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"È nel dolore che la mente scopre la verità più profonda

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"È nel dolore che la mente scopre la verità più profonda."
-Khalil Gibran

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Presi fiato, nonostante mi mancasse il respiro.

Le mie mani tremavano mentre cercavo, ancora una volta, di aprire il flacone di gocce che stringevo con tanta forza.

Eppure, l'esitazione mi bloccava. Mi ero promessa di non farlo, di resistere, di non cedere a quella debolezza.

Era assurdo. Dall'avere attacchi di panico per la perdita di mia madre, ero arrivata al punto di averli per un uomo. Se si poteva definire tale.

Un uomo che aveva saputo sia farmi volare che precipitare, che era entrato nella mia vita come un uragano e l'aveva sconvolta senza pietà.

Ricordavo tutti gli attacchi, ma uno in particolare mi bruciava ancora nella memoria.

Quello più recente, in quel bagno freddo e spoglio del locale, quando le sue parole e la sua presenza mi avevano schiacciata con la violenza di un peso insopportabile.

Un sorriso sfacciato, un semplice scambio di parole, mentre tutto di lui gridava disinteresse. E la sera prima era stato con un'altra, come se niente fosse.

Un singhiozzo mi sfuggì dalle labbra, tremante e irregolare, soffocando ogni tentativo di respirare normalmente.

Davanti a me, la televisione trasmetteva la solita partita di routine di domenica sera della juve.

Avrei dovuto essere in trasferta, seduta sugli spalti con Sara, ma non ci ero riuscita. Non ero riuscita a scappare dal tormento che lui rappresentava.

Erano passati solamente due giorni da quando l'avevo visto, da quando aveva passato del tempo con la mia sorellina e me l'aveva riportata con i vestiti completamente sporchi di fango, ma con un sorriso che non le avevo mai visto.

Oggi, a una partita quasi banale, scontata, la juventus stava perdendo, e Kenan si stava portando a casa una prestazione pessima.

Hellas Verona - Juventus, 1-0, 79esimo.

E adesso, lo schermo mostrava esattamente ciò che temevo. Ciò che speravo che i miei occhi non dovessero mai vedere.

Kenan, a terra.

Mi si strinse il cuore in una morsa dolorosa. Non solo per il fatto che la squadra stesse perdendo, ma perché lui era lì, immobile sull'erba, con il volto piegato in una smorfia di sofferenza.

Ed era tutto ciò ad avermi provocato quell'improvviso attacco di panico.

Sentii la gola chiudersi. Avrei voluto essere lì, a pochi passi, pronta a correre verso di lui per capire cosa fosse successo.

Ma allo stesso tempo, lo disprezzavo. Lo disprezzavo per le notti insonni, per le bugie non dette e per il tormento incessante che mi aveva lasciato.

E tutto questo, stava creando dentro di me una confusione tale da non farmi capire più niente.

Like a dream || Kenan YildizDove le storie prendono vita. Scoprilo ora