39° Finché il mondo non ci separi

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Sospeso fino a data da destinarsi.
È questo il responso del lungo quanto infruttuoso colloquio con il preside.
Non penso di aver provato alcunché quando ha pronunciato le fatidiche parole, anzi, nel più profondo mi sono sentito quasi sollevato da un peso d'incalcolabile fattura.
Ora sto aspettando che lei esca, anche se sono conscio delle esplicite conseguenze prodotte da un simile accadimento.
Non più di cinque minuti e poi ho visto apparire il suo volto, tirato, frastornato da tutto quello che è accaduto.
L'ho guardata, mentre precedeva l'uscita della madre, accompagnata alla porta dalla finta cordialità del preside.
Le ho osservate ancora, passarmi davanti, senza un accenno, un finto ringraziamento, anche se dopotutto non avrei il benché minimo diritto di pretendere alcunché.
Ho rovinato la sua, anzi le loro vite e questo è il giusto contrappasso, causa ed effetto naturali alle mie sciagurate azioni.
Socchiudo gli occhi ed un istante dopo  il nulla, scomparse come miraggi nel deserto.
Inspiro.
Espiro.
Mio padre non verrà, lo so, ha ben altro a cui pensare.
Alzo lo sguardo e lui è lì, fermo immobile, sorriso forzato, innaturale, corroso da un dolore che non conosco.
<Ciao>.
<Ciao Luca>.
<Vuoi parlarne?>
<Preferirei di no>.
<Capisco>.
Lo vedo piegarsi al suolo e appoggiare la testa sulle mie ginocchia.
Inspira.
Espira.
Parla in fil di voce.
<È un cattivo momento per confessarmi?>
<Sì, ma penso di avere tempo...almeno un altro po'>.
<Ok...sai penso di...>
Le parole che vorrebbe dirmi gli si bloccano in gola.
Quindi il silenzio...e poi io.
<Lo so, ma non posso darti più di una semplice amicizia...scusami, se puoi>.
<Va bene; se non ti secca vorrei rimanere così, ancora per un po'>.
Istintivamente gli accarezzo la testa e lo ascolto piangere nel silenzio assordante di un corridoio vuoto.

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