Capitolo trentasei

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JAMIE'S POV

Neanche la musica mi sta aiutando. Comincio a pizzicare le corde della chitarra e sento salirmi come un fastidio insopportabile, un'irritazione.

Vorrei prenderla e gettarla via, esercitare sulle corde una pressione tale da romperle o, magari, strapparle dalla loro sede senza troppi preamboli.

Non c'è nulla che mi dia pace.

Mi sono sempre rifugiato nella melodia di questo strumento, l'ho sempre usato come uno scudo per ripararmi dal resto del mondo e dai pensieri della gente. La musica è la mia più grande amica da che ne ho memoria.

Ma ora, nel momento di maggior bisogno, anche lei mi ha voltato le spalle. Mi ha abbandonato a me stesso e ai miei pensieri.

"Infame" penso, rivolto alla chitarra.

La appoggio sul letto e la lascio lì, uscendo dalla porta ed incamminandomi al piano di sotto.

Trovo mia madre intenta a cercare qualcosa su internet. Tiene gli occhiali dalla montatura rossa sulla punta del naso, e ha il viso a pochi centimetri dallo schermo.

«Stai tentando di uscire dal Neolitico per unirti a noi nell'Era tecnologica?» le chiedo, tentando di infastidirla. Quando si arrabbia è simpatica.

«Davvero divertente! Guarda che non sono così arretrata come credi, e poi sto facendo qualcosa anche per te, e se devi rompere le palle puoi anche tornartene di sopra a deprimerti» ribatte lei, rivolendomi un'occhiataccia di sfuggita, facendo una piccola risata subito dopo.

«E cosa staresti cercando? Fammi vedere, ora sono curioso» le dico, accostandomi accanto a lei.

«Biglietti aerei?» chiedo, alzando un sopracciglio. Le sembra un momento giusto per un viaggio?

«Esattamente. Da un po' ho il desiderio di portarti in un posto che per me ha significato davvero tanto, sarà un modo per svagarci un pochino. Sai, staccare la spina e passare del tempo insieme» mi dice, rivolgendomi un debole sorriso.

«E dove sarebbe questo posto tanto speciale?» le chiedo, in attesa di saperne di più.

Mi è sempre piaciuto viaggiare, credo sia una delle gioie della vita. Sin da piccolo ho sempre paragonato il mondo ad un libro, e non viaggiare trovo sia la scappatoia dei non-amanti della "lettura".

Salire su un aereo è qualcosa che non ha prezzo. Poter vedere le terre rimpicciolirsi piano piano sotto i tuoi occhi ti fa sentire libero e realizzato per aver trovato una via di fuga dai confini che ti hanno sempre circondato.

«International Falls, Minnesota» risponde lei, con uno sguardo spensierato, ma allo stesso tempo un po' buio.

A prima vista sembra nostalgia, ma non ne sono totalmente sicuro, non saprei bene dove collocare quella scintilla nei suoi occhi.

«Che? Non l'ho mai sentita nominare». Deve essere un posto dimenticato da Dio e dall'uomo, forse persino dagli insetti.

«Non credo di avertene mai parlato, in effetti» dice lei, abbassando un po' lo sguardo ed il tono della voce.

Si sofferma un attimo a fissare il vuoto, per poi togliersi gli occhiali e riprendere a guardarmi.

«Io non ho sempre abitato qui, e questo te lo avevo già accennato qualche volta, ma non ti ho mai parlato di dove stavo prima. Sai, ho sempre preferito metterci una pietra sopra, se così si può dire» comincia a spiegarmi.

«Abitavi lì?» le chiedo un po' stupito.

Mia madre non mi ha mai raccontato volentieri del suo passato, cerca di sopprimerne il ricordo in tutti i modi, ed io non voglio certo essere quello a rigirare il coltello nella piaga.

Nient'altro che teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora