𝟭𝟭. 𝗚𝗵𝗼𝘀𝘁 𝗼𝗳 𝘁𝗵𝗲 𝗳𝗼𝗿𝘁𝗿𝗲𝘀𝘀

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 Trigger warning/linguaggio scurrile!

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Trigger warning/linguaggio scurrile!

La cena si concluse quando il re cominciò a tossire incessantemente. Alicent scattò in piedi, e afferrò il braccio di sua grazia con delicatezza, come a volerlo scortare personalmente. L'unica cosa di cui davvero potevo ringraziarla, era la sua devozione nei confronti di Viserys. Ma al di fuori di ciò, rimaneva la donna che aveva spaccato in due la nostra famiglia.

"Domattina ti aspetto in cortile," dichiarò Aemond, facendo per andare via. Tuttavia la mia mano, istintivamente, si chiuse attorno al suo polso impedendogli di lasciare la stanza. "Perché mai?" sibilai in risposta, ignorando ancora una volta le occhiate confuse e sbalordite dei miei fratelli e dei miei genitori, che non si erano ancora ritirati. Le mie sorellastre, d'altra parte, si erano già dileguate. "Così puoi mostrarmi i tuoi miglioramenti nel combattimento, a meno che tu non abbia mentito" mi rispose, voltandosi brevemente per increspare un sorriso malizioso. Lasciai il suo polso, e con una smorfia, lo superai. "A domani!" mi salutò, ma io mi ero già defilata, abbastanza lontana da sentire pressocché poco della sua voce.

Giunta tra le mura delle mie stanze, e chiuse le porte – al cui esterno vi era di guardia Ser Harrold – ricominciai a respirare. Una parte di me, chissà quanto insignificante, era tornata a tormentarmi: continuava ripetermi che l'unico motivo per cui ero ritornata in capitale non avesse alcun collegamento con il Principe Guercio, il quale – tuttavia – in quel periodo, si era dimostrato il contrario di come era stato dipinto da tutti. Ancora crudele e sprezzante, senza ombra di dubbio, ma maturo per la sua età. Quella piccola parte mi spronava senza troppe cerimonie, ad ergere un muro tra di noi, prima che fosse troppo tardi. Non mi diedi pace nemmeno tra le lenzuola del letto, mentre i grilli frinivano al di fuori della finestra e la luna illuminava placida la notte.

Chiusi gli occhi e cercai di rilassarmi, ma proprio quando stavo per cadere in dormiveglia, un rumore secco e breve mi fece raggelare il sangue. D'impulso gettai la mia mano sotto al cuscino, dove giaceva una piccola daga di acciaio di Valyria, che mi aveva regalato Daemon prima di partire. A Braavos, tuttavia, avevo dovuto metterla da parte. "Quando diventi nessuno non possiedi niente" mi aveva ricordato il maestro. Le mie dita si avvolsero attorno alla fredda impugnatura. Attesi nel buio della notte, all'erta, che l'intruso di palesasse, ma invece di ciò alle mie orecchie giunse un ulteriore rumore. Più forte, come una porta che sbatteva.

Scattai in piedi, a quel punto. Avvolta nella mia misera vestaglia, e con la daga stretta in una mano, mi aggirai silenziosamente per la stanza. Gli appartamenti erano grandi, per cui poteva essere stato chiunque a produrre quel rumore. Regolarizzai il mio respiro, e lanciai uno sguardo oltre la tenda che separava la camera da letto dalle circostanti stanze: nemmeno un'ombra. Chi mai poteva avere interesse nell'intrufolarsi a quell'ora nei miei appartamenti?

Avanzai coraggiosamente, superando la balconata e il divanetto nel soggiorno, alla ricerca di qualsiasi cosa. Ma nonostante avessi imparato a vivere nel buio, lì non c'era nessuno. Indietreggiai, convincendo me stessa che fosse stato soltanto un caso, o che avessi esagerato col vino. Peccato che la mia schiena cozzò contro un petto duro come il marmo. Mi paralizzai all'istante, nonostante il mio cervello stesse già macchinando per tirarmi fuori da quel problema. E fu proprio a causa di quella mia debolezza, del tutto inaspettata, che una mano mi tappò la bocca e un braccio si avvolse attorno al mio corpo, facendo cadere la mia daga a terra con un fastidioso clangore. Mi dimenai immediatamente, ma una voce seccata borbottò "Fa silenzio ragazza!"

Scalciai, cercai di divincolarmi con tutte le mie forze, ma quell'uomo sconosciuto era indubbiamente forte. Prendendomi di peso, mi caricò sulle spalle come un sacco di patate. "Se provi ad emettere anche solo un misero rantolo, ti sgozzo come un maiale. Mi hai capito?" Il cuore slittò in gola, impazzì, quando mi resi conto di dove mi stava portando. Stavamo tornando nella mia camera, dove il letto ancora sfatto reclamava un corpo caldo. L'uomo mi scaricò poi su di esso e, alla luce della luna, potei scorgerne finalmente i tratti. Non lo avevo mai visto: aveva una barba lunga, intrecciata i tre sezioni. Tipica delle città libere. Occhi piccoli e scuri, labbra sottili e secche. Privo di capelli ed uno sguardo sinistro. "Chi ti manda?" avanzai mentre a tentoni, cercavo qualsiasi altro oggetto da poter utilizzare come arma. "Che cosa ti avevo detto, ragazza?" replicò in risposta. E le sue grandi mani mi afferrarono per le caviglie, trascinandomi verso di lui con forza. "Non mi sono mai scopato una Targaryen," sibilò divertito, bloccandomi contro il letto. "No!" mi dimenai come una forsennata, alla disperata ricerca della salvezza. "Mi sono sempre piaciute le dame d'argento" continuò, facendo per raggiungere la mia vestaglia da notte. Fu in quel momento che, in frazioni di secondi, colsi l'unica opportunità che il Dio dai Mille Volti mi concesse. L'uomo aveva una daga allacciata in cintura: allungai la mano e l'afferrai, la strinsi forte e – mentre lui raggiungeva la mia pelle con le dita, io gli recisi la gola con un gesto sfuggente.

Sangue ferroso e scarlatto, cadde copiosamente sul mio corpo e sulla mia veste bianca, imbrattandomi mentre l'uomo agonizzante emetteva rantoli di sorpresa, seguiti da annaspi disperati. Prima che mi cadesse addosso, rotolai dall'altro lato del letto, e rimasi a terra. Stesa, con il cuore che mi martellava nelle orecchie.

𝐕𝐀𝐋𝐀𝐑 𝐌𝐎𝐑𝐆𝐇𝐔𝐋𝐈𝐒 [𝐀𝐞𝐦𝐨𝐧𝐝 𝐓𝐚𝐫𝐠𝐚𝐫𝐲𝐞𝐧]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora