Mi rigirai nel letto, col solo rumore del frinire dei grilli che abbracciava quell'interminabile notte. C'era qualcosa di spaventoso nel buio infinito dentro i miei occhi, come fossi bloccata in un limbo da cui non si potesse fuggire. Sentivo ancora il rumore della daga che aveva infilzato il maestro, che si conficcava nel suo cranio, e lo sconcerto nella voce del Primo Cavaliere. Sconcerto che nascondeva la paura di non potermi controllare. Persino da cieca ero in grado di combinare guai, sorrisi nell'oscurità.
Mi resi conto che il giorno era giunto quando la domestica bussò alla porta dei miei appartamenti. "Principessa, il sole è sorto e vostro padre vuole vedervi" annunciò infatti, entrando veloce ma leggiadra nella camera da letto. Quando percepii il suo fiato a qualche centimetro dalla mia pelle, nel tentativo di tirare via le lenzuola, mi irrigidii. "So ancora come si sguscia fuori dal letto" risposi, seccata di essere trattata come fossi malata. Ero in perfetta forma, eppure qualcosa mi suggeriva che c'entrasse mia madre con quelle premure del tutto inutili. "Le mie scuse Principessa..volete che vi prepari un bagno?"
"Si, un bagno sarebbe gradito"
Feci scegliere l'abito alla cameriera che si occupava di vestirmi e pettinarmi. Dal momento che non potevo vedere, confidavo quantomeno di essere presentabile. Poi, una volta pronta, sgattaiolai dalle mie camere e con udito affinato, mi avviai in cortile, dove Daemon mi stava aspettando. Non avevo la minima idea del perché mio padre mi avesse convocata tramite una domestica: solitamente si presentava alla mia porta, sorridente e con Sorella Oscura nel fodero, per portarmi a caccia. Quella mattina fu diverso, c'era un presentimento opprimente che mi suggeriva ci fosse ben altro dietro quella richiesta.
Fermai i miei passi quando gli stivali sfiorarono i fili d'erba, che contornavano il fangoso cortile. Mi accolsero respiri affannati, un vociare di media intensità, e clangori di spade.
"Quattro passi, Principessa?" Daemon era lì, da qualche parte, lontano eppure vicino mentre probabilmente il solito sorriso provocatorio gli piegava le labbra. "Padre," replicai. Poi la sua mano afferrò la mia, la strinse forte e ne baciò il dorso. "Hai voglia di parlare con me?"
E come potevo negarglielo? Dopo tutto quel tempo lontana da casa, lontana dalla famiglia, e persino quando ero tornata, non avevamo scambiato che poche parole. Acconsentii con un cenno, e così cominciammo a camminare, mentre la mia mano era ancora incastrata nella sua. "Perché Braavos?" domandò schietto, e con i miei passi, anche i battiti del mio cuore cominciarono ad affondare. "Per imparare a combattere-" incalzai, ma Daemon mi tolse la possibilità di ingannarlo. "Avresti potuto imparare dappertutto, Saera. Sei una ragazza in gamba. Quindi non lo ripeterò un'altra volta, perché sei andata a Braavos?"
Mi fermai, mentre il vento ci sferzava il volto con la delicatezza di una carezza. Non ero mai stata brava a mentire, men che meno a mio padre, e benché non potessi vederlo, percepii il peso dei segreti che ci dividevano. E capii che non potevo continuare a tenerlo all'oscuro di ciò che ero. "Per diventare una donna senza volto" gli dissi senza mezzi termini. Lo sentii irrigidirsi per qualche attimo, prima di riprendere a reggermi la mano con morbidezza. "E' questo il motivo per cui sei cieca?"
Annuii brevemente.
"Quando potrai tornare a vedere?" chiese, con l'apprensione che solo un padre può avere. "Quando supererò la mia prova."
❝🐉⚔️❞
Si susseguirono giorni intensi, di alti e bassi. Giorni in cui mi sembrava che la cecità mi avesse privato di ogni gioia, giorni in cui - invece - abbracciavo quella mancanza per trasformarla nella mia forza. E durante il susseguirsi del sole e della luna, Aemond era lì accanto a me. Nessuno lo aveva minacciato di farlo, nessuno lo aveva costretto con una daga alla gola. Eppure, ad ogni passo lui era lì. Crebbe, in quel periodo, anche il desiderio di poter tornare a solcare i cieli insieme a Vermithor. Ma mia madre era assolutamente contraria all'idea. "E' pericoloso," aveva ordinato, zittendomi. Per cui, nel tentativo di scoprire come fare per riottenere la vista, io e il Guercio ci avvicinammo.
"Ho sentito dire che hai piantato una daga in testa al Maestro delle Leggi," così Aemond intavolò la conversazione, mentre ce ne stavamo distesi sotto l'ombra dell'albero cuore. Poggiai la testa sulle sue gambe, e schiusi gli occhi, nel tentativo di scorgere anche il minimo delle ombre. Nonostante sentissi quel raggio di sole lambirmi il viso, questo dovette rimbalzare come una molla sulle mie pupille. "E' così" mormorai. Nel frattempo lo sentii mentre infilava le dita tra i miei capelli, sradicando nodi inesistenti e arricciando le ciocche. "E' davvero così importante che tua madre salga sul Trono di Spade?" ma nel suo tono di voce non scorsi nient'altro che curiosità. Non parlavamo mai di quelle cose, di fazioni, di lealtà, di eredità, perché sapevamo che avrebbe potuto distruggere la bolla in cui ci rifugiavamo.
"Tu ami tua madre?" gli domandai a bruciapelo. Senza smettere di carezzarmi i capelli, Aemond mi rispose con un veloce "Completamente."
"Allora capirai che per lei farei qualsiasi cosa, anche sacrificare me stessa per vederla sul Trono che le spetta per diritto di nascita. Anche se non dovessi recuperare la vista, saperla lì sopra non renderebbe inutile tutti i miei sforzi."
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𝐕𝐀𝐋𝐀𝐑 𝐌𝐎𝐑𝐆𝐇𝐔𝐋𝐈𝐒 [𝐀𝐞𝐦𝐨𝐧𝐝 𝐓𝐚𝐫𝐠𝐚𝐫𝐲𝐞𝐧]
FanfictionSaera Targaryen, prima figlia di Rhaenyra e Daemon, è una fanciulla appassionata di libri antichi che ama viaggiare e imparare nuove culture. E' la più giovane a reclamare Vermithor, dopo che il suo ultimo cavalcatore, il Re Jaehaerys, è deceduto. T...