63. Non mi scorderò

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FEDERICO

Non so se sia la nicotina o semplicemente il gesto di tenere la sigaretta in mano, ma sembra che fumare sia l'unica cosa che mi dia un certo sollievo in questo momento. Butto la cicca in terra e la pesto con il piede e osservo le altre tre vicine. Le ho fumate in meno di mezzora. E dire che avevo smesso. Guardo Luca appoggiato alla parete esterna del Pronto Soccorso, anche lui è assorbito dai suoi pensieri. Entrambi non sappiamo cosa dire, in momenti così sembra che qualsiasi parola sia inadatta e superflua.

Sono un codardo, sono scappato. Avrei preso a pugni quel vetro fino a romperlo per entrare in quella stanza e svegliarla. Ma lei non si sarebbe comunque svegliata. Il rumore di quel macchinario infernale a cui è legata da mille elettrodi mi stava dando alla testa. Mi si sono sentito implodere, mi sono sentito soffocare. Eppure allo stesso tempo non volevo che smettesse di emettere quel rumore. Il pensiero che insieme a lui si potesse fermare anche il battito del cuore di Viola mi stava facendo impazzire totalmente.

"Tu hai un Instore a Brescia tra meno di sei ore. Come pensi di arrivarci?"

La voce profonda di Luca spazza via i miei pensieri. Mi sarei aspettato che dicesse qualcosa di più sensato per interrompere questo assordante silenzio. Ma credo voglia solo riportarmi alla realtà. Ma non può, perchè sono bloccato in un limbo senza tempo fatto solo di dolore e speranze vane.

"Potrei non arrivarci infatti!"

Me ne accendo un'altra, ispiro ed espiro lentamente fino a creare una densa coltre di fumo davanti ai miei occhi che mi impedisce di vederlo, anche se così vicino. D'improvviso il movimento veloce di una mano dipana quella mia nebbia personale e arriva dritto al mio viso togliendomi decisa la sigaretta dalla bocca.

"Devi arrivarci!"

"Luca, voglio solo aspettare che si svegli"

Perché non lo capisce?

Si sposta di fronte a me, mi guarda dritto negli occhi, deciso e ferreo.

"Lei vorrebbe che tu rispettassi i tuoi impegni con i fans!"

Mi poggia una mano sulla spalla per infondermi coraggio o conforto, non lo so. Ma a me non frega più un cazzo di nessuno, voglio solo lei che si svegli e che apra gli occhi e mi dica che sta bene. La sua immagine ferma lì immobile nel letto intrappolata tra tutti quei tubi invade la mia mente e blocca ogni mio pensiero.

Non ce la faccio a stare qui devo tornare da lei.

"Io salgo!"

Si gira di scatto e con una presa fulminea mi blocca per la spalla. Torreggia su di me minaccioso ma al momento non ho paura di niente e nessuno.

"Fede sali e salutala. Ti ci riporto io qua domani appena finito l'Instore te lo giuro. A costo che poi mi sparo altre tremila ore di macchina per portarti al prossimo e poi riportarti di nuovo qui. Se sarà necessario sposteremo gli orari. Ma ti prego rispetta i tuoi impegni. Sai cosa succederebbe se non lo facessi!"

Apprezzo il suo tentativo di riportarmi con i piedi a terra. Perché non sono solo un ragazzo disperato, sono un personaggio. La dimensione pubblica schiaccia e divora quella personale senza pietà. E questo comporta una serie di conseguenze che al momento mi rifiuto di considerare.

Salgo le scale due a due, anzi a tre. Il fiato in gola, le lacrime che mi pizzicano gli occhi e che a stento trattengo. Non mi illudo di trovarla sveglia no, Ale mi avrebbe già avvertito. Però ho voglia ugualmente di sbrigarmi ad arrivare da lei. Sento che devo esserci. Arrivo al terzo piano dello stabile in men che non si dica, i polmoni in esplosione. Il fiatone causa degli spasmi al mio corpo e sono costretto ad appoggiarmi alla balaustra per riprendere fiato.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 28, 2017 ⏰

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