Ero ancora lì alla finestra quando dalla strada senti arrivare le voci dei Nazisti.
Eccoli lì, sempre con il loro camioncino per caricarci su delle persone innocenti.
La mia finestra si affacciava proprio sul palazzo di fonte,il palazzo in cui irruppero i nazisti. Sentivo provenire delle urla dei rumori molesti,come se stessero distruggendo tutto in quell'abitazione.
Non sentivo molto bene ciò che stavano dicendo ma capivo cose come: "forza! Prendeteli! Caricateli sul camion" naturalmente sempre con quel tono di gentilezza che avevano, naturalmente.
"Christine, apri!" Sentì bussare con ira alla mia porta. Mi precipitai subito ad aprire e non appena, entró mio padre.
Tutti e due corremmo alla finestra e ci affacciamo per vedere cosa stavano ancora combinando quelle persone.
"Chistine, tu ora prendi tuo fratello e scappate via, il più lontano da qui" disse mio padre agitato. Non lo avevo mai visto così.
Io annui.
Mi trascinó fuori dalla stanza e mi condusse fino in salotto.
"Dovrai uscire da casa in modo molto discreto. Se qualcuno ti chiede qualcosa, stai andando a fare la spesa con tuo figlio" disse mio padre legandomi una bandana in testa e dandomi il cestino con cui mamma andava sempre a fare compere.
Io annui ad ogni sua parola.
"Poi tornate qui quando sarà notte fonda,ma scappate non appena avete l'occasione. Andate via da qui il più lontano possibile" continuo mia mamma dandomi mio fratello in braccio.
"Si ma..." Esitai mentre ero già sulle scale per scendere.
"Ma niente. Vai, noi staremo bene." Disse mio padre e poi vi voltai scendendo le scale con le lacrime già agli occhi.
Feci scendere Jonathan dalle mie braccia e poi con la coda dell'occhio guardai nascosta dietro allo stipite della porta della libreria, che cosa stavano combinando quei tedeschi.
"Vieni Jonathan" le sussurrai prendendole la piccola mano.
Aspettai che quei mostri erano girati e in punta dei piedi io e mio fratello corremmo più velocemente possibile verso il paese.
"Dove andiamo?" Mi chiese con la sua vocina innocente quando già eravamo in piazza e io ero più confusa e sconvolta che mai.
"Vieni" lo presi in braccio delicatamente e poi cominciai a correre verso casa di una vecchia amica di mamma.
"Apri,apri!" Bussai alla sua porta con ferocia.
La donna apri la porta era una signora su una cinquantina d'anni e conosceva bene me e tutta la mia famiglia, si sbalordì dal vedere me e mio fratello.
"forza entrate." Disse mentre con una mano ci faceva segno di vacare la porta.
"Che succede?" Disse la donna, non capendo.
"Jonathan vai in salotto, io arrivo subito" posai per terrà mio fratello che non appena si andò a buttare sul divano del grande salotto che c'era.
Poi portai la signora in cucina e mi assicurai di chiudere la porta.
"Mi spieghi che è successo?" Ripetè ancora, sedendosi su una sedia.
"Non so di preciso, ma nel palazzo difronte al nostro in cui io e la mia famiglia viviamo, hanno fatto irruzione i tedeschi e subito dopo mia mamma e mio padre hanno affidato me Jonathan e dissero di scappare il più lontano da lì" spiegai tutto ciò che era accaduto!
"Sono stati deportati,presi in ostaggio dai nazisti e portati in un campo di concentramento" mi rispose lei sconvolta.
"Deportati? E dove?" Chiesi decisa.
"Non so, il campo più vicino qua e auschwitz." Mi rispose un po confusa.
Non sapevo che fare, ora ero rimasta senza una famiglia praticamente e avevo sulle spalle un bimbo piccolo.
"Senti, prenditi cura di Jonathan,io partiró domani per Auschwitz" dissi.
"Cosa? Sei impazzita piccola mia! Sei stata fortunata a non essere catturata e ora tu vuoi andare di tua spontanea volontà in quell'inferno? A costo di perdere la tua vita?"
"Si, se sarà il prezzo che dovrò pagare per salvare tutti" risposi con un filo di malinconia e abbassando lo sguardo sul pavimento.
"E tuo fratello?" Mi chiese poi.
"Tu non sei ebrea, i nazisti mai verrano a cercarti, se sarai in grado di proteggerlo lui qui da te sarà al sicuro!" Risposi.
"Ok, ma fai attenzione" mi raccomando e poi mi abbracciò.
Caló la sera, e per me era arrivato il momento di salutare il mio piccolo fratellino.
"Jonathan promettimi che farai il bimbo bravo e che non darai mai fastidio alla signora" gli dissi prendendogli le piccole manine e inginocchiandomi alla sua altezza.
Lui annuì e poi mi disse.
"Dove vai?" Sempre con quel suo sorrisino di innocenza e speranza.
"Devo andare via per lavoro, ma ad occuparsi di te sarà questa brava donna" gli risposi sorridendogli.
Lui annuì e poi andò in braccio alla signora.
Prima di lasciare la sua casa diedi un minuscolo bacio sulla fronte di Jonathan e sorrisi alla signora come segno di intesa su quello che ci eravamo dette.
Varcai la porta e piano piano nell'imbrunire della sera mi incamminai verso casa mia.
La libreria era intatta ma quando arrivai su sopra nel nostro appartamento, era tutto distrutto. Ogni angolo della casa era stato...come dire "rovinato" e i vetri delle finestre erano per lo più rotti o crepati.
La casa era vuota non c'era nessuno, c'ero solo io e il buio della stanza.
Mi guardai un po introno quell'orrore e senza farlo apposta misi un piede su una cornice di famiglia, dove la foto rappresentava me quando avevo diciassette anni e mio fratello era appena nato.
Presi la fotografia in mano, la liberai da tutti i pezzetti di vetro che erano su di essa è poi me la portai al cuore sussurrando:" vi salverò!"
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Indifferent
FanfictionSiamo nel 1939 appena inizio seconda guerra mondiale. Un giorno nella casa di Christine ragazza di 23 anni, fecero irruzione i tedeschi e deportarono tutta la sua famiglia nel capo di concentramento di Auschwitz. Lei riuscì a scappare in un primo m...