Capitolo 9

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Leanna

"Ti troverò!"

Mi svegliai di colpo e come ogni mattina mi ritrovai nella mia camera; quindi, cercai di calmarmi e rimettere insieme i pezzi del puzzle, capendo di aver fatto il solito incubo.

Era passata una settimana dall'ultimo incontro con Gabriel: non lo avevo più visto, era sparito un'altra volta. Continuavo a incrociare suo fratello a scuola, e tante volte avrei voluto avere il coraggio di chiedergli dove fosse Gabriel, ma il mio orgoglio me lo impediva, e non avrei mai potuto chiederlo ad Abby perché non ero ancora pronta a dargliela vinta: non volevo ammettere che mi piaceva.

La giornata era stupenda: un sabato caldo con un cielo limpido e azzurro che sembrava un oceano. La sera prima ero riuscita a convincere mia madre a farmi saltare la scuola, così da potermi dedicare delle ore solo per me, riposandomi. Rimasi qualche secondo fuori nella terrazza di camera mia, poi decisi di entrare a prepararmi.

Misi un pantaloncino in jeans e una maglietta larga nera, indossai là felpe col cappuccio e le Converse bianche; pettinai i capelli lasciandoli sciolti e uscii di casa. Sarei andata al parco a rilassarmi leggendo un libro, così da dimenticare, almeno per qualche ora, qualsiasi pensiero.

Salii sull'autobus notando che era vuoto: erano sedute solo due persone oltre a me. In quel momento il silenzio non era d'aiuto, mi avrebbe fatto pensare troppo, così presi l'iPhone dalla tasca dei jeans e misi la musica. Chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare dalle note di Sam Hunt: uno dei miei cantanti preferiti.

Arrivai al parco, e notai che era pieno di persone: genitori con bambini piccoli che giocavano sull'altalena, ragazzini che giocavano a calcio, ragazzine che facevano il tifo o che semplicemente parlavano tra di loro.

Camminai nel prato guardandomi in giro, fino ad arrivare vicino ad un albero alto e pieno di foglie, mi misi a sedere appoggiando la schiena al tronco e mi tolsi le scarpe rimanendo solo con le calze. Rimasi a guardare un po' tutte le persone presenti, pensando a quando ero piccola e a come tutto fosse cambiato diventando grande. Non c'era più la mamma che mi portava al parco a prendere il gelato o il papà che mi prendeva sulle sue forti spalle, ormai ero indipendente e tutto quello mi mancava.

L'essere bambina era qualcosa di unico e bellissimo; non importava se ti sporcassi giocando nel prato, e non importava se fossi sola, perché si trovava sempre qualche bambina con cui fare amicizia; era tutto così semplice e facile.

Rimasi così tanto intrappolata dai miei pensieri, che non mi accorsi di essere rimasta imbambolata su un ragazzo davanti a me, che per fortuna non mi stava guardando; abbassai la testa imbarazzata e tirai fuori il libro dalla borsa di Louis Vuitton, regalata da mio padre lo scorso Natale.

Il libro de I Promessi Sposi, era stato un regalo di mia nonna, o meglio dire, lo aveva regalato a mia madre prima che se ne andasse in Italia lontana da noi. Mi mancava, così tanto da non sopportare ciò che avesse fatto.

Mi aveva abbandonata, avevo bisogno di lei, di un suo abbraccio, una sua carezza e di un suo consiglio.

Ma tutto ciò che era riuscita a lasciarmi era la rabbia, e sapevo che prima o poi mi sarebbe passata, ma sicuramente non sarebbe stato quello il momento.

I miei nonni si erano conosciuti in Italia, mi avevano sempre raccontato la loro storia, e ogni volta che accadeva rimanevo affascinata dalla loro avventura. Mio nonno, all'età di vent'anni, partì dalla Louisiana per andare in Italia, precisamente a Milano; andò per lavorare, e solo dopo qualche settimana incontrò mia nonna. La vide per la prima volta seduta sui gradini del Duomo di Milano: una chiesa dedicata a Santa Maria Nascente, e uno dei simboli d'Italia.

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