miei occhi. Non ebbi bisogno del quarzo rosa, finalmente il mio potere aumentò.

Non si era mai vista una cosa del genere, e un potere così grande lo aveva posseduto solo uno: mio padre. Un puro sangue dalla nascita, proprio quello che ero io. Quel dolore, quella rabbia, aveva acceso qualcosa in me. Vidi gli schiavi paralizzati, in silenzio con lo sguardo verso il loro compagno a terra.

«Che questo servi di lezione a tutti voi», leccai il sangue che mi colava sul polso e li guardai tutti, scrutandoli uno per uno. Mi fermai su Miris: il fratello di Nefir. «Ora puoi capire cosa si prova a perdere qualcuno di davvero importante», mi voltai e andai a sedermi sulla poltrona.

«Andate a cercare Gabriel», mossi la mano cacciandoli e diedi per l'ennesima volta l'ordine. Guardai Miris e vidi che rimase con lo sguardo su suo fratello: lo scrutai attentamente. Ciò che lessi nei suoi occhi fu esattamente l'emozione che sarebbe scaturita in me: vendetta. Non l'avrebbe mai fatto, non si sarebbe mai messo contro di me, ma in quel momento il suo cuore glielo stava urlando. Supplicandolo. Solo per poter placare il dolore che bruciava la sua anima, ma ancora non poteva rendersi conto che quel dolore sarebbe stata la sua più grande forza.

Lo sapevo, ero diventato invincibile proprio grazie al dolore, e all'agonia.

◆◆◆

Calò il giorno e la notte diede il buongiorno. Di Gabriel non ebbi nessuna novità. Raphael dopo essere corso da me, chiedendomi aiuto e supplicandomi di riportare Gabriel al castello, se ne andò. Lo feci seguire, per il timore che potesse fare qualche stupidaggine, ma non uscì dalla sua camera.

Avevo sempre odiato il loro rapporto così speciale. Vivevano l'uno per l'altro. Tanto che Gabriel per proteggerlo avrebbe dato anche la sua stessa vita. Detestavo profondamente che al suo posto non ci fossi io, perché per me era esattamente la stessa cosa: per Gabriel avrei fatto di tutto.

Era l'unica persona, dopo il mio defunto padre, di cui mi importava veramente: a cui tenevo. E lo avevo perso... esattamente come mio padre.

La cosa brutta era che quel dolore, quella pugnalata al petto, presto si sarebbe trasformata in odio. Mi aveva tradito, Gabriel era passato al nemico: non potevo accettarlo.

Non volevo farlo.

Andai nel mio studio: gli affari si stavano facendo tanti e non potevo evitarli. Sentii bussare alla porta.

«Derrien», Crilin entrò.

Era uno degli schiavi migliori al mio servizio. Quello a cui affidavo i compiti più importanti. Era uno dei più longevo degli schiavi: aveva i capelli bianchi arruffati, gli occhi neri grandi marcati da delle cicatrici profonde, un corpo gracile e gambe lunghe. Era senza un dito della mano sinistra e fui io a tagliarlo: una punizione per aver toccato senza permesso, i miei oggetti nello studio.

«Novità?»

«No, nessuna. Raphael, non si è ancora mosso dalla sua stanza»
«Gli altri?»
«Sono nella sala divertimento», si avvicinò alla scrivania e si mise davanti a me, «credo che abbiano preso tutti la notizia nei peggiori dei modi: sono tutti irriconoscibili»
«Ricorderanno il suo gesto come uno dei peggiori tradimenti e quello cambierà ogni cosa. Ora non stanno ancora realizzando con lucidità», mi accesi una sigaretta. Annuì e mi fissò in attesa di un ordine. «Prendi cinque o sei schiavi, i migliori, e vai a cercare Gabriel: devi riportalo qui, a qualsiasi costo»

«Subito», fece un cenno d'assenso e se ne andò.

Sospirai e presi i documenti dal cassetto. Cercai di sistemare i problemi dell'ultimo affare, ma quella questione in sospeso mi distraeva troppo. Dovevo risolverla il prima possibile e se Gabriel non fosse tornato, avrei dovuto vederlo come un nemico. Anche se sperai di non dover arrivare a quello. Al momento volevo solo una sua spiegazione.

Era impossibile che lo schiavo più spietato, insensibile e temuto, passasse dalla parte del nemico. Non era credibile. Innaturale. Era nato nel male, di colpo non poteva scegliere il bene, non da un giorno all'altro. Non quando si ha l'anima nera, oscura, marcia.

Andai fuori dal castello e guardai Crilin: era insieme a sei schiavi e organizzò la prima meta. Si innalzarono su nel cielo, accompagnati da centinaia di corvi, e cantando l'inno dell'inferno.

La caccia iniziò, e Gabriel, era la preda.

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*nota autrice*
Domani pubblicherò un nuovo capitolo ❤️‍🔥

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