24° Piccoli segreti nascosti

31 4 0
                                    

Paolo Lume inspirò profondamente, chiuse gli occhi e provò a diradare ogni oscuro pensiero dalla mente.

Era stanco, molto più del solito, i pensieri notturni lo avevano tenuto sveglio, lasciando al riposo solo qualche debole ora.

Aisha sarebbe arrivata a breve, con il suo carico di rancori mai sopiti e risposte altrettanto disattese.

Era lui, con il suo comportamento la causa di ogni male, dolore o semplice perplessità che aveva prima invaso, poi sgretolato e infine distrutto la loro piccola isola felice.

Un carico troppo pesante da portare sulle sue oramai stanche spalle.

Eppure lo aveva fatto, si era sacrificato per quella famiglia, un tempo unico rimedio al costante ma inesorabile disfacimento mentale, figlio di geni maligni, eredità profetica di una follia inevitabile.

Ora che tutto era scomparso gli rimaneva solo un cassetto pieno zeppo di medicine, le cosiddette caramelle, ultimo appiglio ad un esile normalità.

Si affacciò alla grande portafinestra che volgeva direttamente sul giardino, osservò le pansè in fiore, cogliendo distintamente ogni sfumatura di colore, dal blu notte, al viola vivido, fino ad arrivare al bianco candido.

Fra le foglie di lavanda le api e i bombi volteggiavano allegramente, mentre le ortensie si preparavano timidamente a sbocciare.

Paolo sorrise al nugolo di calle che costeggiavano il lungo viale in  ciottolato e fu in quel preciso istante, volgendo lo sguardo verso il portoncino d'ingresso che poté vederla nitidamente, cresciuta, perché è questo che fanno i figli, soprattutto quando il loro tempo non corrisponde più a quello dei genitori.

E così era stato anche per lui, costretto dalla vita scelta e da un destino beffardo a perdere parte dell'adolescenza di Aisha, chiuso in duecento metri quadrati di nulla cosmico, privato di ogni affetto, solo con un dolore che lo avrebbe condotto all'inevitabile fine.

Uscì nel porticato, lei era lì, a due passi e distante anni luce da quel luogo; lo percepiva, ora più che mai.

<Ciao tesoro>.

<Ciao papà>.

<Almeno adesso non mi chiami Paolo>.

<Le cose cambiano>.

<E' un bene>.

<Ne sei certo?> Aisha entrò in casa lasciando il padre solo con i suoi pensieri.

 L'interno della villetta era grande, troppo per una sola persona, ingombro di quadri e oggetti d'arte di ogni tipo, atti solamente a riempire vuoti e troppi silenzi.

<Ma ci vivi in questa casa?> esclamò caustica.

<A volte> rispose Paolo dopo l'attimo di smarrimento.

<Immagino che la mia camera sia al piano di sopra>.

<Immagini bene>.

Salì le scale, ritrovandosi in uno stretto corridoio che attraversò celermente, fino a giungere ad una porta vagamente anonima.

Entrò, la stanza era un misto di sobrietà e riferimenti ad una cultura pop oramai dimentica, fatta di vecchi poster e vinili dalle copertine sgualcite.

Notò due letti, divisi da un comodino, sopra il quale campeggiava un abat-jour raffigurante una tipica cabina telefonica londinese; sorrise, era la sua stanza, anzi la loro stanza.

Lasciò la valigia sul pavimento e scese nuovamente al pianterreno, dove ritrovò il padre ad attenderla in salotto.

<Ti va di guardare l'album di famiglia?>.

GIONATADove le storie prendono vita. Scoprilo ora