30° Cercando altrove

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Ho trovato una fotografia, ben nascosta in fondo ad un cassetto.

Sgualcita dal tempo, ritraeva in primo piano un'esile creatura dagli occhi vivaci, le labbra inarcate in una sorta di broncio cinematografico, piccole mani paffute raccolte in pugni chiusi, semplicemente per accentuare il farsesco moto di protesta.

È la  mia immagine impressa su una superficie fotosensibile, un ricordo figlio di tempi migliori, di abbracci, sorrisi e beata ignoranza.

Settembre è alle porte, la scuola attende il ritorno di alunni, insegnanti e inservienti, del vociare sconnesso fra aule annoiate, di giudizi più o meno sommari, amicizie, gelosie e quant'altro una giovane mente possa partorire.

E poi ci sarebbe lei, che dal suo ritorno si è chiusa in una sorta di clausura atta ad allontanare qualsiasi essere vivente.

L'ho cercata, via etere e di persona, ma tutto è stato inutile; risposte nulle o rifiuti scanditi dalla voce di una madre falsamente premurosa.

Quindi è arrivato anche il silenzio di Luca, i radi messaggi WhatsApp che adducevano ad una sorta di problema personale imputabile al nulla cosmico.

E mia madre, sempre rinchiusa fra quattro anonime mura, disconnessa alla vita, vuota nelle parole, avara di emozioni, come una marionetta attaccata a fili invisibili.

Vorrei e potrei parlare di mio padre, ma a cosa servirebbe?

Se ne sta lì, seduto per la maggior parte del tempo sulla poltrona, ad osservare futili immagini riflesse da uno schermo piatto.

Comprendo il suo stato emotivo ma stento ad accettarlo, da figlio il cui unico desiderio è riposto in un misero e semplice gesto d'affetto.
Eppure il tempo dovrebbe lenire il dolore, curare ferite e riallacciare rapporti ormai consunti...ma non è questo il caso.
Infine sono tornato al punto di partenza, smarrito ogni certezza e cercato appoggio nell'unica persona che avevo promesso di non cercare.
Ho varcato la soglia di quello studio ancora una volta, chiuso gli occhi soggiogato dalle sue magiche parole ed infine raccontato ogni recondito segreto...tutti tranne uno.
<Sei cambiato> esclamò Andrea Rigoni mentre osservava distrattamente il soffitto.
L' osservai senza fiatare, cercando di capire il senso di quelle parole.
<Hai un'aria più matura e francamente anche il misero ricordo che tanto ti tormenta sembra quasi una scusante>.
<Per cosa?>
<Per non andare avanti>.
<Non è vero!>
<Dici?>
Chinai la testa contemplando il suolo.
In realtà non avevo una risposta valida e probabilmente le parole del dottore corrispondevano al vero.
Lasciai lo studio, vuoto nell'animo, spossato nel fisico e consapevole che i mesi a venire sarebbero stati un inferno.














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