Non ho potuto farne a meno. Credo sia giusto, per ogni persona di questa terra, venire a conoscenza del proprio passato; di ciò che è stato prima della propria nascita.
Per mia madre è già stato un grande passo portarmi fino a qui, ma ancora non mi basta. Non è abbastanza.
Per una volta nella vita, voglio lasciarmi sopraffare dalla curiosità, e mettere assieme ogni tassello nel posto giusto del puzzle.
Ora è tutto confusionale: ad alcuni pezzi non riesco a trovare la locazione giusta, altri sono girati, e molti sono stati dimenticati sul fondo della scatola. Voglio tirar fuori tutti i tasselli mancanti, raddrizzare quei poveri senza volto e, una volta per tutte, incastrarli nello spazio a loro assegnato.
In tarda serata mamma era ancora sveglia, seduta sul bordo del letto, con lo sguardo rivolto a ciò che stava oltre la finestra. Le labbra erano serrate in una linea sottile, e teneva la fronte leggermente corrugata. Avrei dato qualsiasi cosa pur di sapere cosa le passava per la testa, ma è certo che io non legga la mente tanto quanto è certo che lei non mi avrebbe mai rivelato nulla.
Era talmente persa nei suoi pensieri che non si è nemmeno accorta della mia presenza nella stanza, quasi come fossi un'ombra, quasi come se non esistessi.
Quando mi sono seduto accanto a lei, ha fatto un saltello sul posto, presa totalmente alla sprovvista. Non le ho lasciato il tempo di dire niente. Avevo una richiesta da fare, e non avrei aspettato un secondo di più. Non questa volta.
«Devi smetterla di allungare i tempi, ne sei consapevole? Fammi conoscere il tuo passato, ogni singolo dettaglio di esso. Sono stanco di questo di questo velo di estraneità con il quale tenti di proteggerti. Liberatene, perché tenendolo farai del male anche a me oltre che a te stessa».
Così ora mi ritrovo a camminare accanto a lei, spalla contro spalla. Ha accettato di riportare la sua vita di prima alla luce, e per questo sono fiero di lei.
«Allora, cosa vuoi sapere?» mi chiede con un tono tra il sommesso e l'esasperato, continuando a guardare a terra.
Questa è una domanda difficile, perché le cose che vorrei sapere sono davvero troppe, ma per prima voglio chiedere quella che più mi ha assillato durante tutta la vita.
«I nonni. Sono ancora qui?» chiedo con speranza. So che le hanno voltato le spalle non appena hanno saputo della gravidanza, il che è l'equivalente di averla buttata in una fossa, però è importante che io sappia. Ci tengo davvero troppo per lasciare da parte questo punto.
«Sapevo che lo avresti chiesto» dice con un tono che rasenta la disperazione pura.
Di colpo si ferma, si porta le mani alla bocca e chiude gli occhi. Credo stia tentando di calmarsi, e per aiutarla la abbraccio, cominciando a carezzarle i capelli.
«Jamie, così mi uccidi. So che prima o poi avrei dovuto parlartene, ma è difficile, tenta di capire»
«Cerca di fare uno sforzo. Lo so che ti hanno fatta soffrire, però non ce la faccio più ad andare avanti così, sul serio» le dico, stringendola ancora più forte.
«Non è per loro, è per lei» bisbiglia contro la mia spalla, ed io credo di aver capito male.
«Lei, chi?» chiedo piano, scandendo bene ogni parola. Ho paura della risposta, ho paura di ciò che si può nascondere dietro quella semplice parola.
«Tua nonna è morta quando tu avevi due anni, e il nonno quando ne avevi undici. Non posso farteli conoscere di persona, ormai, però posso farti vedere delle fotografie, quelle che sono rimaste nella loro casa; quella casa che è passata in eredità a mia sorella» dice staccandosi da me, e facendo tremolare la voce all'ultima parola.
STAI LEGGENDO
Nient'altro che te
Teen FictionLuna, dopo la morte della sorella, cade in una spirale di tristezza che non le da nessuna tregua. La voglia di vivere la ha abbandonata e ormai non si ricorda più com'è essere veramente felice. A peggiorare le cose c'è un odio infondato da parte de...