Extra

25 8 16
                                    

Serkan

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Serkan

3 Novembre 1999, Sicilia ➳ Palermo. Zona Centro.

Questo giorno sembra non finisca mai. Ormai non sopporto più niente, nemmeno di stare su questa Terra, ma morire sarebbe come perdere una partita a scacchi e io voglio giocare fino alla fine.

Si è fatto buio e ritornare nel mio Inferno mi fa incazzare perché non ho modo di fuggire. I Napolitano non scappano dai problemi, li affrontano, si fanno male e ne escono vincitori.

Ritorno a casa. Entro e mi chiudo la porta alle spalle. Non dico a nessuno che sono arrivato, la mia presenza si sente lo stesso perché sono un figlio di puttana che ama far casino appena rientra.

Vado nell'ufficio di mio padre. Spalanco le due porte con tutta la forza che ho e sbattono contro gli stipiti del muro. Il mio vecchio alza lo sguardo da qualsiasi cosa stia leggendo. Vecchio si fa per dire. Sto stronzo non invecchia mai, è sempre perfetto.

Infame ma perfetto.

«Serkan, la delicatezza non è mai stata il tuo forte.»

«Che ci vuoi fare. Sono dispettoso.»

«E io lo sono più di te.»

«Tra infami ci si intende.» affermo e vado a sedermi sulla sedia.

Tanto so già che mi farà la ramanzina del fatto che non sono andato a scuola. Anche se qualsiasi cosa mi dirà da un orecchio mi entrerà e dall'altro uscirà.

«Preparati perché ti stanno venendo a prendere.» mi avverte. Resto calmo, non mi innervosisco. L'unico modo per dargli fastidio è non avere nessuna reazione.

Se diventi una iena, con qualsiasi cosa abbia architettato, avrà soddisfazioni.

«Dove devo andare di bello?»

«In prigione. Vediamo se cambi.»

«Di che cosa mi hai accusato? Della morte di Pietro? Sapendo quanto sei bastardo.»

«Lo faccio per il tuo bene.»

«Sì, come no. Te l'ha messo Nunzia sta cosa in testa? Mandi il tuo figlio preferito in un postaccio soltanto perché vuoi che cambi? È stata lei a chiedertelo? No? Questa non ci sopporta e ti spinge a odiarci!» alzo la voce. Mio padre chiude il libro e si alza.

Viene di fronte a me. Sta volta non mi alza le mani, resta a guardarmi, appoggiando il sedere sulla scrivania e incrocia le braccia al petto.

«Anche lei dice che il tuo carattere deve migliorare.» mi informa.

«Ti sta rigirando a suo piacimento. Tu non prendi ordini da nessuno! Non lo so che cosa ti sta succedendo, ma qualsiasi cosa sia fatti guardare! Un po' ci ami un po' ci odi, non è normale! Siamo figli tuoi e ci tratti come cani! Sono sangue tuo!» sbotto mettendomi in piedi e lo afferro dalla maglia nera di lana, gliela stringo tra le dita e ci guardiamo negli occhi, in queste iridi che abbiamo in comune, «papà fatti controllare perché non è possibile che ci odi così tanto... Non è possibile... Per te non contiamo nulla?» gli chiedo.

𝐓𝐡𝐞 𝐌𝐞𝐝𝐣𝐚𝐲𝐬 ➳ ᴍᴀғɪᴏsɪ ʀɪʙᴇʟʟɪ [Primo Volume]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora