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Guardo il mio casio: sono le 23.12.

È ora di andare.

Infilo le converse e apro la finestra.

Senza farmi sentire salto giù: sto uscendo di nascosto per andare alla festa di Siria.

I miei stanno dormendo e anche mio fratello Alan, mentre Lorenzo è dà dei suoi amici a guardare la partita o fare cose da maschi, non m'interessa.

Scavalco la ringhiera molto facilmente grazie al mio abbigliamento: pantaloni di jeans, camicetta bianca e capelli alzati in una coda.

Sono truccata come meglio posso e adesso sto correndo per arrivare alla festa: è dall'altra parte del paese mi ci vorranno diversi minuti se mi metto a correre.

L'unica cosa positiva è che domani è domenica, posso dormire anche tutto il giorno se sono troppo stanca.

Nemmeno a due isolati si incomincia a sentire la musica, non invidio per niente i vicini.

Arrivo alla villa e vedo gente ubriaca collassata sul prato, ragazze quasi nude e di tutto di più.

Ora come ora continuo a pensare che odio queste tipologie di feste, non fanno per me e l'ho sempre pensato e, ogni volta, me lo confermano.

Entro in casa e la musica mi risuona nelle orecchie ancora di più e l'odore di alcool e sudore mi arriva alle narici.

Forse, non dovevo venire, anzi, togliamo il forse.

Non dovevo venire.

-Mia-urla una voce femminile.

Mi giro e vedo Siria barcollare verso di me, indossa : un vestitino, dei tacchi vertiginosi, i capelli tutti arruffati e il trucco sbavato.

Mi prende per il braccio e mi conduce fuori dove c'è una piscina e la cosa mi spaventa: io non so nuotare.

Mi fermo e con me anche la ragazza.

-Che fai? Dai cammina-mi sprona tentando di muovermi, inutilmente-Fa come vuoi.

La ragazza mi lascia il braccio e si allontana da me lasciandomi lì come una stupida in mezzo a persone a me del tutto sconosciute.

Guardo la piscina e il sangue mi si congela nelle vene, no, non posso.

Ma devo, tanto non mi succederà niente.

Cammino stando attenta a non scontrarmi con nessuna delle persone che ballano a ritmo di musica.

-Mia-urla qualcuno.

Mi giro e vedo Emanuele camminare verso di me, è ubriaco marcio anche lui.

Appena è davanti a me mette le sue mani sulle mie spalle e le stringe forte.

-Buon bagno-canta per poi spingermi.

Urlo e cado nell'acqua .

Un'ondata di ricordi mi investono mentre cerco di tornare a galla, inutilmente.

Ricordo me da piccola, ero in piscina con i miei genitori e Lorenzo.

All'improvviso quest'ultimo, stupidamente, per gioco, senza mali intenzioni, mi prese e mi butto in piscina senza salvagente.

Ero piccola e non avevo ancora imparato a nuotare.

A salvarmi fu mio padre che subito, capendo il pericolo, si era buttato in acqua in mio soccorso.

Mi ha preso nelle sue braccia e mi ha riportato in superficie.

Da allora però non voglio sentire nemmeno la parola "piscina", ne sono terrorizzata.

Cambiami la vita.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora