19° A casa

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Avevo lo sguardo inebetito mentre lei mi esortava ad entrare.

Era grande, molto più della mia, decisamente oltre ogni mia aspettativa.

Lo stile moderno addolcito da rifiniture in legno rendeva l'esterno una specie di quadro vivente.

Lo ammetto, ne ero estasiato, forse perché quella casa rispecchiava la ragazza che piano piano stavo imparando a conoscere.

Entrai e quello che vidi fu, se possibile, ancor più sorprendente.

Era un viavai di colori lungo ogni stanza, adornate da quadri e soprammobili rigidamente in tema.

Già, pensai alla parola rigido, forse perché sembrava che tutta la casa dovesse dare una sensazione di allegria e felicità schematica, quasi contraffatta.

Feci un giro veloce di tutto l'abitato, istruito a dovere dalla migliore delle guide possibili.

Osservai attentamente il suo sguardo.

Era quello di chi conosce la propria casa in ogni dettaglio ma che non riesce ad apprezzarla a pieno e purtroppo non ne capivo il perché.

Non feci domande, se non attinenti a quello che vedevo.

Aisha rispose a tutto, distaccata, algida come non mai.

Finimmo il giro nel grande giardino posto sul retro della casa.

Era uno spazio perfettamente curato, con manto erboso in stile inglese, circondato da centinaia di fiori, la maggior parte a me sconosciuti e alte siepi, al di sopra delle quali potevi osservare unicamente il sole e la volta celeste.

Era un incantevole e stranamente inquietante immenso spazio chiuso.

<Cos'hai?>

Mi ridestai dai pensieri e cercai di sorridere il più naturalmente possibile.

<Niente, è che sinceramente non ho mai visto nulla di tanto bello>.

<Ne sei sicuro?>

<Beh, non tutto in una volta sola>.

Sorrise  e mi prese per mano.

Mi portò fino ad una piccola aiuola e indicò una serie di fiori che stranamente riconobbi all'istante.

<Volevi farmi vedere tutte le tipologie di crisantemo?>

<Ebbene sì, lo ammetto>.

<Lo sai che sono i fiori dei morti?>

<Già, ed è tutto così sbagliato>.

<E perché dovrebbe esserlo?>

<Guardali, non sono bellissimi?>

<Beh, in effetti; ciò non toglie che il loro utilizzo sia quello di ornare le tombe>.

<Lo sapevi che è il fiore nazionale del Giappone e al contrario simboleggia la vita?>

<No, ma qui non siamo in estremo oriente>.

<Vedi, è sempre e solo una questione di visuale; se osservi le cose da varie angolazioni otterrai molteplici e probabilmente contrastanti risultati>.

<Scusa ma non afferro>.

<Il tuo sguardo, affascinato e allo stesso tempo perplesso.

Le tue parole, tanto vere quanto piene di menzogna>.

<Stai scherzando vero?>

<No e per favore, adesso potresti realmente dirmi quello che pensi?>

Stavo per farlo, conscio che ogni parola sarebbe stata usata contro di me, in una sorta di processo sommario in cui il sottoscritto era l'inquisito e Aisha l'inquisitore.

<Penso che.....>

E fu in quell'istante che bloccai ogni singola parola a mezz'aria, stranito da quel volto che osservava incuriosito.

<E allora, hai perso le parole?>

Già, forse le avevo perse o più probabilmente era sufficiente il mio dito indice, volto ad indicare un punto alle sue spalle.

Aisha si voltò.

Ci fu un attimo di silenzio, il che rese tutto ancora più greve.

Poi il volto parlò.

<Ciao Aisha, non mi presenti il tuo amico?>

<Ciao mamma, no, non ho intenzione di presentartelo>.




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