34 - The Boxer

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"a pocket full of mumbles,
such are promises, all lies and jests
still a man hears what he wants to hear,
and disregards the rest".

"È giusto, vero?" domandò esausta, sconsolata. Sbuffò, quando scossi la testa impercettibilmente.
Mi dispiaceva dirle di no, già si vedeva che era una giornataccia.
Chiuse il libro di chimica, gettandolo lontano da sé, e si passò una mano sul viso.

"Ehi, che hai?". Mi spostai di fronte a lei, con le gambe incrociate, e le presi le mani. Liv mi guardò negli occhi per qualche secondo, prima di piegare la schiena e appoggiare la fronte sul mio  ginocchio.

"Questa mattina mi ha accompagnata mia mamma, a scuola. Alle 7:43 mi dice con tutta la calma del mondo che non vuole che vada a xFactor, che lei e mio padre non sono affatto contenti della lettera che mi hanno inviato a casa, e che non le piaci. È stata assente per diciannove anni, non s'è mai interessata al suo errore di figlia, e ora, ora viene a rompere le scatole". Mi ripromisi di ascoltarla parlare, e non lasciarmi prendere dallo sconforto dovuto alla disapprovazione della madre.
"Dovrebbero conoscermi, ormai. Se fossero dei bravi genitori dovrebbero conoscermi. Dovrebbero sapere che odio le persone che pensano di sapere tutto di te, ma in realtà non sanno niente. Dovrebbero sapere che odio le persone che ti rinfacciano sempre le stesse cose. Dovrebbero sapere che odio questi comportamenti ipocriti, falsi, finti. Non si sono mai interessati  a niente della mia vita. E adesso si svegliano fuori. Dio, che nervoso".
Parlava con la bocca stretta, serrata dalla rabbia del momento.
"Li odio. Genn, li odio sul serio".
Intrecciai una mano alla sua, e la portai alla mia bocca.
"Sanno che non li ascolterò comunque, ma non perdono mai un'occasione per farmi sentire ancora peggio. Mia madre stava per rinfacciarmi Jack. Stava per usare mio fratello contro di me, senza alcuno scrupolo. A volte vorrei proprio-Genn, che fai? Ma mi stai ascoltando?" domandò, quasi infuriata, quando mi vide scrivere un messaggio.

"Prendi le tue cose, andiamo da Alex".

[Prove anticipate, amico] scrissi, mentre Liv parlava.
La sua risposta arrivò subito dopo.

[BUG:
Buona, quando?]

[Ora, arriviamo tra cinque minuti].
Presi Liv per mano, mentre scendevamo le scale.

"Am, noi andiamo. Torno tra un po'" avvertii Amelia, che stava studiando in cucina.

"Vedi di non sparire. Ti aspettiamo per cena. Ciao Liv". Alzò lo sguardo verso noi due, e Liv la salutò con un cenno della mano.
Intanto, sentii che Alex mi aveva riposto.

[BUG:
Sempre detto che sei una testa di cazzo. Sono pronto in sei minuti].

Sbuffai una risata, mentre allacciai la cintura della macchina.

"Puoi dirmi cosa andiamo a fare a casa di Alex?" domandò, irritata.
Mi sporsi verso di lei, lottando contro la cintura che mi tratteneva al mio posto.

"Andiamo a provare. E anche tu canti, così sentiamo come vai".
Liv si girò verso di me, sorpresa.

"E perché proprio ora?"

"Così lasci andare quell'espressione corrucciata che porti da questa mattina".
Mi rivolse un sorriso timido, prima che si sporgesse in avanti per baciarmi.
"Bene, andiamo".

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"Non ci credo, avrò l'onore di ascoltare Lavinia Wazikowska cantare per me a pochi metri di distanza!" esclamò Alex, imitando alla perfezione il tono di una ragazzina in iperventilazione.
Liv gli sorrise nervosa, mentre io gli tiravo leggere sberle sul braccio, facendolo ridere.
"Dài, Liv, allora. Che hai intenzione di cantare all'audizione?" domandò Alex, curioso.

"The Boxer, di S-"

"SIMON AND GARFUNKEL, non ci credo" gridò Alex, sorpreso, in preda all'euforismo.

"Alex, ti prego, calmati" borbottai, rimettendolo seduto sul divano malandato nel suo garage.

"Canterai davvero Simon e Garfunkel?" domandò ancora, con gli occhi brillanti. Lei annuì, confusa. "Ti adoro, dziewczyna". (= ragazza)
Mi girai di scatto verso Alex, incredulo.
Liv si allontanò dallo sgabello dov'era seduta, per schiacciare il cinque ad Alex.
Lui intanto sorrideva soddisfatto.

Liv mi fece un cenno con la testa dopo qualche secondo, così feci partire la base con la chitarra. La guardai guardare per terra, con quel sorriso timido che mi faceva impazzire, prima di cominciare a cantare, con una voce così impastata e calda da farmi rabbrividire, ancora.
Trascinava le parole, le legava a quelle dopo, al verso successivo, sembravano non finire mai, mentre teneva il tempo con una mano, battendola ripetutamente sulla gamba.

Questo era quello che doveva fare, non studiare, non lavorare come barista.
Doveva cantare, perché da come muoveva la bocca, da come l'intonazione le usciva naturale, da come si isolava nella musica, si capiva che lei c'era nata per quel ruolo.

Buttai un secondo lo sguardo verso Alex, che la fissava a bocca aperta. Gli occhi leggermente sgranati, un'espressione di stupore bloccata sulla sua faccia, e un'immobilità che mi fece ridacchiare.
Gli girai una gomitata, e sussurrai al suo orecchio un "Te lo saresti mai immaginato?"

"Mai. È una bomba, oddio" rispose, incredulo.

L'avevo sentita cantare tante volte, ma mai la sentii così precisa, sincera, e penetrantre. Mi perforava il cervello, con quella sua voce così diversa da tutte le altre volte.
Liv finì di cantare, e sia io che Alex non dicemmo niente.
Io non ce la facevo, ero bloccato. Alex la fissava e basta, incredulo. L'espressione di Liv cambiò dopo qualche secondo, demoralizzata dal nostro silenzio.

"D-dovrei rifiutare? Forse mia mamma ha ragione, io n-"

"Ma questa è fumata" se ne uscì Alex, facendomi scoppiare a ridere.


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nota: oggi va male quindi mi dileguo
Ciao raga'
Ro

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