"Hey, hey, ci sei?" Ad un tratto mi disse una delle ragazze che stava lavorando,mentre mi passava la sua mano davanti al mio volto. Il mio sguardo era fisso sul lavoro, cucire quegli indumenti ma la mia mente era altrove.
Scossi subito la testa come se mi fossi appena risvegliata da una specie di trans.
"Si sì sto benissimo" risposi con voce ferma.
"Sei strana, sembri quasi innamorata!" Mi disse un altra sfottendomi sull'ultima parola.
Io innamorata? Ma no?! Ma se anche fosse stato così non capisco cosa ci fosse tanto da ridere?
Una cosa però era certa la pressione del campo e l'ansia di rimanere viva mi aveva quasi fatto dimenticare Ramon, ma più di tutto mi sentivo in colpa.
Sembrava quasi che la mia testa di Ramon non volesse più sentirne parlare e come se dicesse:" Ramon e acqua passata, ora c'è lui..." Certo la testa talvolta dice tante cose, giuste e sbagliate ma non hai mai la certezza di quale siano le cose giuste e quelle sbagliate.
Da quando ero lì e il mio sguardo aveva incrociato il suo, sembrava che nel mondo ci fosse solo più lui come uomo e mi sentivo come nello stomaco tante farfalline che mi salivano e scendevano.
Per non parlare di quando ho avuto quel fatidico incontro, proprio quando mi trovavo faccia a faccia con lui. Sentivo tutta venirmi rossa in faccia, il cuore mi batteva fin troppo forte quasi da sentirlo a una netta distanza, le mie labbra cominciarono a pizzicarmi come se volessero abbandonarsi sulle sue, le mie mani formicolavano dal voler toccare il suo corpo. E la sua voce!....oh! La sua voce era una dolce melodia per mie orecchie.
Provai tutte queste sensazioni nemmeno in cinque minuti, cosa che von Ramon non mi era mai successa. Perché?
Il nostro "tempo di lavoro" era finito e ci dissero di ritornare nelle nostre casette fino a nuovo ordine. Tutte si alzarono e percorremmo la stessa strada di prima, passavamo in mezzo a tanti altri cunicoli e piccole vizzuole strette, passando in mezzo a tanti altri alloggi in legno marcio. Forse a forza di stare sotto la pioggia e neve.
Ad un tratto senti bisbigliare, questa volta volevo farmi gli affari miei ma la mia curiosità ancora una volta fu vincitrice. Segui quel bisbiglio che man man che mi avvicinavo si faceva sempre forte.
Le voci venivano dal retro di una casetta e così io senza senza farmi scoprire mi misi origliare dall'altro lato.
"Non possiamo andare avanti"
"Ti ho detto che appena mi sarà possibile glielo dirò al comandante"
"Sono stufa delle tue promesse" e poi sentì partire uno schiaffo.
A quel suono sporsi un po' l'occhio per sbirciare.
C'era il "mio soldatino" che stava discutendo con un altra alleata dei Nazisti. Gli aveva tirato uno schiaffo e io a quella scena feci una faccia schifata senza accorgermene "lurida p...." Pensai.
Dopo lui si precipitò su di lei mettendola contro al muro e baciandola con foga.
E li mi sentí arrivare in colpo al cuore,come se una spada mi avesse appena trafitto. Le lacrime erano inequivocabili e subito corsi più veloce che potevo verso la casetta.
Spalancai la porta singhiozzando e le altre cercarono di calmarmi pur non sapendo ciò che mi era successo.
Ad un tratto venni presa da un colpo di rabbia e dalla voglia di spaccare tutto. Cominciai a dare pugni al muro e alle sponde dei letti, facendomi sanguinare persino la mano.
"Perché a me? Perché lui?" Ripetevo tra un singhiozzo e l'altro.
"Calmati, va tutto bene, va tutto bene" disse una ragazza afferrandomi per le spalle e scandendo bene ogni parola.
Le lacrime mi appannavano gli occhi e riuscivo a vedere a malapena tutte quelle che erano incuriosite dal mio comportamento. Ma cominció a girarmi la testa e ad un tratto tutto diventó nero e io caddi al suolo svenuta, quasi morta.
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Indifferent
FanfictionSiamo nel 1939 appena inizio seconda guerra mondiale. Un giorno nella casa di Christine ragazza di 23 anni, fecero irruzione i tedeschi e deportarono tutta la sua famiglia nel capo di concentramento di Auschwitz. Lei riuscì a scappare in un primo m...