𝟭𝟯. 𝗔 𝗺𝗶𝘀𝘀𝗶𝗼𝗻

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 C'era un sole spaccapietre e i nuvoloni erano stati stracciati da raggi splendenti

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C'era un sole spaccapietre e i nuvoloni erano stati stracciati da raggi splendenti. Profumo di fiori proveniva dal giardino, tranquillo e per nulla trafficato. Mi ero appena affacciata alla vista del mare, quando una figura più alta si piazzò accanto a me. "Dovreste essere nelle vostre stanze a  riposare, Principessa. Non deve essere stato facile,"

 Otto Hightower era solito indossare la maschera della comprensione, al cui dietro celava nient'altro che doppi fini e ingordigia di caos. E lo fece anche quel mattino, fingendo preoccupazione benché consapevole di essere egli stesso l'artefice di quelle aggressioni. Mi presi qualche minuto, per reprimere il disgusto sul mio volto, e quando fui certa del fatto che non gli avrei vomitato addosso le peggiori delle sentenze, replicai "State giocando bene, Primo cavaliere. Ma non abbastanza"

"Principessa?" replicò, dipingendosi il volto di confusione. Quegli occhi, tuttavia, suggerivano ben altro che smarrimento. "A cosa vi è servito il sacrificio di Ser Criston Cole?" avanzai indagatoria. "Credevate forse che l'uomo delle città libere potesse confondere la mia pista di indagini? Ho vissuto tra quegli uomini per tre anni della mia vita, plasmata dalla loro cultura, e so bene che per dei dragoni si venderebbero senza pensarci due volte. Io vivo, e lo farò per molto tempo."

Otto, in risposta, rimase composto e rigido. Era venuto a cercarmi in prima persona, di sicuro quella era l'ultima conversazione che pensava avremmo affrontato. Per cui, qual era il motivo di tale coinvolgimento?

"Con tutto il mio rispetto, credo abbiate smarrito il senno, Principessa. Io non so di che cosa state parlando." si giustificò. Colpito dalla luce diurna, potei scorgere difetti che di norma erano difficili da vedere. Fissai uno dei tanti disseminati solchi cicatrizzati sul suo viso, alla ricerca di un punto debole. Ma capii che non erano quelli materiali. Li nascondeva bene.

"Ah no?" gli feci eco, incrociando le braccia dietro la schiena. "In tal caso vi basti sapere che ci vuole ben altro per intimidirmi."

❝🐉⚔️❞

Il piano di Otto aveva preso forma nella mia mente. Lui voleva a tutti i costi eliminare l'unica erede diretta di Rhaenyra, o meglio: eliminare l'unica erede diretta e legittima, così da indebolire la sua pretesa al trono di spade e installare suo nipote Aegon. Vi rimuginai sopra per ore. Era impellente il desiderio di trovarmi due passi dinanzi a lui, in quel malsano gioco di vita e di morte, ma per farlo dovevo calarmi nei panni di ciò che ero diventata e che mi ostinavo a nascondere.

Rimasi a bighellonare in quel vialetto fiorito, sperando di poter temporeggiare, di poter rimandare ancora per qualche tempo il mio rientro alla fortezza rossa. Al mio ritorno, la corte tutta avrebbe atteso il verdetto del Re nei riguardi di ciò che era accaduto nelle mie stanze la notte prima. Inevitabilmente, il profumo di rose mi giunse all'olfatto, pizzicandomi il naso con odori che non sentivo da tempo. Le spezie avevano accompagnato il mio percorso lontano da casa, con i loro gusti e profumi decisi, forti. Avevo dimenticato che fragranza avessero le rose. Sporsi le dita per afferrarne una, ma un'altra mano – più dura e callosa – la raccolse per me. "Splendide, non trovi? Eppure non comprendo come un fiore così delicato possa recare tanto dolore con le sue spine di contorno,"

Io conoscevo bene quella voce.

Come in un illusione uditiva, dovetti processare qualche secondo prima di rialzare lo sguardo e rendermi effettivamente conto di chi avevo di fronte. 

"Maestro?" sibilai incredula. Stessa chioma lunga di capelli, crespa e leggermente brizzolata. Stessi occhi di ghiaccio e labbra sottili. Egli increspò un sorriso e mi porse la rosa, noncurante che le spine lo avessero ferito. "Per quale motivo siete giunto da così lontano?" silenzioso come un gatto, c'era da aspettarsi che soltanto lui potesse ancora ingannarmi in quel modo. "Ti ho lasciata andare, ragazza, ma non eri ancora pronta." rispose. Mi rigirai il fiore tra le dita. "Spiegatevi meglio," incalzai impaziente. "Sei tornata a casa, ti sei riappropriata della tua vecchia vita, delle tue cose. Ma c'è ancora un'ultima lezione che devo impartirti. Una missione." Il maestro mi girò intorno, si posizionò dietro di me e mi coprì gli occhi con le mani. "Cos'è che vedi?" domandò, conscio del fatto che la mia risposta sarebbe stata schietta e ovvia. "Nulla,"

"E così sarà per i mesi a venire. Tornerai a vedere soltanto se supererai la mia prova..Ascolta la mia voce, ragazza. Le tue mani, le tue braccia e il tuo corpo, saranno i tuoi occhi." 

E quando tolse le mani, il panico mi pervase, perché mi resi conto.

Ero diventata cieca.


𝐕𝐀𝐋𝐀𝐑 𝐌𝐎𝐑𝐆𝐇𝐔𝐋𝐈𝐒 [𝐀𝐞𝐦𝐨𝐧𝐝 𝐓𝐚𝐫𝐠𝐚𝐫𝐲𝐞𝐧]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora