Non riesco a formulare un solo pensiero sensato, non uno che sia uno. Sto solo cercando di mantenere le forze ancora in vita abbastanza da non lasciarmi cadere al suolo.
Vorrei urlare, ma non ho più aria nei polmoni. Vorrei correre via da qui, ma le gambe non mi reggono più. Vorrei provare a spiegargli tutto, ma non so neanche io a che cazzo pensare.
I secondi sono interminabili e preferirei addirittura che mi urlasse in faccia qualcosa, perché tutto sarebbe meglio del suo silenzio. Tutto.
Ha gli occhi completamente persi, assenti, e la mascella serrata. Non ho idea dei pensieri che attraversano la sua mente, se stia provando rabbia, stupore o la più totale indifferenza. Il suo volto è impassibile.
Tutto sembra essersi bloccato, persino Erika e sua madre non sanno cosa dire. Si limitano solo a passare lo sguardo tra me e Jamie, rendendosi conto piano piano della situazione del cazzo in cui mi sono trovata.
Sento le lacrime sull'orlo di uscire, non per la tristezza, ma per il nervoso dovuto all'interminabile attesa. Non ce la faccio più a sopportare tutto questo silenzio.
«Jamie... » sussurro appena, talmente a voce bassa da temere di essermi sentita solo io.
Non appena parlo, lui alza leggermente lo sguardo, puntando le sue iridi azzurre e bellissime nei miei occhi di colpevole.
«Io... I-io te lo vo-volevo dire... » biascico indistintamente, mentre la disperazione comincia ad attaccarsi possessivamente ad ogni molecola del mio essere.
Mai nella mia vita mi è risultato così difficile pronunciare delle semplicissime parole, parole che ora sembrano costarmi uno sforzo immane, fuori da ogni logica. Non ho forze abbastanza per farle uscire.
Silenzio. Da lui non ottengo altro che silenzio. Devo assolutamente capire a che sta pensando.
So che non dovrei essere io quella incazzata, ma non vederlo reagire mi lascia spiazzata. Non sto chiedo tanto, voglio solo che dica qualcosa, qualsiasi sarà ben accetta.
«Jamie, parlami! Incazzati, se devi, ma non startene lì impalato!» improvvisamente ritrovo la forza di parlare, difatti questa frase quasi la urlo, mentre il pianto diventa incessante.
«Quello è mio figlio?» chiede con una calma innaturale. Tuttavia, riesco a capire che sta cercando di contenersi, tradito dal tremolio negli occhi.
«Figli» lo correggo, parlando al plurale. «Sì, sono tuoi... di chi vuoi che siano?» aggiungo subito dopo, con un tono di voce molto più basso basso.
«Figli?» chiede, spostando lo sguardo un'altra volta da me all'ecografia.
«Sono due gemelli» gli spiego, faticando a mantenere lo sguardo su di lui.
Non capisco il perché di tutta questa messa in scena. So benissimo che vorrebbe urlare, riesco a capirlo dal modo in cui continua a rigirasi le mani all'interno delle tasche.
«Da quanto lo sai?» chiede con tono freddo, puntando un'altra volta gli occhi nei miei.
Il suo è uno sguardo glaciale, che sembra essere capace di ibernare qualsiasi cosa in cui vi si posi sopra. Mi sto ghiacciando piano piano, e mi merito ogni singolo secondo di questa lenta cancrena.
In questo momento mi sta facendo sentire fin troppo esposta e indifesa. Vorrei potermi sotterrare a lui per sfuggirgli, ma l'unica cosa che posso fare è affrontare ciò che io stessa ho causato.
Questa situazione è tutta colpa mia, e di nessun'altro.
Avrei dovuto avvertirlo prima, cosa che non ho fatto per paura, per frustrazione e, anche in un certo senso, per vendetta.
STAI LEGGENDO
Nient'altro che te
Fiksi RemajaLuna, dopo la morte della sorella, cade in una spirale di tristezza che non le da nessuna tregua. La voglia di vivere la ha abbandonata e ormai non si ricorda più com'è essere veramente felice. A peggiorare le cose c'è un odio infondato da parte de...