27° Arrivederci buon uomo

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Giovanni Pastro era un uomo dalle solide abitudini, cosa che lo aveva portato alla vecchiaia mantenendo una sorta di giovinezza mentale assolutamente invidiabile.

Malgrado ciò, il fisico non era sfuggito alle rigide regole del tempo, dal logorio delle ossa, al cuore ballerino, ogni parte del suo corpo gli ricordava che presto o tardi sarebbe giunto all'inevitabile fine del viaggio.

Non era triste, mentre con fare pensieroso osservava le molteplici cornici che adornavano il muro della camera da letto; 

Era perlopiù pervaso da un sentimento di eccessivo rammarico; avrebbe voluto viaggiare, sperimentare, vivere a pieno quell'unica vita concessagli dal buon Dio.

<Vecchio mio, proprio oggi devi farti pervadere dall'inquietudine? lo sai che lei non vorrebbe>.

Lei non era altri che Eva, l 'unica donna amata, in una vita piena di apparente solitudine.

Se n'era andata, ormai da tempo immemore; il perché era racchiuso in una lettera dalle scarne righe che diceva tutto e alla fine nulla di apparentemente chiaro.

Così, fra sorrisi di circostanza e pianti soffocati fra le coperte il vecchio Giovanni era ritornato a vivere, lì, in quel posto magico, dove anche il più piccolo sorriso conteneva l'essenza stessa della felicità.

Aveva resistito all'incedere arrogante del progresso, mantenendo quel filo sottile che lega un semplice commerciante di periferia alla clientela di lungo corso.

Gli scintillanti colori della tempera, la memoria antica della gomma pane, l'evoluzione costante della penna e l'odore pungente del correttore; tutto lo riportava all'infanzia, quando da bambino rimaneva ore ed ore ad osservare l'amato padre coltivare un sogno.
Ora era effettivamente triste.
Si alzò in piedi, riflettendo sulla giornata appena passata, dalla solita passeggiata serale fino all'inaspettato incontro con una vecchia conoscenza.
Quella che aveva incontrato era una signora tormentata dalla vita, spezzata nel cuore, dall'animo in totale subbuglio.
Sembrava di rivedere la sua Eva, lo sguardo laconico, perso in pensieri troppo lontani da raggiungere.
Eterea, dolce all'occorrenza, fredda per esigenza.
Donna, compagna, amore troppo esigente per le povere spalle di un uomo semplice.
Si spostò da un lato all'altro del letto cercando dentro al cassetto del comodino la causa di ogni suo fardello.
La lettera era adagiata in una busta anonima, conservata come un cimelio di famiglia.
La estrasse e iniziò per l'ennesima volta a leggere.
<Ciao Giovanni, è difficile scriverti, soprattutto per il fatto che probabilmente, alla fine, non capirai comunque.
Credimi, quando affermo che ti ho amato veramente, oltre le parole di circostanza, tralasciando quel carattere che nonostante tutto hai imparato ad accettare.
Quindi non riesco a dare una ragione a quello che mi sta capitando, all'esigenza impellente di fuggire e sai qual'è la cosa peggiore?
In fondo tu non riuscirai ad odiarmi perché purtroppo sei un uomo buono.
Se puoi, un giorno cerca di dimenticarmi.
Ti amo.
Tua per sempre Eva>.
Giovanni ripose la lettera al suo posto, quindi si sdraiò sul letto e iniziò a guardare il soffitto, gli occhi fissi in un punto indefinito, le mani conserte a cingere il petto.
Ascoltò il battito del cuore che lentamente rallentava la sua corsa.
Era arrivato il momento di deporre le armi, arrendersi a sua maestà il tempo e ritornare ad abbracciare la sua lei che sapeva per certo essersi spenta qualche mese dopo aver spedito la missiva.
Chiuse gli occhi.
Nessun battito.
Nessun rumore.
Solo silenzio e pace.

GIONATADove le storie prendono vita. Scoprilo ora