Capitolo otto

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Se il buon giorno si vede dal mattino, allora posso già affermare con certezza che questa sarà una giornata di merda.

Le giornate d'autunno, esattamente come quelle d'inverno, scorrono con estrema lentezza. La gente non ha voglia di alzarsi, e di riprendere i ritmi quotidiani. Anche chi dovrebbe andare di fretta, si prende un attimo in più, per fare il resoconto di ciò che li aspetta, o magari si fermano solo per ammirare di sfuggita il cielo ancora scuro, destinato a diventarlo sempre di più.

Casa mia, però, sembra non voler seguire queste piccole "imposizioni" del quieto vivere. Anzi, più che essere la casa a non rispettarle, sono le persone che ci vivono.

Anche con tutti quei metri di corridoi, e spessi muri, a dividere camera mia dalla cucina, le proteste di mio padre, e le urla isteriche di mia madre, riescono a giungere perfettamente anche fino a qui.

«Devi smetterla! Sta condizionando la tua vita, non sei più la stessa! Quand'è stata l'ultima volta che mi hai rivolto la parola, se non per stretta necessita?» mio padre è tanto furioso, quanto esasperato, e non lo biasimo di certo. 

Dalla morte di Sofia, il loro rapporto ha cominciato a sgretolarsi piano piano, fino a scomparire del tutto. Non dormono neanche più nello stesso letto e. anche se loro hanno smesso di considerarmi da un bel po', io ancora non ho smesso di considerare loro. Vorrei solo che le cose andassero bene, o quantomeno un po' meglio di così.

Non posso riportare indietro mia sorella, ma almeno vorrei che loro si impegnassero per tenere unito quel poco che resta della nostra famiglia. Fa male vedere separazioni ovunque, sono solo ennesime coltellate al petto.

«Era mia figlia, la mia ragione di vita! E non provare a dirmi come devo comportarmi! Non è uscita dal tuo corpo, tu non provi neanche la metà del mio dolore!» 

Solo ora riesco a realizzare, e la consapevolezza mi colpisce come uno schiaffo tirato con prepotenza. Oggi è il sedici ottobre, e se lei fosse stata ancora qui, sarebbe stato il suo compleanno.

Giusto ieri, ero passata davanti alla camera di mia madre, e l'ho sentita pregare per lei. Pregava quel Dio in cui non riuscirò mai a credere, come se quell'ipotetico salvatore, potesse realmente fare qualcosa.

Io penso che sia solo la più grande cazzata della storia, non trovo altra spiegazione. Se lui esistesse veramente, e avesse tutte quelle capacità sovrannaturali di cui gli Apostoli scrivono, allora non credo che il mondo sarebbe ancora "infettato" da morte e distruzione. Non mi riferisco alla morte naturale, perché quella prima o poi deve avvenire. Si ha un "X tempo" per vivere tutte le esperienze possibili, e credo che l'immortalità sia solo una punizione. Quella a cui mi riferisco, è la morte prematura. Non è giusto strappare una sedicenne dalla sua quotidianità, perché nessuno -mia sorella, o chi altro- se lo sarebbe mai meritato.

Io e lei avevamo un rapporto che avrebbe fatto invidia al mondo. Davvero non capisco quei fratelli che si odiano. Come si può odiare il sangue del tuo sangue? 

In lei, ci ho sempre trovato un punto di riferimento, un porto sicuro, una certezza. E ora che lei non è più qui, è come dover imparare a camminare una seconda volta. Non ho mai guardato la realtà, senza prima passare dai suoi occhi, e dai suoi consigli, e ora mi sento persa, totalmente spaesata.

Non mi sono mai fidata di chiunque, ma lei la mia fiducia se la meritava eccome.

Ancora urla, ancora e ancora. Un botta e risposta che non può non finire nel peggio dei modi. Come sempre, del resto. Non ne posso più di questa situazione, ho già superato il limite da un pezzo, e sono stanca di costruire argini sempre più alti per contenere un'inevitabile inondazione. 

Nient'altro che teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora