Capitolo diciotto

1.7K 309 116
                                    


«Errare è umano, Luna. Anche io avrei reagito come te,  e non devi fartene una colpa. Hai fatto un errore, è vero, ma ad ogni errore si può rimediare. Io ti voglio ancora bene».

Non so cosa dire. Questo ragazzo è riuscito a lasciarmi totalmente senza parole. 

Se fossimo a ruoli invertiti, probabilmente io lo avrei già mandato a quel paese, invece lui è rimasto.
È rimasto, ed è qui che mi sta chiedendo di... ricominciare?

Cosa dovrei rispondergli? Perché dovrei fidarmi di lui? E. soprattutto, cosa mi assicura che, tra un po', quando si sarà stancato di questa me depressa come un tempo, non se ne andrà via? 

Ma, in fondo, cosa mi assicura l'esatto contrario?  Voglio dire, un amico in più fa bene a tutti, no?

Mi ritrovo a pensare al fatto che, dopo la morte di Sofia, lui ha continuato a cercarmi per un po', ed io gli e l'ho sempre impedito, forse facendogli del male a mia insaputa.

Ho sbagliato, forse? La grande verità, è che ho un'enorme confusione per la testa, e non so davvero cosa pensare o dire. Forse sto delirando.

Voglio tornare ad avere una vita il più normale possibile, credo. Voglio lasciarmi aiutare. Sono veramente stanca di chiudermi in me stessa e di piangermi addosso. 

Voglio riprendere la mia vita tra le mani, e sentirla davvero mia.

«Pensi che possiamo tornare ad essere amici?» mi chiede, guardandomi dritta negli occhi. 

Ripenso a quando io, lui ed Erika avevamo undici anni e giocavamo assieme. Eravamo un po' come il "Golden trio" su Harry Potter: inseparabili.

Mattia, per me, è sempre stato come il fratello più grande che non ho mai avuto. Mi confidavo con lui, e mi dava sempre degli ottimi consigli. Abbiamo trascorso l'adolescenza assieme, e ci siamo guardati crescere. 

Poi, l'anno scorso, lui ha cominciato a frequentare compagnie sbagliate, e si è un po' allontanato da noi. Non eravamo più come una volta, e forse è stato questo a farmi prendere la decisione di "lasciarlo andare". Mi sono tenuta stretta solo il minimo indispensabile per sopravvivere, ovvero la mia migliore amica.

Ora invece è qui, con la promessa di esserci come un tempo.

«Io...» comincio a dire, senza sapere bene come continuare la risposta.

Alza le sopracciglia, in attesa di qualche mia parola a riguardo. 

Tuttavia, non riceve nessuna risposta, perché gli butto le braccia al collo, appoggiando la testa sulla sua spalla. Questo gesto mi ha fatta sentire libera, almeno per qualche secondo. Per la prima volta dopo tanto, sento di aver fatto una buona azione nei riguardi di qualcuno e, soprattutto, nei riguardi di me stessa.

Sento i suoi capelli farmi il solletico, al lato della fronte, e mi lascio sfuggire una piccola risata.

«Dio, tagliati questi capelli, per una buona volta!» esclamo, cominciando a grattarmi.

«No, sono Mattia» risponde lui, ironicamente.

«Cretino» ribatto, tornando ad abbracciarlo. Mi era mancato, non posso non ammetterlo. Sento come se avessi ripescato una parte fondamentale di me, e non sono minimamente intenzionata a lasciarla andare ancora. Non questa volta.

«Mi sei mancata, pulce» mi dice lui, accarezzandomi la schiena.

«Non-farlo-mai-più». Scandisco bene ogni singola parola.

«Che cosa?» mi chiede, scostandosi un po' per potermi guardare meglio.

«Chiamarmi "pulce", non lo facevi dai tempi delle medie e, sinceramente, non mi era mancato affatto» gli dico, e lui si mette a ridere, facendo poi un'alzata di spalle. 

Nient'altro che teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora