a New York

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Quando i miei genitori con i gemelli mi vedono e mi corrono incontro.

Fantastico... grazie mamma, papà... e in particolare a Jhon e Jimmy.

Ovviamente loro per farmi imbarazzare davanti a quel dio in terra ( #questoèilmiosognoperfetto #realtàdimerda ) mi saltano in collo facendomi scivolare verso di lui.

Purtroppo però mentre sto scivolando finisco proprio a toccare il caffè che aveva in mano fino a cinque secondi fa e glielo tiro addosso.

Lui sembra proprio essere incazzato nero con me.

Io sono diventata rossa come un pomodoro e blateravo delle scuse inutili:

"S-sc-scusami. Sono stata davvero maldestra. Lascia che ti aiuti a... "

Non mi ha dato neanche il tempo di finire la frase che subito con tono altezzoso ed irritato mi sento dire:

"Che ragazzina imbranata. Lascia perdere hai già combinato abbastanza. Me la cavo da solo. "

Queste parole che mi ha detto mi fanno incavolare veramente di brutto.

Ma come si poteva permettere? Chi era lui per giudicarmi o dire ciò che andava bene e male della mia vita?

La mia intenzione era di dirgliene quattro ma purtroppo se ne era già andato.

I miei avevano assistito alla scena in rigoroso silenzio e nel momento in cui le acque finalmente si erano calmate mi vengono incontro.

Non riescono a dire nulla perché io stavo piangendo ma semplicemente mi abbracciano standosene in rigoroso silenzio.

Decido di fingere che tutto sia apposto e quando mi tranquillizzo un po', prendiamo le nostre valige e ci dirigiamo fuori dell'aereoporto per prendere il taxi.

Quando saliamo sopra ovviamente il conducente sembra incavolato nero, ma a me non importa un arcipiffero di nulla. Voglio solo andarmene da qui.

Durante il tragitto con le cuffie nelle orecchie mi guardo attorno e cerco di perdermi in quel mondo così vasto: grattacieli, semafori, metropolitane... insomma di tutto e di più.

Ci mettiamo circa un'ora e mezza ad arrivare.

Il taxi si ferma proprio davanti ad un enorme grattacielo tutto in vetro ( ho le vertigini quindi potete immaginare voi che bello godersi il panorama nelle mie condizioni ), altissimo con quasi 50 appartamenti.

Indovinate un po' a che altezza ci troviamo da terra? E quale sia il nostro piano? (Domanda retorica ovviamente ).

Salgo con i miei bagagli in ascensore e nelle orecchie le cuffie sulle note di Time is running out dei Muse.

Il nostro appartamento è l'ultima porta nell'ultimo piano.

Scarico i bagagli e mi butto sul letto.

Comincio a leggere un libro, uno tra i miei preferiti.
Il titolo è My Dilemma is You, una trilogia scritta da Cristina Chipieri una ragazza che ha quasi la mia età.

Per chiunque non lo abbia ancora letto lo faccia perché merita veramente tanto.

Sono solamente le 18:30 qua a New York e poiché mi voglio riprendere da quello scontro sono intenzionata ad uscire.

Chiedo il permesso ai miei ed esco.

Inizio a passeggiare in un parco che si trova vicino a casa mia.

Passeggio ammirando il bellissimo paesaggio dei grattacieli della mia nuova città.

Perdo ovviamente la cognizione del tempo e dell'orientamento.

Mi ritrovo su una strada che non conosco e ho il presentimento che qualcosa stesse per accadere.

Infatti poco dopo inavvertitamente camminando lungo un ponte un ragazzo che non si era accorto della mia presenza mi è venuto a sbattere contro ed io sono cascata giù dal parapetto.

Ovviamente finisco in un'acqua così gelida che chiunque sarebbe morto di ipotermia poco dopo.

Comincio a gridare aiuto a squarciagola, con tutte le forze che avevo in corpo anche se sentivo che mi stavano abbandonando.

L'ultima cosa che riuscì ad individuare fu quel ragazzo che si precipitava verso di me per salvarmi.

Poi l' oblio...

you are my bad boy I #Wattys2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora