Sulle spalle il peso dei pochi anni vissuti in questo mondo, negli occhi il suo esile corpo rivolto al vuoto.
Le dovrei una spiegazione, lo so, ma come faccio a dirle che sono io la causa di tutti i suoi mali ?Il vento si alza improvvisamente , increspando ulteriormente le acque furiose della cascata; una lunga corsa verticale divide i nostri corpi dal nulla.
La osservo per un ultimo istante, prima di seguire l'ordinata comitiva verso la salvezza.
Ore 7.30
<Ciao> esclama lei, sorridente come non la vedevo da tempo.
Accenno ad un timido saluto, poi, con fare incerto salgo sul pulmino che ci condurrà verso l'ultimo viaggio prima dell'agognato diploma.
Mi metto a sedere in fondo, vicino al finestrino.
Lei mi segue con lo sguardo, avanza, incerta sul da farsi.
Si accomoda un paio di posti più in là, nascosta quanto basta per non farsi notare da sguardi indiscreti.
Non posso fare a meno di pensare che stia volutamente cercando di evitarmi.
Lascio cadere ogni futile pensiero, godendo il panorama che nel frattempo si staglia alla mia vista.
Tutto scorre, veloce, come le pagine di un libro letto voracemente.
Godo dell'istante, accetto il principio di ogni cosa, ma spesso non riesco a coglierne l'essenza.
Il prof di matematica, in modo quasi metodico e maniacale si alza ogni dieci minuti per controllare che sia tutto in ordine.
<I numeri scandiscono ogni cosa, dal tempo che passa, sino alle più banali decisioni> affermava spesso e volentieri durante i suoi famosi soliloqui.
E forse non aveva poi tutti i torti.
Ore, minuti e secondi ci dividono da decisioni che possono cambiare radicalmente le nostre vite.
Fermarsi un attimo in più a ragionare può portarci a prendere le giuste decisioni; allo stesso modo cogliere l'attimo potrebbe fare la differenza in qualsiasi occasione.
Abbandono ogni tipo di riflessione, non appena avverto il rumore del pulmino che rallenta e un attimo dopo si ferma.
Siamo giunti a destinazione.
Scendiamo ordinatamente, lei è un paio di passi avanti, parla cordialmente con chiunque voglia scambiare anche solo una semplice parola.
È perfetta nel suo essere normale e questo mi tormenta ulteriormente.
Il percorso da seguire è segnalato da svariati cartelli.
Tutto è ordinato e pulito, nel pieno rispetto di quella natura sin troppo maltrattata.
Lo sto facendo ancora, distolgo il pensiero dalla realtà, pur sapendo che non serve a nulla.
Mi lascio scivolare in fondo alla fila, mentre saliamo una serie infinita di scalini che costeggiano silenziosamente un gruppo di cascate, l'una più alta e fragorosa dell'altra.
Il nostro obbiettivo è posto a circa quindici minuti di marcia; lo afferma un cartello piuttosto esplicativo.
Mi fermo un attimo, lasciando che l'ordinato serpentone avanzi senza sosta.
Annuso l'aria, ascolto lo scrosciare forsennato delle acque e quasi non mi accorgo che lei è lì, ad un passo dalle mie labbra.
Il suo bacio è tutto quello che basta, perché ogni singolo tentennamento venga meno.
Devo dirglielo.
<Aisha io...>
<Sssss> esclama lei, prima che le nostre labbra si congiungano nuovamente.
Forse è destino, o più probabilmente semplice e fottuta paura.
Non ne ho idea ma per un fuggevole, insignificante istante mi sento in pace, quasi...a casa.<Ehi voi due, smettetela con le smancerie e ricongiungetevi con il resto della classe> esclama il prof con tempismo quantomai fuori luogo.
Obbediamo e un attimo dopo ci ritroviamo nuovamente in fila, silenziosi, come due perfetti sconosciuti.
Arriviamo a destinazione, un lungo ponte congiunge le due rive opposte del fiume, affacciandosi direttamente su una voragine all'apparenza senza fine.
La nostra guida ci esorta ad osservare il panorama con le dovute cautele, evitando di sporgerci pericolosamente dal parapetto.
Lo spettacolo è meraviglioso, da lasciare senza fiato.
La potenza del fiume che scorre, nonostante tutto, mentre la fitta vegetazione ai fianchi sembra accompagnarlo nel suo incedere, come un amico fedele.
E poi le case, la città così piccola ed insignificante di fronte alla forza della natura.
<E' magnifico; vero?>
<Sì> le rispondo senza distogliere lo sguardo.
<Era questo il suo mondo>.
<Parli di tuo fratello?>
<Sì>.
<A tal proposito devo dirti una cosa>.
<Non è morto per una malattia>.
Mi ritrovo ad osservare il suo candido viso, rigato da calde lacrime e non proferisco parola.
<E' stato ucciso; adesso lo so>.
Ore 11.30
Lei è lì, sporta oltre quel limite invalicabile.
Sta per andarsene, inghiottita dalle fredde acque del fiume.
Non voglio, perché ho bisogno di lei.
Afferro il suo corpo proteso verso il vuoto, inchiodando le ginocchia al parapetto.
La trascino in salvo, mentre il prof accorre trafelato in nostro aiuto.
<Oh mio Dio cosa diavolo state facendo ?> esclama con il cuore in gola.
<Mi scusi professore, è stata tutta colpa mia> rispondo, conscio che fondamentalmente sto dicendo un'implicita verità.
Vorrei che tutto questo fosse solo un terribile scherzo del destino.
Poi la osservo e l'unica cosa che riesco a scorgere è un gelido guscio vuoto.
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GIONATA
RomansaGionata è un ragazzo come tanti altri,va a scuola,si diverte con gli amici e fa sport. Tutto normale tranne che per una cosa. Ad ogni risveglio il ragazzo dimentica ogni persona questo fino a che.....