𝟭𝟵. 𝗟𝗼𝘃𝗲 𝗮𝗻𝗱 𝗱𝗲𝘃𝗼𝘁𝗶𝗼𝗻

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 Ritirarmi il prima possibile fu imperativo

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Ritirarmi il prima possibile fu imperativo. Ero pronta ad altre mosse e sapevo che non avrebbe agito alla luce e sconsideratamente. A meno che non fosse stato sicuro di vincere. Mi scostai la coppa di vino dal naso e, a tentoni, cercai di riposizionarla sulla tavola, ma la voce del Primo Cavaliere risuonò forte come un tamburo. "Principessa Saera, un brindisi!" e un brivido mi percorse lungo la schiena. La paura uccide più della spada. Non potevo permettere ad Otto di vedermi vulnerabile, anche se – con aspra ironia, ricordai a me stessa – nemmeno io potevo farlo. "Mi perdonerete Ser, ma questa sera temo di aver esagerato con il cibo..-" il tranquillo chiacchiericcio si spense, attirando l'attenzione dei presenti sullo scambio colloquiale ma piuttosto pungente tra me e Otto.

"Soltanto un assaggio, insisto"

Voleva giocare a carte scoperte? Bene, lo avrei fatto anch'io.

Recuperai il vino e, con un sorriso dispettoso, lo gettai a terra. "Temo non sia possibile, Ser. Ancora una volta ho avuto la conferma del fatto che questo presunto mandante abbia timore di me. Vedete, mie signori, benché io sia stata privata della mia vista, dispongo ancora dell'olfatto, dell'udito, del tatto e del gusto. Questo vino.." e mi fermai, incrociando le dita sul grembo "..è avvelenato."

Un brusio si sollevò, crebbe come la melodia che stava continuando ad echeggiare per le mura della sala, e la voce di mio padre, probabilmente interrompendo quella fievole del re che avrebbe voluto intervenire, dichiarò le seguenti parole. "Le porte della città sono state riaperte, questo era inevitabile. Ma sono certo che il colpevole si inneggi tra di noi, burlandosi della nostra frustrazione."

"Ed ora, hanno attentato per l'ennesima volta alla vita di mia figlia. Non è accettabile!" proseguì Rhaenyra, infilandosi nel discorso. "Se permetti, padre.." la voce di mia madre si ammorbidì "Lasciatemi agire di conseguenza,"

❝🐉⚔️❞ 

Alla porta, Ser Harrold avanzò boccheggiando "Principessa, voi..-" La presenza del Guercio, al mio fianco, dovette sconvolgerlo e non poco. "Aemond è stato tanto gentile da accompagnarmi, Ser." lo rasserenai, benché non potessi vederne l'espressione. "Gradite un rinfresco, zio?" Al suo acconsentire, Ser Harrold mi promise che dalla mia porta non sarebbe entrato od uscito nessuno.

"Preferisci un boccale di birra? O magari dell'acqua?" Cominciai a muovermi per la stanza con sicurezza, avendone imparato ogni sfaccettatura a differenza del resto del castello, per accendere le candele. "Dell'acqua andrà benissimo," mi rispose. Poi, forse mosso dalla mia difficoltà, mi raggiunse con poche falcate, e le sue dita si avvolsero brevemente attorno alle mie per sfilarmi via le candele. "Faccio io"

Mi affrettai a recuperargli dell'acqua, e quando fummo seduti, non riuscendo a sopportare il silenzio, intavolai una conversazione non del tutto necessaria. "Cosa ne pensi di ciò che è accaduto stasera?" Davanti a quel quesito, Aemond non ebbe alcun ripensamento. "Stanno cercando di ucciderti perché conoscono la tua forza. Sanno cosa hai dovuto affrontare per poter tornare a casa, e vogliono eliminarti prima che tu elimini loro." Una dichiarazione corretta, la sua. Anche se cominciavo a dubitare delle mie capacità, ora che mi trovavo immersa nel buio. Il mio maestro mi avrebbe sicuramente rimproverata se mai avessi provato ad esporre le mie insicurezze alla sua attenzione.

"E non si fermeranno, finché non desisterò, o scapperò." mormorai. A quel punto persino stare seduta divenne insopportabile. Mi alzai in piedi, forse dandogli le spalle. Non seppi dirlo con certezza. "Ma tu non lo farai. Non puoi" più che impedirmelo, parve supplicarmi di non prendere nemmeno in considerazione l'ipotesi. Come se non mi conoscesse affatto. Dopodiché, lo udii mettersi in piedi proprio come avevo fatto io, e nel cercare la sua figura nel mio immenso buio, la mia schiena cozzò contro il suo petto. "Avevi diciassette anni.." sussurrò, avvolgendo improvvisamente le sue braccia attorno al mio busto. Intavolò una nuova conversazione, che mai avrei immaginato di udire, una conversazione che si lanciò a capofitto nel passato. "Più bella che mai, curiosa, coraggiosa, provocatoria..Tutti ti chiamavano Canaglia, come tuo padre" e il suo respiro si infranse sul mio collo, facendomi rabbrividire come fossi in pieno inverno. Sentivo la sua voce tremula come le fiamme delle candele, ma non c'era niente che la vista avrebbe mai potuto eguagliare come le emozioni che provai quando si confessò.

"Ero sicuro di aver raccolto abbastanza coraggio per farmi avanti..ero un uomo ormai. Orgoglioso e testardo, avrei impedito di farti partire senza prima averti detto quelle parole. Ma quando stavo per farlo, tu eri già andata via, in sella alla maestosa furia di bronzo. Sei svanita oltre la Baia delle Acque Nere e non ti ho più vista fare ritorno." le sua mani risalirono lungo il corpetto, spezzandomi il respiro. Si fermarono a coppa sul mio seno. "Mi sono chiesto quando lo avresti fatto: per un anno intero, mi sono affacciato alla finestra nella speranza di scorgerti tra quei cieli, in attesa. Fervida attesa. E quando la consapevolezza mi ha colpito in pieno, ho smesso di farlo."

"E poi sono tornata" bisbigliai. Non ero certa di possedere più un briciolo di lucidità a quel punto. "E poi sei tornata," dichiarò, facendomi eco. Fu in quel momento che non potei più ignorarlo. Quel cuore che batteva sotto la carne. Quel calore che mi appesantiva le viscere ogni volta che lui mi era vicino. "Perché non me lo hai detto quando sono tornata? Perché attendere oltre?" mi districai dalle sue braccia e cercai di fronteggiarlo, per quanto possibile. Mi afferrò le mani e se le poggiò sulle spalle. "Eri diversa. Non sembravi più tu..come se qualcuno avesse indossato il tuo corpo, spacciandosi per la Saera che mi aveva fatto innamorare."

"Non potrebbe essere più vero di così" strinsi le dita sul tessuto della sua giacca, ingoiando ciò che ero diventata. "Ma poi ho capito che non mi importa. Tu sei qui, questo è ciò che conta davvero"

Le mie mani scivolarono lungo la sua giacca, soffermandosi sui suoi bottoni ruvidi, mentre il suo petto si alzava e abbassava freneticamente. "Ti proibisco di lasciare le mie stanze stanotte" un bottone alla volta sgusciò dall'asola, e man mano che la fiamma cresceva dentro il mio petto, anche le sue mani divennero sempre più impazienti. "Allora mi concederai di baciarti, spero, perché non ho più autocontrollo alcuno a frenarmi"

E successe. Non come nei racconti della mia balìa, o delle septe che ci avevano educati da bambini. Con passione e nessuna traccia di dolcezza, le labbra sottili di Aemond si avventarono sulle mie. Affamate. Assetate. I nostri vestiti, in seguito, fecero una brutta fine cadendo ai nostri piedi. E quando il freddo colpì la mia pelle, capii che non c'era più niente a dividermi da lui.

𝐕𝐀𝐋𝐀𝐑 𝐌𝐎𝐑𝐆𝐇𝐔𝐋𝐈𝐒 [𝐀𝐞𝐦𝐨𝐧𝐝 𝐓𝐚𝐫𝐠𝐚𝐫𝐲𝐞𝐧]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora