speciale 8(/9)k

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Tutti passavano e mi sorridevano contenti. Alex, amici di famiglia che non mi ricordavo esistessero, amici di Liv, mia mamma. Uscivano dal ristorante il giorno del nostro matrimonio, e io stavo aspettando che tutti si spostassero dalla sala della cena alla spiaggia, dove c'era una pista da ballo. Mentre passavano mi dicevano che la cerimonia era bellissima, il posto era stupendo, la giornata era perfetta, e io sorridevo, ma ogni volta pensavo che l'unica cosa bella era Liv, come sempre.
L'ultimo ospite si avvicinò alla passerella di legno che conduceva alla sabbia, e mi sorrise prima di imboccare il percorso illuminato da una serie di lumini e lanterne appoggiate accanto al legno.
Stavo per raggiungere tutti gli ospiti, quando sentii dalla sala del ristorante un rumore di passi, delicati e controllati. Mi aspettavo di vedere Ludovica, oppure Margherita, ma quando vidi un vestito bianco ondeggiare da dentro la cucina, non feci altro che sorridere. Osservai tutta la figura di Liv, fasciata da quell'abito bianco così spaventosamente semplice e bellissimo. Percorreva la sala con calma, per evitare di cadere con quelle scarpe ai piedi, che teneva da più di quattro ore. Quando arrivai al suo viso, contornato da una treccia e da una piccola ghirlanda di fiori, lei mi guardava, e arrossì un po' quando osservai i suoi occhi. Abbassò lo sguardo, mentre camminava tra gli ultimi tavoli. Le porsi una mano appena prima che mi fosse accanto, che prese subito e la strinse con forza per evitare di perdere l'equilibrio.
Ridacchiò nervosa, senza guardarmi.
"Liv?"
"Non penso mi abituerò mai". Si aggrappò con delicatezza al mio braccio, mentre cominciammo a camminare verso il lido.
"A cosa?"
"Ai tacchi-" scoppiai a ridere, per la prontezza e l'odio con cui rispose alla mia domanda "-ai vestiti lunghi e ai tuoi occhi". Strinsi la sua mano, e quando sfiorai la fede luccicante che le infilai prima nella mano sinistra, un piccolo brivido mi percorse la schiena, mentre la consapevolezza del fatto che ora Liv era mia moglie si espandeva dalla mente fino al cuore.
"Come io non mi abituerò mai ai tuoi ti amo, ma allo stesso tempo non voglio che tu smetta di dirmelo. Quindi penso siamo pari, no?". Girai il viso verso il suo, che grazie a tacchi era più o meno al mio livello. Mi guardava con un sorriso sulle labbra, un'espressione quasi imbambolata, libera.
"Strano paradosso, vero? Forse è per questo che dicono che anche amando si è artisti-" stavo per chiederle cosa questo volesse dire, ma mi precedette, come se già sapesse cosa stessi per chiederle, "-Il poeta basa la sua poesia sul paradosso, il fatto che ama una ragazza che non lo bada, che lo fa star male, ma lui stesso non vuole che smetta, perché la magia svanirebbe". Fece una piccola pausa, prima di continuare questo discorso che mi sorprese come solo poche volte fece in precedenza. "L'amore stesso che descrive il poeta è un paradosso. L'amore sembra l'interpretazione della Luce, del volere divino, della Natura, ma l'amore non può essere paragonato a tutte le cose che abbiamo, no? L'amore, quello vero-" strinse leggermente la mia mano, facendomi scuotere la spina dorsale da un brivido che partì dal  cuore "-non può essere visto negli aspetti, seppur magnifici, più comuni nella vita dell'uomo, e sminuirlo è uno dei reati più grandi".
Stavamo per arrivare ai due gradini che separavano la passerella dalla spiaggia, quando mi fermai in mezzo alle tavole di legno, bloccando anche la dolorosa camminata di Liv. Lei si girò confusa, ma prima che potesse dire o fare qualcosa, la baciai, senza aggiungere niente. Le parole avrebbero solo sminuito il momento, l'amore che ormai sentivo dentro da anni, e, come aveva detto lei, io non volevo ritenermi un criminale.
Tutto all'inizio sembrò surreale, come se fossimo in un altro mondo, ma quanto sentimmo Giò, Shorty e Alex cominciare a gridare, battere le mani e fischiare, Liv sorrise come ad essere ritornati al nostro posto.
Le sue dita mi accarezzarono delicatamente le guance, quando si allontanò di poco dalle mie labbra.
"L'hai fatto apposta?". Scossi la testa, con ancora un'immensa voglia di baciarla di nuovo. "Penso che la Baell sia appena morta d'infarto". Spostò gli occhi sui ragazzi, che ci guardavano sognanti con dei sorrisoni inquietanti.
Tutti gli invitati si zittirono in qualche secondo, e tutti guardavano noi, in attesa che facessimo qualcosa. Facevo correre gli occhi attraverso ogni persona, fino a quando
"Beh, let's get this party started" annunciò Liv, dopo essersi tolta le scarpe. Tutti i ragazzi applaudirono, e sentii Giò gridare
"Fai vedere a tuo marito come si fa festa". Lei scoppiò a ridere, e dopo aver preso la parte finale del vestito tra le mani, per evitare di inciamparci mentre camminava, andò di corsa da Luz, la prese per mano e la portò sulla pista da ballo, che era appena stata illuminata. Si riempì in fretta, e la musica non tardò a partire.

Non so per quanto tempo rimasi lì a guardarle ballare, Liv con movimenti precisi a tempo, come al solito, e Luz accanto a lei, che muoveva le mani in alto, saltava, tentava di imitare Lavinia. Non so quante canzoni passarono, e quante volte Liv rideva, con Luz, con Margherita, Tamara, Elisa o Carola.

Tutto quello che sapevo era che non mi sarei mai stancato di quello che Lavinia era, diceva e faceva. Ogni cosa, ogni parola, ogni movimento definiscono la persona che era, e il disegno che ne stava venendo fuori era infinitamente più complicato di Guernica.
Ma in tutto quel casino, c'è gente che vede dell'arte, e c'è gente che vede solo un casino.

E io vedevo il quadro più bello di tutti.

nota:
TADAAAAN, sono ancora viva, e la storia la cago ancora.
i numeri stanno crescendo sempre di più, e giuro che sono stupefatta, perché questa storia non mi piace per niente.
ma okay, ho deciso che a ogni 1k di visualizzazioni faccio una specie di speciale (che gioco di parole, wooo) e quindi alla prossima.

ro.

Living.  //butchDove le storie prendono vita. Scoprilo ora