CAPITOLO 70

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"Muoviti!" borbottò arrabbiato Ares spingendo Glaphyra in avanti.

Dioniso era affianco a Glaphyra e stava cercando di sembrare il più serio possibile, cosa difficile per lui.

Da una porta sbucò fuori Era che si stava guardando in giro furtiva.

Appena vide Ares si precipitò verso di lui.

"Ares, bambino mio!Non ho più avuto tue notizie! Pensavo che tu..." sorrise con gli occhi lucidi.

"Non posso morire, madre, sono un dio, il dio della guerra. Nessuno può uccidermi." rispose sicuro di sé Ares. Sembrava veramente il vecchio dio della guerra. Quello che non provava emozioni, non aveva amici e soprattutto non stava dalla parte di Ade.

"Io... Certo... Non avrei mai immaginato..." cercò di rimediare Era.

Ares però non ci fece caso e tirò avanti. Ade aveva ragione. Era, era accorsa da lui appena l'aveva visto. Lei gli voleva bene. Ma non poteva dirglielo. Avrebbe distrutto la sua copertura.

"Ci stiamo dirigendo verso la sala del trono. Inizia a fare la monella!" rise Dioniso.

Glaphyra in risposta, sollevò un piede e lo spinse contro il pavimento prendendo in pieno il piede di Dioniso.

Il dio gridò un "Ahia" prima di fermarsi a massaggiare il piede.

"E' un buon inizio" esclamò Ares aprendo la porta enorme che portava a Zeus.

Il rumore dello sbattimento della porta contro il muro fece sobbalzare Glaphyra che avendo gli occhi chiusi, aveva i sensi amplificati.

Zeus stava seduto battendo il piede contro il pavimento a ritmo. I suoi occhi erano chiusi e sembrava parlare tra sé e sé. Le parole erano del tutto sconnesse.

"Padre, chiedo umilmente un tuo colloquio" disse il dio della guerra.

Zeus sollevò lo sguardo e aprì di scatto gli occhi.

Sembrava come se stesse facendo una radiografia. Li stava esaminando dalla punta del capelli ai piedi.

"Ti consento la mia parola" sbuffò il dio annoiato restando seduto e fissando la figura coperta sul viso.

"Padre, ho trovato la figlia di Ade e te l'ho riportata" rispose serio Ares.

Zeus si sollevò per osservarla meglio. Glaphyra nelle sue mani? 

Il dio si sollevò per avvicinarsi a lei. Non riusciva a crederci.

Afferrò il lembo della bandana e la sollevò scoprendo gli occhi verdi smeraldo di Glaphyra.

Appena la dea vide la barba bianca le salì alla gola un conato di vomito. Lo odiava con tutta sé stessa.

"Alla fine torni sempre qui, eh?" domandò Zeus sorridendo e afferrandole le guance.

Sentiva Ares che tremava dietro di lei, probabilmente la voglia di colpirlo era enorme... Ma dovevano portare a termine un compito.

"No... Sei tu che mandi i tuoi figli a cercarti." lo sfidò la dea. Aveva la lingua tagliente, l'aveva affilata proprio come si faceva con i coltelli. Non poteva non usarla.

Zeus inclinò la testa curioso: "Sempre la tua lingua tagliante?"

Glaphyra rispose alla provocazione: "E sarà la lama che ti taglierà oltre che alla barba, qualcos'altro" e guardò verso il basso, in mezzo alle gambe coperte dalla tunica bianca.

"Padre! Padre!" entrò nella stanza pure Dioniso zoppicando. La dea gli aveva fatto veramente male e per fortuna che non portava i tacchi altrimenti si sarebbe trovato un foro nel piede.

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