28° Vortice

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Ogni ruota gira vorticosamente, senza sosta, non ha idea del perché lo faccia, ma continua, ancora e ancora, sino a quando tutto si ferma......

Sono qui, immobile, mentre una cassa color mogano e le futili parole di un prelato portano via l'ennesimo pezzo del puzzle chiamato vita.

Mi manca Aisha, il suo modo così imperfetto di mettermi al sicuro dalle paure del mondo, la gentilezza mai forzata dei piccoli gesti, quello sguardo perennemente rivolto al futuro.....il nostro.

Presto la rivedrò, è un dato di fatto e al contempo una speranza, un' esigenza dalla quale non posso fuggire.

<Andiamo> esclama mio padre, lo sguardo fisso, la mente altrove, probabilmente in quella stanza d'ospedale, dove una donna, l'amore di una vita, aspetta speranzosa, incurante di cosa sarebbe successo da lì a breve.

L'hanno trovata a notte fonda, seduta su una panchina in stato catatonico; non capiva, non sapeva e soprattutto non ricordava.

Una chiamata, la corsa in ospedale e una vaga diagnosi.

Mio padre sapeva e non parlava, comprendeva chiaramente la situazione ma non voleva accettare le inevitabili conseguenze.

Mamma se n'era andata, o almeno quella parte di lei che ancora la rendeva cosciente al mondo.

In una tiepida notte di Luglio, sola, senza alcuna speranza si era abbandonata all'oblio.

Ed io cos'ho fatto?

Cos'ho mai pensato in quei momenti?

Aisha.

Un nome, una visione alla quale poter aggrapparmi, piangere, imprecare o chiedere semplicemente aiuto.

Ho paura, terrore per quel che sono o potrei diventare.

Saliamo in macchina, il tragitto verso casa è avvolto dal silenzio più totale.

Chiudo gli occhi e rivedo quell'immagine, la stessa di sempre; un auto, una sagoma nel buio, una macchia purpurea e........qualcos'altro.

Trasalisco, mentre mio padre per un fiato non esce dalla carreggiata.

<Ma sei impazzito?> esclama visibilmente irritato.

<Scusa, ho avuto un incubo>.

<Capisco, non dev'essere facile>.

<Che cosa?>

<La storia del vecchio e.......>

<Della mamma>.

<Si quella cosa lì>.

<Beh, almeno adesso mi parli>.

<Non ho mai smesso di farlo>.

<Per essere precisi l'unica cosa che hai continuato a fare per tutto questo tempo è trattarmi come un giocattolo rotto>.

Si azzittì, come se le parole fossero volate via, trasportate dal vento il più lontano possibile.

<So che mi odi e lo capisco, credimi, ma le cose stanno migliorando>.

<La colpa è mia; non sono stato un buon padre e nemmeno un marito degno di essere chiamato tale>.

<Sei quello che sei>.

Mi morsi la lingua, conscio della stronzata appena pronunciata.

<Tua madre non ritornerà>.

<Non è detto>.

<Invece è così e faresti meglio a metterti l'anima in pace>.

Fu in quel preciso istante, contro ogni logica, che la vidi scendere, cristallina, pura come i sentimenti di un uomo spezzato dal dolore.
Per la prima volta da quando avevo aperto gli occhi alla vita vidi mio padre in lacrime.


GIONATADove le storie prendono vita. Scoprilo ora