10

291 25 3
                                    

"Tanto che ho da perdere?„ mi chiesi, mentre appoggiavo la custodia della chitarra per terra, a Hyde Park.

Londra era un sogno. L'appartamento che ci avevano dato era grandissimo, e in una zona abbastanza centrale. Liv era il ritratto della felicità, quando ci dissero che era tutto offerto dalla Nevs Models.

Senza dirle niente, pensai che fosse ora che guadagnassi anche io qualcosa, per tutto il tempo a Córdoba non feci praticamente niente.
Così tirai fuori la chitarra, e mi sedetti a terra, sopra la custodia rigida.
Appoggiai appena davanti a me il capello nero rivolto verso l'alto, nella speranza che qualcuno si fermasse ad ascoltarmi, e magari gettasse qualche banconota.

Così cominciai a suonare la prima canzone che mi venne in mente, Wake me up when September Ends.
La gente che passava mi fissava per qualche secondo, senza smettere di camminare, mentre io suonavo e cantavi guardando un punto indefinito del terreno.
Un piccolo gruppo di persone si fermò davanti a me, e vidi una ragazza mimare con le labbra il testo della canzone. Le sorrisi, prima che lei si avvicinasse a me e lasciasse qualcosa nel cappello.
Subito dopo, altri due ragazzi la seguirono, lasciano qualche moneta e alcune banconote rosa.

Rimasero fino a quando non finii la canzone. Applaudirono, e quasi mi sentii in imbarazzo davanti a quella gente. Ma subito tutto sparì, lasciando spazio alla soddisfazione.

Così passai il pomeriggio là al parco, a suonare, ricevere applausi e guadagnare qualcosa, fino a quando non sentii il cellulare vibrarmi in tasca.

Nan.

"Liv?"
"Genn, dove sei? Sono a casa ma tu non ci sei"
"Sto al parco, ora torno"
"Velocemente, questo appartamento è troppo silenzioso"
"Poi mi spieghi però perché hai voluto che ti salvassi Nan, però"
"Solo se mi suoni qualcosa"
"Sei una sporca ricattatrice"
"Lo prendo un sì. Spicciati". Sorrisi, mentre chiudevo la telefono, e mi chinai davanti al cappello.
50 sterline e qualche penny.

"Niente male.„ pensai soddisfatto, gettando tutto nella custodia della chitarra.
Infilai il cappello, dopo aver preso la custodia in mano, e mi diressi verso casa.

___
Mi sporsi a prendere il bicchiere di vino che Liv aveva appoggiato sul tavolino davanti al divano, con la chitarra sulle gambe e il plettro stretto tra i denti.

"Cosa vuoi che ti suoni?" domandai, leggermente agitato.
Cantare da solo, davanti a Liv, non mi metteva propriamente a mio agio. Era meglio quando davanti a me avevo gente che non avevo mai visto, e che probabilmente non avrei mai più rivisto.
Ma stava davanti a me, con lo sguardo fisso sulla chitarra e le gambe incrociate.

"Mh, Babel?"

"Che?". Non avevo mai sentito quella canzone, e nei suoi occhi calò un velo di delusione.

"Mumford and Sons?" domandò, retorica. Scossi la testa, mentre lei borbottò un "Ah, è vero che non li conosci" consapevole.
"Beh, quindi... Bubblegum?".
Alzai gli occhi sorpreso.
Mystery Jets, non pensavo li conoscesse.

"Quella dei Mystery Jets?". Lei annuì animatamente, con un sorriso flebile sulle labbra.
Era così diversa, quei giorni, dall'ultima sera a Córdoba. Quasi sembrava un'altra persona. Mi chiesi perché ultimamente era così triste, quasi come quando la incrociavo a scuola.
Aveva sempre gli occhi persi, e le labbra incurvate in una smorfia triste.

Scossi la testa, liberandola da quella domanda che si impossessò velocemente di tutta la mia mente, e cominciai a suonare.

"I'm always on the outside looking in
it's where I've always been
but the edges where all the sparks fly
when the wheel spins
I swear someone is leaving messages for me
Under my feet"

Tenevo lo sguardo fisso sulla mano sinistra, che premeva sulle corde per far suonare ogni accordo il più precisamente possibile. Ora più che mai, ci tenevo ad essere perfetto.
Continuai a cantare fino alla fine del ritornello, per poi fermarmi.
Liv non aveva detto una parola, ogni tanto beveva un sorso di vino, ma non disse niente.
Quando mi fermai, vidi che mi stava guardando. Non riuscivo a capire quello che i suoi occhi dicevano, sembrava quasi essere tornati al giorno in cui parlammo in aereo.

"Quindi?".
Il suo viso era tornato freddo, gli occhi glaciali, l'espressione persa. Persa nel suo dolore.

"Non ho mai sentito nessuno cantare così"

"Devo prenderlo come un..."

"Cavolo, Genn, sei bravissimo. Cosa vuoi, un cartellone, una standing ovation e una medaglia di Obama?"

"Oh, Liv, calma. Ti ho solo chiesto cos-" bisbigliai, quando sputò fuori quelle frasi con acidità.

"Lo so quello che mi hai chiesto, va bene? Lo so, e io ti ho risposto. Che altro vuoi, mh? Che cada ai tuoi piedi dicendoti che ti amo, che sei il mio cantante preferito o stronzate del genere?" gridò, alzandosi in piedi. Sbattè il bicchiere sul tavolino, e se ne andò in camera.

Rimasi fermo per una decina di secondi, paralizzato.
"Cosa cavolo è appena successo?„

Appoggiai la chitarra sul divano, e mi diressi verso la camera da letto, evitando di fare rumore.
La porta era socchiusa, e dal corridoio potevo intravedere Lavinia seduta sul letto, con le gambe rannicchiate al petto.
Girava l'anello che aveva sempre attorno al dito, con fare nervoso, fino a quando
"Genn" disse, flebile.
Aprii la porta, deciso a farmi spiegare quello che era appena successo.

___
nota: Hello, it's me bitch.
l'ho scritto di fretta perché devo studiare inglese, quindi boh, spero vi piaccia.
COMMENTATEE, e cagatami anche  la nota del capitolo prima, che ho aggiornato pochi minuti fa.
thanksss,
Ro.

AH, e se qualcuno avesse voglia di parlare, fare quattro chiacchiere, non esiti a scrivermi, accetto tutti, belli e brutti
🐸

Living.  //butchDove le storie prendono vita. Scoprilo ora