13- in pericolo di vita

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Due mesi dopo...

Erano passati due mesi ormai dall'arrivo mio e della mia famiglia qui nel ghetto. Due mesi di lavoro forzato, due mesi di terrore e due mesi di bugie.
La mia storia amorosa con Michael stava continuando alla grande, ma non sapevamo ancora per quanto avremo potuto tenerne nascosto questo segreto. Ogni giorno ci assicuravamo che nessuno sapesse o almeno sospettasse di noi, fortunatamente i risultati erano sempre positivi e noi ce ne vantavamo pure.
Ora sapevo tutto quello che succedeva nel campo, un campo di sterminio. Avevo costretto un giorno Michael a raccontarmi tutto quello che facevano in sto inferno e rimasi sconvolta dal suo racconto.
Temevo per me è per la mia famiglia, che un giorno noi potessimo fine tutto nella camera a gas perché ormai noi eravamo diventati di seconda mano, serviva carne più fresca.
Temevo di tutto e di più da quando ero qua. Ma soprattutto non sapevo più nulla di mio papà; se stava bene, se era vivo...nulla niente di niente.

"Processateli per alto tradimento!"
"Lei generale Michael ammette di aver avuto una relazione in questa donna?" Chiese il comandate tutto arrabbiato.
"Si" ripose Michael ormai allo stremo delle forze, accasciato a terra e con i polsi legati dietro la schiena.
"È lei ammette di aver avuto una relazione con il generale?" Poi fece la stessa domanda a me.
"Si" dissi abbassando lo sguardo, anche io ero nelle stesse condizioni di Michael.
"Caricate i fucili!" Gridó ai suoi soldati che in contemporanea caricavano le pallottole nell'arma.
"Pronti? FUOCOO!!"
*suono dei fucili che sparano*
Poi il buio..."

Mi risvegliai con il respiro affannoso, per fortuna era stato solo un incubo io ero ancora viva e Michael stava ancora dormendo vicino a me.
"Che succede tesoro?" Si accorse che mi ero svegliata di colpo.
"Un brutto sogno" gli dissi mentre ero seduta nel letto che cercavo di levarmi quell'incubo dalla mente.
"Shhh, mettiti di nuovo giù. Era solo un incubo" mi disse e poi mi rimisi di nuovo sotto alle coperte per ritornare a dormire e questa abbracciandolo da dietro.
Un altro giorno era arrivato, il sole era di nuovo sorto...già, di nuovo.
Come sempre sgattaiolai via e ritornai dalle altre. Ormai ci avevo preso il vizio di andare a dormire con Michael, certo non tutte le sere ma quando potevamo ne approfittavamo.
"Hey, strano hai lavorato tutta la notte e sei sveglissima. Come fai?"mi chiese Marisol, che più o meno era diventata la mia migliore amica qua al campo.
"Ehm...ehm...non so forse sentirò di meno la stanchezza rispetto a voi, ma non crediate che io sia un robot sono stanca pure io" disse immedesimando uno sbadiglio finito per rendere più credibile la scena.
Ad un tratto si spalancò la porta della nostra casetta, sembrava quasi che gli avessero dato un calcio potente. Poi dopo entrarono parecchio soldati e ci afferrarono per un braccio trascinandoci fuori.
Alcune piangevano, altre gridavano aiuto e altre ancora venivano picchiate se facevano resistenza.
Il cuore cominciò a gridarmi in petto, sapevo benissimo dove ci stavano portando e cominciai a piangere e chiedere aiuto pure io.
Ci stavano portando alla camera a gas. Non potevo lasciare tutti così, mia mamma, nonna, Michael.
"Aiuto,Aiuto!" Gridavo a squarcia gola con le lacrime agli occhi. Una massa di persone si raggruppó per vedere la marcia dei soldati che si stavano accompagnando dritto alla morte.
"Aiutatemi vi prego!" Non avevo più voce ed ero arrivata al limite della voce, solo un piccolo suono uscì dalla mia bocca.
"Christine!!" Senti gridare mia mamma.
"Mamma! Lasciami andare..." Tutto d'un tratto recuperai le forze e diedi una gomitata al soldato che mi teneva buttandolo a terra e riuscire a raggiungere mia mamma.
Saltai fuori dalla folla e subito mi precipitai su mamma.
"Musisz mi pomóc proszę dać" dissi a mia mamma
• Devi aiutarmi per favore
"TAK" mi rispose.
• si
"prowadzony przez generała Michała i powiedzieć jej , że jestem w niebezpieczeństwie"
corri dal generale Michael e dille che sono in pericolo.
I soldati riuscirono a raggiungermi ma io non avevo ancora finito di parlare con mia mamma e così cominciai a opporre resistenza tirando pugni di sa e di là.
"Ha..." Esito mia mamma
ma...
"udać, jeśli będę jeszcze żył Wytłumaczę wszystko po ... run !!!"
vai, se sarò ancora viva ti spiegherò tutto dopo.
Ora la mia vita era solo nelle sue mani. Avevamo parlato in polacco perché non volevo far insospettire nessuno del mio feeling amoroso, e se sarei uscita da questo pasticcio me ne sarai ritrovata in un altro molto più grande. Siccome i Nazisti sapevano parlare solamente il tedesco questo era l'unico modo, noi eravamo una famiglia ebrea ma avevamo degli antenati che venivano dalla Polonia e bene o male la lingua polacca in famiglia la sapevamo masticare bene.
Ero stata furba e scaltra, ma che volete farci, io sono Christine.
Mia mamma corse alla ricerca di Michael, lui era l'unico che poteva salvarmi. Intanto io ponevo ancora resistenza per prendere tempo; non volevo morire così giovane.

Mamma

"Generale Michael, generale!!!" Gridavo a squarcia gola il suo nome nella parte dove i soldati riposavano, non sapevo nulla su di lui, che legame aveva con mia figlia, perché era così sicura che un nazista l'avrebbe aiutata?
"Chi mi chiama?" Ad un tratto spunto dal nulla e io andai verso di lui con il sollievo di averlo trovato.
"La prego, signore...mia figlia è stata portata nella camera a gas, mi ha detto di venirla a cercare...la prego l'aiuti!!" Ero presa dalla disperazione e mi inginocchiai per implorarlo assai.
"Sua fi...CHRISTINE!!!!"
Mi prese da terra e mi portò fino sul luogo desiderato.
"Lei stia qui, ripeterò indietro sua figlia"
Io annui preoccupata e poi rimasi sconvolta da quanta tenacia avesse quel ragazzo nel recuperare una "deportata" perché ci teneva così tanto?

Michael

Entrai dentro la struttura e poi mi catapultai sui miei colleghi che stavano chiudendo la camera.
"No! aspettate dentro c'è una ragazza che il comandante vuole assolutamente vedere"
Loro mi guardarono con aria sorpresa.
"Bhe?! Che fate lì impalati, aprite quella benedetta porta!" Insistì io.
Loro mi fecero un cenno e aprirono la porta e subito dopo venne fuori la mia amata che cadde stesa sul pavimento priva di sensi.
La presi in braccio e poi la portai fuori.
"Ecco qua! È solo svenuta per lo spavento ma sta bene" gli dissi alla madre tenendo ancora in braccio la figlia.
Lei era felice quelle lacrime di dolore si trasformarono in lacrime di gioia.
"Sarà meglio portarla nella mia stanza, prima che qualcuno si insospettisca di qualcosa"
Lei annuì e poi ci avviammo indiscreti verso la mia camera.

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