Stringo i pugni fino a conficcarmi le unghie nei palmi delle mani. Punto gli occhi in quelli di Grace, che subito si stringe nelle spalle, proprio come farebbe una preda nel momento in cui si rende conto della sua morte imminente.
Non ci vedo più dalla rabbia.Ora riesco a capire tutta la riluttanza di mia madre quando ho insistito perché mi portasse qui, e molte cose finalmente sono andate al loro posto.
La stessa cosa che mi è successa guardando la foto dei nonni, mi sta succedendo anche ora: non riesco ad associare un viso, all'apparenza così gentile, alle azioni commesse dal proprietario.
Sto provando davvero a comprenderla, ci sto provando con tutto me stesso, ma proprio non ci riesco.
Quello che ha fatto è orribile, e lo è ancora di più se si pensa che tutto è andato a discapito del sangue del suo sangue.Sto provando una rabbia folle anche nei confronti di quel padre che non ho mai conosciuto, e con cui non ho mai parlato.
Mi sento sporco, quasi uno scarto, semplicemente per la consapevolezza di essere figlio di quel bastardo.
Non voglio avere i suoi geni nel mio corpo, non voglio avere niente a che fare con lui.
Non ho bisogno di conoscerlo per capire che persona di merda sia, mi bastano le parole pronunciate da chi ha subito i suoi sbagli.Mia madre non si merita tutto questo. Niente passerà, è stata una cosa che l'ha segnata fino ad ora, e che la segnerà per tutta la vita.
L'incapacità di fidarsi di un uomo, o semplicemente di un qualsiasi essere umano, la paura di ricordare, ed il rifiuto di ricominciare una vita da zero.Sono tutte le conseguenze delle loro fottutissime azioni, e se lei non è mai riuscita a perdonarli, anche dopo quasi vent'anni, non la biasimo. Non lo farò neanche io. Mai.
«Non sei degna neanche di guardarla in faccia, dopo quello che hai fatto. Le hai rovinato la vita» comincio a dire con tono basso, ma fermo.
Grace sembra pietrificata. Vorrebbe fuggire con lo sguardo, glielo leggo in faccia, ma c'è qualcosa ad impedirglielo. Forse è il senso di colpa, quella piccola parte di lei vuole ascoltare, quella che sa di dover ricevere la punizione che si merita.
«Jamie, non è il caso. Andiamo via, siamo rimasti qui anche troppo» dice mia madre alzandosi, per poi appoggiarmi una mano sulla spalla.
Non adesso, mamma. Lasciami prendere le tue parti, per una volta.
Sento il bisogno di difenderla, semplicemente perché percepisco il suo dolore come se fosse il mio. E' la donna più importante della mia vita, lo è da sempre, e chi le la fatto questo si merita di sentirsi dire ciò che avrebbe dovuto dirgli lei stessa molto tempo fa.
«No. Si deve rendere conto, perché ancora non credo che lo abbia fatto» le rispondo, senza mai guardarla in faccia. Non voglio interrompere il contatto visivo con Grace. Sono consapevole del fatto che così la sto intimorendo, ed è proprio ciò che voglio.
«Non hai mai fatto niente per farti perdonare, mai una parola di scuse, e ora pretendi che lei torni ad avere un minimo di rapporto con te» riprendo da dove ero stato interrotto.
«Non so perché abbia fatto ciò che ho fatto, forse ero solo una ragazzina gelosa». Dalla sua gola le parole escono rotte e, invece che impietosirmi, fanno solo che aumentare la mia rabbia.
«E dovrebbe essere una scusa valida? Stiamo parlando di tua sorella, non della prima che passa per strada» asserisco.
«Avevo solo sedici anni, ero incosciente, ora sono cambiata» continua a provare a giustificarsi, e l'unica cosa che vorrei fare al momento è rompere qualcosa per sfogarmi.
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Nient'altro che te
Novela JuvenilLuna, dopo la morte della sorella, cade in una spirale di tristezza che non le da nessuna tregua. La voglia di vivere la ha abbandonata e ormai non si ricorda più com'è essere veramente felice. A peggiorare le cose c'è un odio infondato da parte de...