10° Cadono le foglie

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Dovrebbe essere una cosa piuttosto normale a Novembre ma nonostante tutto non mi ci sono ancora abituato.

Il paesaggio brullo dei campi, il cielo perennemente cupo e poi gli alberi spogli o quasi, dai quali cadono tristemente le ultime foglie ingiallite.

E' così da quando sono nato e continuerà anche quando me ne sarò andato per sempre.

Domenica mattina, il giorno perfetto per non far nulla, anche se qualcuno evidentemente non la pensa allo stesso modo.

Non riesco a capire cosa ci faccia in camera mia, né perché continui a chiedermi di accompagnarla al lago.

Continua a dirmi che è uno spettacolo meraviglioso ma stento a crederle.

<Insomma, potresti anche sforzarti per una volta>.

<Per una volta?>

<Beh, dici sempre che non serve a nulla fare qualcosa che poi non ricorderai>.

<Ti sei risposta da sola>.

<Potresti farlo per me>.

Guardo i suoi occhi mentre proferisce quest'ultime parole; sono pieni di speranza.

Cavolo, non ce la faccio.

Vorrei dirle che non ne ho voglia, distogliere lo sguardo e gettarmi a peso morto sul letto, lasciando che il sonno venga a prendermi.

Ma con lei è diverso, dopo due mesi continua ancora a seguire ogni mio passo, senza darsi per vinta.

Prima mi accoglieva all'entrata in classe.

Poi ha iniziato ad aspettarmi davanti alla scuola.

Per ultimo si è presentata un lunedì mattina a casa mia, senza badare al fatto che i miei genitori avrebbero potuto guardarla storto.

Perché in fin dei conti lei è così, non si cura delle apparenze e lo fa con una naturalezza tale da lasciare di sasso chiunque abbia la fortuna d'incontrarla.

Vorrei evitare di provare qualcosa per lei ma come faccio?

E' l'unica che sembra capirmi, o almeno la sola persona sulla faccia della terra che cerca di farlo.

Alla fine ho acconsentito mio malgrado alla gita al lago.

Mentre l'autobus ci porta a destinazione vago col pensiero, dando di tanto in tanto un'occhiata a cosa succede intorno.

Il mezzo è semivuoto e non c'è poi tanto da stupirsi visto il tempo e la stagione.

Eppure oltre a noi due ci sono altri sette temerari che, per un motivo o per l'altro hanno deciso di raggiungere la nostra stessa meta.

Vedo un uomo anziano, dalla calvizie incipiente, gli occhi piccoli e lo sguardo spento; è vestito di tutto punto, come se stesso andando ad un appuntamento.

Osservo l'anulare della mano destra; porta la fede.

Probabilmente il lago gli ricorda il primo incontro con la moglie o semplicemente il luogo in cui le ha chiesto di sposarlo.

Se è così capisco la sua tristezza.

Oppure faccio solamente finta di capirla.

Tre posti più avanti riesco a scorgere di striscio una donna e al suo fianco un bambino.

Sembrano madre e figlio ma l'atteggiamento freddo della donna non si direbbe proprio di un genitore.

Guardo il ragazzino che ad occhio e croce non dovrebbe avere più di undici o dodici anni; cerca attenzioni con lo sguardo e con gesti accennati.

Lei non fa una piega, osserva la strada come un gelido automa.

Cosa può aver fatto un bambino per ricevere tale trattamento?

Non ho risposte e nemmeno vado a cercarle.

Al di là del corridoio, una fila più indietro rispetto alla nostra c'è una coppia di ragazzi.

Li dovrei conoscere, o almeno penso.

Improvvisamente Aisha si avvicina al mio orecchio e inizia a bisbigliare.

<Scommetto che ti stai chiedendo chi siano quei due ragazzi, o almeno se sono nella nostra stessa scuola>.

La osservo basito.

<Sei un'indovina?>

<No, no, è che mi sono posta la stessa domanda>.

<E quindi?>

<Quindi cosa>.

<A che conclusione sei arrivata?>

<Che non ho la benché minima idea di chi diavolo siano>.

Scoppiamo a ridere, attirando l'attenzione degli altri passeggeri, che ora si staranno facendo delle domande nei nostri confronti ma a dire la verità non m'interessa nulla, perché oggi sono veramente felice.











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