Erano passati diversi giorni dalla mia follia e ora io ero guarita del tutto, anche alla mano. Ed ero pronta a ritornare al lavoro, più o meno, se avessi dovuto scegliere sarai stata lì in infermeria volentieri. Non perché mi trattassero bene,qua tratto tutti come dei cani, ma perché preferisco cento volte morire di malattia che morire esausta.
Uscì dall'infermeria e vidi davanti a me quella tedesca che facendo un po di calcoli era molto probabilmente la fidanzata del generale.
Senza dire neanche una parola mi fece segno di andare con lei e io ubbidì. Non guardavo nemmeno dove andavamo, per ora la mia mente era solo interessata ad esplorare quella donna.
Era gelida, occhi scuri ma di ghiaccio, metteva angoscia.
Non mi trasmetteva affatto sicurezza, non era come il generale che pur sembrava rube in realtà aveva un animo buono.
'Chissà come si chiama?' Pensai tra me e me.
Era alta e magra e i capelli erano corti tagliati a caschetto. Spruzzava terrore da tutte le parti.
Finalmente arrivammo...dove dovevamo arrivare e finalmente io potei tirare un respiro lungo. Con lei avevo paura persino a fiatare, non si sa mai cosa può passarle per la testa.
Non riuscivo più a camminare dietro di lei anche se mantenevo un tot di distanze tra me e lei.
Entrai in questa struttura dove io mi trovavo sulla soglia.
Un altro lavoro mi attende, questa volta però dovevo lavare dei vestiti sporchi. C'era una montagna, nel vero senso della parola e noi uno a uno dovevamo prenderli e metterli a lavare. Ci sarà voluto almeno un secolo prima di finire.
Cercai di non pensare al vasto lavoro e risalutai tutte le mie compagne, che ora erano diventate mie amiche quasi tutte.
Però mi accorsi che una di loro non era come al suo solito.
"Va tutto bene?" Gli chiesi un po preoccupata.
Poi mi sentì tirare il braccio verso sinistra.
"È diventata matta, in questi giorni durante la tua assenza abbiamo lavorato come cagne e lei e..." Mi disse poi una ragazza, tenendo sempre lo sguardo fisso su quella pazza.
"Davvero?" Non sapevo che si potesse diventare matti per il troppo lavoro.
La ragazza annuì e poi tornai al lavoro decisamente sconvolta.
"Uccidere!" Ad un tratto bisbigliò
"Cosa?" Gli chiesi non avendo capito bene.
Poi dal suo pigiama tirò fuori una pistola. Probabilmente l'aveva rubata a qualche soldato.
"Cosa fai?" Gli chiesi vedendo la pistola nelle sue mani e che la stava puntando, ma lei ripeteva sempre la stessa cosa: "Uccidere, uccidere"
"Uccidere chi?" Gli chiesi sconvolta.
E poi lei punto la pistola verso il generale che era la in fondo girato di spalle.
"No! Non puoi farlo" sussurrai.
E prima che potesse premere il grilletto, mi catapultai su di lui, ma non appena,mi sentì arrivare un colpo alla spalla. Ma per fortuna lui stava bene.
Fantastico in due giorni stavo rischiando di morire. Si vede proprio che a me piace tanto il paradiso!
Dopo l'accaduto a nessuno importava di ciò che era successo nemmeno agli altri soldati, l'importante era che uno di loro stava bene.
I dolori alla spalla si facevano sempre più forti e avevo paura.
Il generale si guardava a destra e a sinistra e poi mi caricó su di se sulla sua schiena, mettendosi li braccio della spalla ferita, davanti a se.
Uscimmo dell'edificio.
"Non posso portarti di nuovo in infermeria, ti ucciderebbero sta volta"disse ma io non feci tempo a rispondere che mi stavo già godendo quella sensazione sulla sua schiena.
Corse come poteva verso un altra casetta però questa era più bella,più grande e soprattutto non era in legno marcio.
Lui entro e poi mi posò delicatamente su un letto.
Poi senza dire una singola parola andò verso un mobiletto dove conteneva tante medicine.
Rovistava in quel mobile e io lo guardai nel dubbio. Parlare o no?!
"C-come ti chiami?" Gli chiesi intimorita.
"Abbassa la spalla del vestito, fa vedere in che condizioni sei" non mi rispose alla mia domanda ma era più che sicuro che mi voleva aiutare.
"Aia!" Sussurrai piano, bruciava e sembrava quasi che mi tesse togliendo la pallottola.
"Ecco fatto!" Disse poi lui, facendomi vedere la pallottola insanguinata in un fazzolettino.
Sorrisi leggermente senza dire una parola.
"Fortunatamente la pallottola non è andata troppo a fondo" continuò.
Poi mi bendó la ferita e rimise al suo posto la manica del vestito.
"Gra-Grazie!" Lo ringraziai ma ancora ero intimorita.
"Non c'è bisogno di essere timidi con me, non mordo mica" mi rispose lui con un sorrisino di sfotto.
"Perché lo hai fatto? Lo sai che non dovresti darmi confidenza" gli dissi.
"Perché lo fatto mi chiedi? In infermeria non potevo più portarti, non amano avere pazienti abitudinari e se lo avessi fatto a quest'ora non saresti qua a parlare con me e poi non amo vedere vite giovani spezzate da una pallottola o da un po febbre." Mi spiegó lui guadandomi ma io non riuscivo a guardarlo in faccia. Ero lì seduta sul letto con le ginocchia tra le braccia.
"Ti ringrazio tanto" oh! Finalmente ero riuscita a dire una frase compiuta senza balbettare.
"Grazie anche da parte mia" finalmente dalla sua bocca uscì un grazie. Io sorrisi.
"Non capisco perché mi hai salvato" mi disse poi lui.
"Per lo stesso tuo motivo non sopporto vedere gente uccisa,specialmente se è giovane" non sapevo neanche io in realtà perché lo avevo protetto ma mi venne d'istinto. Quindi suppongo che questa sia una bugia bianca.
Poi lui si sedette accanto me sul letto e il mio cuore cominciò ad andare alla velocità di un razzo.
"Hey! Sei diventata tutta rossa" Oddio che imbarazzo, lui mi stava guardando e io stavo veramente diventando rossa come un vulcano in eruzione. Però caspita, la dolcezza con cui me lo ha detto.
"Sono Michael, tu?" Mi domando spostandomi una ciocca di capelli dietro all'orecchio.
"Cristina! No! Cristiano! Christine, si il mio nome è Christine!" Mamma mia, non mi era mai stato più difficile dire il mio nome fino ad ora.
"Christine" ripete con voce sensuale.
"È ora che torni nella tua casetta, ora!" Poi ad un tratto quell'espressione tenera e dolce si trasformò in un volto serio.
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Indifferent
FanfictionSiamo nel 1939 appena inizio seconda guerra mondiale. Un giorno nella casa di Christine ragazza di 23 anni, fecero irruzione i tedeschi e deportarono tutta la sua famiglia nel capo di concentramento di Auschwitz. Lei riuscì a scappare in un primo m...