6° Blocco

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Osservo la sala d'aspetto.

È un locale quadrangolare, piuttosto spoglio, con appena un paio di quadri appesi alle mura.

Vedo un divano in ecopelle e tre sedie; chissà poi perché proprio tre.

Non ricordo nulla ma nonostante ciò continuo a pormi domande, molte delle quali piuttosto futili.

La porta dello studio si apre e ne esce un uomo sulla quarantina, brizzolato, dagli occhi grandi e luminosi.

Sorride, si sposta di lato e con un gesto della mano m'invita ad entrare.

Il nuovo locale non è molto più grande ma in compenso alle pareti sono appesi quadri, diplomi ed altri oggetti, forse frutto di qualche viaggio.

Vedo una scrivania con sopra un computer e una piccola sveglia colorata.

Poi un divano color porpora.

Ora che ci penso anche le mura sono dello stesso colore.

È tutto caldo e accogliente.

<Siediti>.

Osservo la mano aperta che indica una sedia posta davanti alla scrivania.

Mi seggo.

Poco dopo lui mi raggiunge.

Per i primi cinque minuti non mi degna di uno sguardo.

Guarda in silenzio lo schermo del computer.

Sorride nuovamente.

Chiude il portatile, mi osserva sgranando gli occhi ed esclama: <come sta il mio paziente preferito?>

Non so cosa rispondere, accenno solamente ad un timido sorriso.

<Uhm, come al solito direi; tuo padre direbbe che venire qui è una perdita di tempo e denaro; tu cosa ne pensi?>

<Che mio padre non soffre d'amnesia>.

Mi accorgo di aver risposto d'acchito, quasi senza pensare.

Lui mi guarda; sembra piuttosto divertito della cosa.

<Non ricordi nulla ma la risposta che dai a questa domanda è sempre la stessa>.

Per un istante rimango basito.

Serro le labbra e provo a non fare quella domanda che, nonostante tutto scivola via riecheggiando nella stanza.

<A quante volte sono arrivato?>

<Con quella di oggi siamo a 18>.

Pianto lo sguardo al suolo e non riesco a pensare a nulla.





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