GIONATA

8° Mia madre

Torno a casa verso le sette e ritrovo mio padre seduto sul divano, intento a guardare distrattamente un vecchio film western.

Non mi degna di uno sguardo, anche se sa perfettamente che gli sto passando dietro la schiena per andare in cucina.

La luce è accesa, sopra la tavola c'è un piatto e un cucchiaio adagiato sopra a un tovagliolo.

In mezzo campeggia una pentola dalla quale fuoriesce uno sbuffo di vapore.

Mi seggo, alzo il coperchio e trovo ad attendermi della minestra calda.

Mangio per quel che riesco, poi con tutta calma sposto le stoviglie sul lavandino e mi dirigo in camera.

Prima di salire le scale lancio un'occhiata al divano.

Sta dormendo, come se nulla fosse.

Provo un leggero morso allo stomaco nel vederlo così, come se tutta questa storia fosse anche colpa sua.

Salgo al piano di sopra, stando attento a non fare rumore.

Apro la porta della mia camera ma mi fermo sull'uscio.

Un gemito, lo sento, anche se impercettibilmente.

Proviene dalla stanza in fondo al corridoio.

Non vorrei ma il mio corpo spinge perché vada a vedere.

Percorro quel breve tratto come un condannato a morte che sta andando al patibolo.

Probabilmente so di cosa si tratta ma vorrei evitare ogni coinvolgimento emotivo....almeno per stasera.

Busso, sperando che lei non risponda.

Invece la sento, bisbigliare un timido <sei tu?>

<Sì, sono io>.

<Sto bene, non serve che ti preoccupi>.

<Anche se non lo facessi cambierebbe qualcosa?>

<No, almeno non per ora>.

<Pensi che non tornerò più quello di una volta?>

<Ho smesso di farmi domande.....forse da troppo tempo>.

Adesso è vicina, appoggiata alla porta, nonostante continui a bisbigliare.

<E allora perché stai piangendo?> 

<Forse perché tu non meriti questa vita>.

<E tu la meriti?>

Non risponde.

Capisco che la conversazione è finita perché sento il leggero fruscio delle coperte che si muovono e il click della luce che si spegne.

Sospiro.

Faccio schifo ma in questo momento mi sento molto più sollevato.