Alfred (2)

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Questo capitolo contiene una scena dal forte impatto emotivo

Axel accostò la macchina davanti all'enorme porta vetro d'ingresso. Lo ringraziò del passaggio e aspettò che l'auto scomparisse dal suo campo visivo prima di salire i quattro gradini che la separavano dall'edificio.

Spostò il peso da una gamba all'altra, incapace di muovere un passo. Era davvero pronta? Assolutamente no. Sospirò, ricordandosi che stare lì ad aspettare per rimandare l'inevitabile era estremamente stupido. Entrò, chiese informazioni sulla camera in cui si trovava Alfred e salì al secondo piano, riservato ai pazienti oncologici. Non appena lesse il cartello del reparto, il cuore cominciò ad accelerare senza essere in grado di controllarlo.

Arrivata davanti alla camera 103, si bloccò per un istante. Poi appoggiò la mano sulla maniglia, anche se esitò nell'abbassarla. Prese un respiro profondo e l'aprì.

- Buongiorno principessa - sorrise Alfred con voce debole.

- Ciao -

Shyla avrebbe voluto salutarlo con maggior enfasi, ma il saluto le era morto in gola. Si era preparata alle condizioni in cui lo avrebbe trovato, eppure, non appena lo sguardo si adagiò sul letto, le si formò un groppo in gola.

Il capo abbandonato di Alfred sul cuscino, il viso pallido, smagrito e scavato, quando fino a qualche giorno prima era roseo con le rughe che arrotondavano ed intenerivano le guance e i lati della bocca. Se a questo si sommava la vista della flebo nel braccio e un complesso macchinario cui era collegata, la stabilità di Shyla ne risentì parecchio.

Cercò di farsi forza. Prese una sedia e la avvicinò al letto.

- Come ti senti? - chiese, e notò gli occhi semichiusi, opachi e spenti, a differenza di quelli cui era sempre stata abituata: vispi e brillanti. Un'ombra scura serpeggiava sinistra nelle iridi... l'ombra della morte.

- Domanda stupida - proseguì - credo certe domande debbano diventare tabù in certi casi -

Le parole che fluivano dalla bocca, il tono di voce concitato ed il battito cardiaco più veloce, erano solo un tentativo di riempire il senso crescente di disagio che la stava dominando.

- Shyla - la interruppe Alfred - rilassati -

Lei si zittì immediatamente, e ricambiò un timido sorriso di ringraziamento per aver fermato la sua parlantina inopportuna.

- Ascoltami, non devi far finta di stare bene. Apprezzo il tuo sforzo, ma so che questa situazione ti sta mettendo a dura prova, soprattutto dopo tutto quello che hai passato. Voglio che tu sappia che nonostante mi rimanga poco tempo, non sono spaventato o afflitto, credimi. Anzi, per la prima volta in vita mia sono davvero in pace -

Gli occhi di Shyla si fecero lucidi, e strinse forte i pugni sulle sue gambe per cercare di non crollare del tutto e scoppiare in un pianto disperato. Le lacrime pizzicavano gli angoli degli occhi e frenare il loro sgorgare era difficoltoso.

- Perché lo hai fatto? - chiese in un fil di voce.

- Io sarei finito comunque così - le rivelò.

- Poco prima che ci trasferissimo qui a Domino, i tuoi genitori hanno insistito per farmi fare una risonanza a seguito dei miei continui, seppur tollerabili e passeggeri, mal di testa. Non appena ritirai l'esito, pensai che avessero scambiato il mio referto con quello di un altro. Uno stupidissimo cancro, in una zona del cervello delicata e praticamente inoperabile -

Shyla avvertì lo stomaco chiudersi in una morsa. Perché i genitori non le avevano detto niente? Non aveva forse diritto di saperlo? A rifletterci meglio a mente fredda, ora che la questione Demon era finalmente chiusa, Alfred aveva fatto troppi "viaggi di lavoro" per i suoi gusti. Così come non le era quadrata molto l'ultima "influenza pesante". Ma lo capiva solo in quel momento. Alla fine si era così immersa nella sua vecchia vita, che aveva completamente dimenticato quella del presente. Senza contare che in qualsiasi tempo lei vivesse, qualcuno finiva per rimetterci la vita. Questo ormai era assodato.

La principessa d'EgittoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora