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Il fiato caldo di Liv sulla guancia mi fece scorrere un brivido lungo la schiena, giù fino al ventre.
Stavamo distesi sul divano del loft, la sera, dopo il penultimo live.
Tutti gli inediti aveva riscosso un successo pazzesco, anche quello di Liv, che di inedito ormai non aveva niente. Rifece la canzone, in versione acustica, chiedendo a tutti di stare in silenzio fino alla fine della canzone. Aveva una voce delicata, sottile, e accompagnata solo dalla chitarra era una delle cose più belle che avessi mai sentito. Alla fine della serata, Liv scoppiò a piangere, quando i Moseek furono eliminati. Appena uscirono dal palco, Elisa e Davide andarono ad abbracciarla. Poi salutò anche Fabio, e per tutto il tragitto verso il loft rimase in silenzio, con la testa bassa e le mani occupate a torturare la cerniera della mia felpa.

Ora, però, ero riuscito a farla ridere. Rideva contro la mia guancia, il naso che sfiorava la tempia, e le labbra a soli pochi centimetri dalla mia pelle. Strinsi la presa sulla sua mano, che stava proprio accanto al mio cuore. Le gambe attorcigliate, il suo busto accollato al mio, e il suo viso a così poca distanza rendevano quella situazione piacevole, e allo stesso tempo un inferno.
Respirava profondamente, mentre con la mano libera arricciava le punte più corte dei miei capelli.

Sorrisi, e strinsi di più il suo corpo fra le mie braccia.
Era strano, ora, vederla così. Solo due ore prima stava cantando sul palco una canzone commerciale, forse la scelta migliore che Skin avesse fatto per lei.
Here, Alessia Cara. Cantava quella canzone con facilità, anche se di facile non aveva niente. Si muoveva a tempo, provocando varie volte un applauso dal pubblico, o i complimenti da Fedez.
Sembrava così sicura sul palco, con quei suoi vestiti normali, le sue Vans nere, usurate, e i capelli raccolti in una treccia laterale, che le arrivava appena poco la clavicola. La mia camicia bianca le scivolava sulla spalla sinistra, lasciando intravedere il tatuaggio sull'osso, e le arrivava fino a metà coscia. Aveva anche gli occhiali, perché a pochi minuti dall'inizio dell'esibizione sentiva gli occhi bruciare. Aveva tenuto le lenti per tutto il giorno, essendoci dimenticata di togliere per un po'.

Sembrava così sicura, mentre ora è più fragile di un calice di cristallo.

"Genn" mi richiamò, con un sussurro.

"Mh?"

"A cosa pensi?" domandò, mentre mi accarezzava la pelle del collo con le unghie, troppo delicatamente.

"Pensavo a prima. Alla velocità di come sta andando tutto questo, e alla velocità con cui tu cambi". Le sue dita si fermarono, appoggiate al collo. "Due ore fa sembravi persino più sicura di Shorty. Ora sei più fragile di Am". Sentii il suo respiro farsi sottile, sfiorava la mia guancia con delicatezza. "E non riesco a capire, perché forse sono solo io che mi faccio paranoie insulse, o forse è davvero così. Da un anno, ormai, cerco di capire perché cambi così tanto in così poco, ma non riesco ad arrivarci. E questo mi dà sui nervi. E-".
Mi zittii all'istante, quando sentii Alex sussurrare "Sada, staje zitt'". Sbuffai, mentre Liv ridacchiò sommessamente. Mi stampò un veloce bacio sulla bocca, ma nel momento in cui si allontanò, riavvicinai il suo viso al mio, e quel bacio prima rapido, istantaneo, divenne più lungo.

Era da tanto, da quando eravamo nel loft, che non mi dava uno di quei baci lenti, infiniti.
Dalle scale sentimmo Shorty battere le mani soddisfatto, mentre Giò parlava con Alex.

"Siete una banda di malati mentali" commentò Liv, sistemandosi meglio sul divano. Rivolse lo sguardo verso i tre sulle scale, mentre teneva una mano stretta alla mia.
Giò rise, e Alex scese le scale, buttandosi sul divano, accanto a Liv.

"Scusate, ma siamo arrivati alla finale, e voi volete passare la serata così?" domandò retorico Shorty, che nel frattempo si sedette accanto a me.

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La mattina dopo, mi svegliai quando sentii un tonfo, e un lamento soffocato. Aprii gli occhi, con un mal di collo paralizzante, e mi guardai intorno. Giò e Shorty avevano un'espressione confusa, mentre Alex stava disteso a terra, con un polpaccio stretto fra le mani.

"Alè, sòreta" imprecò Liv sotto voce, con gli occhi strizzati. "'affancù".
Io stavo disteso su uno dei due lati del divano, Shorty lungo l'altro, con la testa appoggiata sul mio sedere. Giò stava seduto per terra, con la schiena appoggiata al divano, e la testa abbandonata sul cuscino della penisola del divano. Liv era distesa per terra, con la testa in correspondenza alla mia, ma seguiva la direzione di Shorty. Alex stava tra Liv e Giò.

"No ma tranquillo, Gennà, sono solo caduto sulla tua ragazza e mi sono fatto un taglio sulla gamba. Stai pure là disteso". Guardai Alex, poi Liv.

"Ti sei fatta male, Liv?". Lei, Giò e Shorty scoppiarono a ridere, mentre Alex
sbuffò divertito, mentre cercava di non ridere.
"Andiamo, Alè. Solo per oggi sarò la tua infermierina personale" aggiunsi, prima di alzarmi e aiutare Alex, per poi andare in bagno.

Tornammo in cucina dopo quindici minuti, in cui Alex non fece altrò che lamentarsi per il bruciore al taglietto, e cadere un'altra volta, dato il suo equilibrio instabile. "La prossima volta, ricordami di non lasciarti fare da infermiera" aveva detto, scocciato.

Giò e Liv stavano seduti al tavolo, mentre Shorty portava due tazzine di caffè sul bancone. Giò scoppiò a ridere, e Shorty gridò "Tu ci prendi in giro" nel momento in cui entrammo.

"Ragazzi ve lo giuro. Nemmeno io ho mai mollato un urlo del genere quando mi hann-". Dopo un'occhiata di Giò, lei si girò tranquillamente verso di me, sorridente. La guardai con un sopracciglio alzato, incuriosito dal discorso che interruppe quando mi vide.

"Di che parlavi?" domandai, rubandole la tazzina dalle dita.

"Di niente, Giò voleva sapere un po' di cose" rispose, con una scrollata di spalle, prima di prendere il suo caffè dalla mia mano. "Mai rubarmi il caffè" sussurrò prima di berlo.

Sorrisi, e subito ripensai alla sera prima. Ci eravamo addormentati solo quarantacinque minuti prima, dopo una notte passata a suonare, cantare e ascoltare musica. Niente alcol, niente fumo, niente luci stroboscopiche. Cose ordinarie, da quando eravamo nel loft. Ma la semplicità di quella serata era quello che la rese così bella. Giò o Alex che suonavano, io che facevo le parti gravi nelle canzoni, Shorty la parte principale e Liv i cori acuti. Poi, Shorty e Giò che costrinsero Liv a ballare qualsiasi canzone volevano.

Sbattei le palpebre, e notai Liv che mi guardava confusa, con un mezzo sorriso sulle labbra.

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nota:
NON SAPETE CHE DIFFICILE SCRIVERE STA ROBA, E INDOVINATE?
NON MI PIACE PER NIENTE.
penso che farò finire la storia il prossimo capitolo, bah.
ciao,
Ro.

Living.  //butchDove le storie prendono vita. Scoprilo ora