I - Inizio

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Quando le storie non bastano
vuol dire che all'angolo
c'è un cambiamento
che ti aspetta.

Eileen

Arriva un momento nella vita in cui tutto cambia.
Spesso accade all'improvviso, poche volte per scelta.
Io non avevo nemmeno idea ci potesse essere una via di fuga dalla realtà, o meglio, dalla realtà in cui avevo vissuto fino a quel momento, un'uscita di sicurezza.
Avevo vent'anni ed ero una lettrice accanita da dieci, ovvero dalla morte di mio padre, tra terapia e mia madre sempre presente non avevo bisogno di una valvola di sfogo, anzi di quelle ne avevo abbastanza, ma di un luogo in cui io potevo non essere io e la mia vita non essere la mia vita.
I libri sono sempre stati la soluzione e la risposta a tutto.
Ero anche una terribile romantica, forse crescere con un bellissimo esempio di amore ha aiutato ma la maggior parte so perfettamente essere stata farina del mio sacco.
Amavo le storie fantastiche soprattutto quelle con una bella storia d'amore e una buona dose di mistero.
Quando ami i libri però cedi alla consapevolezza che qualsiasi cosa ci sia tra quelle righe non ti apparterrà, quegli amori epici e struggenti non esistono.
Non esistono.
Giusto?

Nelle ultime settimane però nemmeno la lettura mi bastava, a volte le cose vanno in pezzi troppo di fretta e tutte insieme da non avere nemmeno il tempo per elaborarle e affrontarle.
Avevo un gruppo di amici, eravamo in cinque, tre ragazze e due ragazzi, tra cui la mia migliore amica Sam.
Io e Sam ci siamo conosciute alle elementari e gli altri tre li abbiamo conosciuti alle medie, da allora siamo stati un gruppo inseparabile poi Sam è scomparsa e ho avuto la dimostrazione che forse non eravamo davvero così uniti come pensavo.
E lei probabilmente non lo saprà mai.
Eravamo quindi rimasti in due, il suo ragazzo ed io.

<<Ti stai ancora grattando tesoro hai la guancia che ti sanguina.>> mia madre entrò in salotto bloccando il mio flusso di pensieri, aveva i capelli biondi legati in una coda bassa segno che aveva appena avuto un paziente, era come me, non riusciva a pensare con i capelli sciolti ma quella era l'unica cosa che avevamo in comune a parte qualche ciocca bionda generosamente donata e per il resto i miei capelli avevano un colore tutto loro, un marrone chiaro rossiccio, come se il mio DNA avesse giocato gettando colori su una tavolozza e mescolato a casaccio.
La donna che stava rovistando nella dispensa alla ricerca di una merendina faceva la psicologa e a differenza di quello che si dice sulle madri psicologhe lei ha sempre fatto un ottimo lavoro.
Ma avere a che fare con il mio cervello è sempre stato complesso.
Mi toccai la guancia e poi osservai la mano.
<<Che palle, puoi passarmi un fazzoletto?>> dissi chiudendo il libro del quale ovviamente non avevo letto  nemmeno una pagina e mi tamponai la guancia.
<<Stavi pensando a Sam?>> indagò sedendosi di fronte a me.
<<Si, sta mattina la polizia mi ha chiamata di nuovo, controllano il mio telefono ogni secondo e mi chiamano per chiedermi se per caso mi ha chiamata? Staranno anche facendo il loro lavoro ma emotivamente mi stanno distruggendo.>> sospirai passandomi una mano tra i capelli mossi e poi arrotolai una ciocca tra le dita, lo facevo spesso, mi dava conforto.
<<Lo so tesoro ma sono sicuramente in alto mare e non sanno nemmeno loro dove sbattere la testa.>> rispose con la bocca piena e mi sfuggì un sorriso, ha sempre svolto un ottimo lavoro cercando di distrarmi ma ultimamente sembrava diversa.
<<Tu sicuramente sai dove infilare la tua se vuoi continuare a mangiare merendine>> risi osservando la dispensa ormai vuota.
<<Sarebbe bello avere una dispensa con merendine erogabili che qualcun altro viene a riempire>>
<<Sì mamma si chiamano distributori automatici, dovresti metterne uno nel tuo studio>> risi guardandola.
Mia madre aveva la fortuna di avere lo studio sotto al nostro appartamento, perciò non doveva fare molta strada per tornare a casa ma è sempre stata golosa e le piaceva avere tutto a portata di mano.
<<Ti va di venire a fare la spesa con me?>> tentò osservandomi.
Annuii sospirando, avevo bisogno d'aria e avevo voglia di uscire.

Ovviamente me ne pentii prima ancora di salire in auto.
Vivevo in un piccolo paese, troppo piccolo perché le persone non conoscessero per filo e per segno le storie di tutti.
La notte in cui Sam è scomparsa stavamo inaugurando il suo nuovo appartamento, aveva finalmente raggiunto l'indipendenza che desiderava e voleva festeggiare con me che le sono rimasta sempre accanto, soprattutto in quell'ultimo periodo particolarmente movimentato dal trasferimento.
Non ricordavo niente di quella notte, solo noi che mangiavamo una pizza sul suo divano e poi le fiamme.
All'improvviso.
Nel mezzo il nulla.
Mi hanno ritrovata i vigili del fuoco senza sensi fuori dal suo palazzo e di lei nessuna traccia.
Per i miei cari concittadini quindi sono stata io ad aiutarla a fuggire o forse a farla rapire e a dare fuoco all'appartamento.
"Una ragazzata" avevano scritto sui giornali.
Mi spaventava il fatto che reputassero questa tragedia una ragazzata, soprattutto perchè una ragazzata solitamente la ricordi e la fai consciamente.
Sta di fatto che andare a fare la spesa è stata una sfida personale, avrei risposto a tono ad ogni occhiata giudiziosa, il che sarebbe equivalso al finire in prigione con 25 ergastoli.

<<Abbiamo preso tutto?>> chiese mia madre osservando distratta la lista della spesa sul telefono e sembrò rabbuiarsi al suono di una notifica.
<<No mamma domani è domenica e come da rito dobbiamo fare colazione con i pancake quindi manca la farina>> risposi aggrottando la fronte.
<<Cavolo è vero>> si sbattè il palmo della mano sulla fronte e mise via il telefono.
<<Tutto bene?>> chiesi preoccupata, da dieci anni avevamo quella routine, ogni domenica colazione con i pancake e lei è sempre la più entusiasta delle due, qualcosa non andava.
Era chiaro.
<<Si scusa mi ero persa nei pensieri>> finsi di crederle ma mi promisi di indagare.

Nella strada di ritorno mia madre ricevette una chiamata alla quale non rispose e si preoccupò inoltre di nascondermi lo schermo del telefono come se ne desse della sua vita, prima che io potessi aprire il discorso mi raccontò di una chiamata che aveva ricevuto in mattinata, era una sua ex compagna di università che le dava il tormento perché avrebbe voluto aprire uno studio con lei e altri psicologi.
Mi resi perfettamente conto che questo non aveva nemmeno in minima parte a che fare con la chiamata di prima e soprattutto capii che di qualsiasi cosa si trattasse non era pronta a parlarne perciò annuii e le diedi corda.

Cenammo insieme con due pizze surgelate discutendo sul come sarebbe potuta cambiare la sua vita se avesse aperto uno studio con altre persone.
Ridemmo tutta la sera e per un attimo il seme del dubbio smise di prudermi nel petto.
Ma i semi si sà, sono molto veloci a piantare le radici.

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