Capitolo 10 (parte due)

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Leanna

Spalancai gli occhi, pensando di aver sentito male. L'osservai imbarazzata, sentendo la mia testa impazzire colma di confusione, totalmente stordita da quella confessione.

Il mio amato, il mio Renzo, il mio vento... il mio angelo mi amava! Non volevo più aspettare, lo volevo, desideravo essere intrappolata per l'eternità da quella sensazione così bella da farmi paura.

Mi avvicinai e lui fece lo stesso, misi le mani dietro al collo e mi aggrappai a lui, lasciandomi andare. Mi avvolse tra le sue braccia e all'improvviso mi baciò, fiondandosi sulla mia bocca con impazienza.

Le sue labbra erano morbide, sentivo il loro calore e la passione con la quale mi stavano assaporando.

Aprii gli occhi trovando il suo viso vicino al mio, e rimasi ad ammirarlo, spostandomi contro voglia dalle sue labbra.

Avevo sempre cercato qualcosa di essenziale, di importante, qualcosa che mi avrebbe colmato l'anima, ma non pensavo che fosse proprio lui il puzzle mancante della mia vita. E ora che avevo provato quella magia, quel sentimento imparagonabile a qualsiasi cosa, non avrei permesso a nessuno di portarmelo via: lo avrei stretto forte senza farmelo scappare.

Gabriel mi fissò intensamente, come se mi avesse finalmente trovata dopo tanto tempo di attesa, anche se qualcosa lo stava distruggendo: i suoi occhi manifestavano una tristezza e una paura che non riuscivo a spiegarmi.

«C'è qualcosa che ti turba... lo vedo, Gabriel», gli accarezzai dolcemente la guancia, «che succede? Dimmelo, ti prego». Cercai di non pensare a qualcosa di negativo, anche se dentro sentivo nascere una strana angoscia.

«Lea, tutto questo è bellissimo... in tutta la mia esistenza non ho mai provato niente del genere: non ho mai amato, e le emozioni non sapevo neanche cosa fossero. Ma quello che è accaduto oggi non sarebbe dovuto succedere, e il mio sentimento per te non sarebbe mai dovuto nascere», alzò la testa verso il cielo e lo guardò come se stesse aspettando qualcuno.

Seguii il suo sguardo e notai che non c'era niente di diverso: il cielo era lo stesso. Gabriel era diverso, il suo comportamento, le sue parole... quelle proprio non me le aspettavo, non dopo quel bacio e non dopo avermi dichiarato i suoi sentimenti.

Perché non poteva amarmi? Perché non doveva accadere?

Perché?!

«Gabriel... oh, mio, Dio! Cosa...», mi paralizzai, «cosa sta succedendo?!» Iniziai a tremare sentendo le mani bagnate di sudore; spalancai gli occhi osservando il cielo: il terrore negli occhi di Gabriel ora era nei miei. «Il cielo...», mi mancò il respiro e Gabriel mi tirò a sé stringendomi forte.

Si guardò attorno preoccupato, in cerca di qualcuno e non riuscivo a capire cosa stesse facendo. Di colpo iniziai a sentire dei mancamenti, tutto girò velocemente come se fossi preda di una sbronza del sabato sera.

Percepì una sensazione bruttissima e la paura mi divorò.

Cercai di divincolarmi dalla sua presa per guardare il cielo, ma non me lo permise, e riuscii solo a intravedere qualcosa. Alzai gli occhi al cielo notando quell'oscurità che l'aveva avvolto, tanto da sembrare la fine del mondo.

Tutto era diventato nero, e i fulmini tuonavano con ferocia, e il parco si circondò di corvi emettendo un verso stridulo, penetrante, tanto da entrarmi dentro le ossa. Le foglie caddero violentemente dagli alberi e l'erba sotto i miei piedi divenne fredda e grigia, come se stesse bruciando.

Tremai terrorizzata e mi aggrappai alla maglietta di Gabriel guardandolo: era allarmato, ma non per lui, bensì per me.

Cosa stava succedendo?!

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