Capitolo 13

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Stringo gli occhi infastidito dalla luce del sole che filtra dalla finestra.
Il weekend è passato in fretta e mi tocca cominciare una nuova settimana scolastica.
Passeggio per i corridoi della scuola, colmi di studenti assonnati e stanchi già di buon mattino, fino a raggiungere il mio armadietto.

Mentre armeggio con i libri, scorgo con la coda dell'occhio Jessica.
Ha l'aria stanca, triste, per quello che riesco a percepire dal suo viso pallido, oltre il cappuccio dell'enorme felpa nera.

<<Jessica!>> Urlo per farmi sentire in mezzo agli schiamazzi.

No, non ho dimenticato.
L'alcol non mi fa dimenticare le cose che mi accadono.
E mi dispiace così tanto per quello che è successo.
Non ero in me.
Non è una giustificazione.
Cristo.
Sono stato un coglione.

Prosegue, oltrepassando il mio armadietto, mi sta palesemente evitando.

<<Hey, ascolta..>> le afferro un braccio per richiamare la sua attenzione, ma al gesto lei sussulta spaventata.
<<Scusa, io..>> stringo gli occhi e passo una mano nei capelli, non so cosa dire, non ho motivazioni valide per un gesto così infame.
<<V-va tutto b-bene>> pronuncia con sguardo perso nel vuoto, pietrificata.
Si volta e prosegue il percorso per raggiungere la sua aula.

Non la biasimo se non vorrà più parlarmi per tutta la vita.

Non riesco a seguire una sola parola pronunciata dagli insegnanti. Ho la testa altrove, non riesco a non pensare a Jessica. È come se io l'avessi rovinata, logorata dentro. È sempre stata così forte, sicura di se, poco fa era completamente un'altra persona.

<<Terra chiama Liam, terra chiama Liam!>> Picchietta una matita sul mio braccio Jenna -la mia fedelissima compagna di banco-.
<<Sei distratto, cosa ti succede? È ora di pranzo e di solito scappi via dall'aula.. non dirmi che hai incollato il culo alla sedia?>> Scherza portandosi le mani alla bocca drammaticamente.
Abbozzo un sorriso <<Rifletto solo su me stesso>> sospiro <<pranziamo insieme?>> L'anticipo prima che possa fare domande.
Annuisce <<ad una condizione! Si pranza sul prato!>> Sorride e si alza dalla sedia una volta riposto l'ultimo quaderno nella tracolla.

Ci stendiamo sull'erba dopo aver preso dei sandwich dalla mensa.

<<Hey Liam! Dove hai messo il tuo catorcio 'sta mattina?>> saluta Harry seguito dagli altri e Jessica, che tiene lo sguardo basso.
<<Guarda che l'unico catorcio che io abbia mai visto è la tua faccia!>> continuo il suo gioco.
<<Ho paura che la mia influenza peggiori qui fuori..>> confessa Jessica vicino a Jake <<cosa? È solo per qualche minuto.. e poi è venuta a te l'idea di stare fuori!>> le punta il dito Jake. <<Coraggio! Stiamo tutti insieme!>> interviene Harry, in risposta la ragazza annuisce e abbassa il cappuccio prendendo posto difronte a me.
Il più lontano possibile da me.

Non posso sopportare questa situazione.
Non mi piace vedere le persone soffrire, e non mi piace esserne la causa.

<<Indovinate chi ha perso ancora una volta questo weekend?>> scherza Cam e in risposta Ben gli colpisce il braccio.
<<Non abbiamo perso per colpa mia di certo, sono stato uno dei migliori in campo!>> puntualizza Ben.
<<Io dico che il migliore in campo è stato Liam alla festa di sabato! Dove sei finito? Non ti abbiamo più visto..>> domanda Harry curioso <<Io dico invece, che abbia "tirato in porta">> alza e abbassa le sopracciglia Ben e mima le virgolette con le dita.
Involontariamente osservo Jessica, che gioca a staccare fili d'erba e mantiene lo sguardo su essi.

<<sei sempre il solito>> qualcuno dice <<non saranno affari nostri con chi se la spassa>> sento dire ancora.
Sembra in un mondo tutto suo, grigio, scuro.
Mi riprendo dalla trance e prendo a parlare con Jenna, chiedendole cosa abbia fatto lei nel fine settimana.
<<woooow e questo? Sembra che Liam non sia stato l'unico ad essersi dato da fare in questi giorni!>> esclama divertito Jake indicando il collo di Jessica.
Lei sembra riprendersi per un momento, stringe il cappuccio al collo e colpisce Jake allo stomaco.
Jake in modo teatrale si getta indietro e finge di provare un dolore atroce.
Lei finalmente abbozza un sorriso e gli pizzica un fianco, poi alza lo sguardo e lo punta sul mio.
Sento mancarmi l'aria.

Perché non poteva andare liscio tra noi?
Perché non tornavi ad essere una mia amica normale come quando eravamo piccoli?
Perché non evitavi di abbandonarmi?
Oh, Jessica...

Un colpo di tosse mi riscuote dai pensieri, mi volto ed Harry mi osserva con un sopracciglio sollevato e porta gli occhi al cielo.

Sono steso su questo letto ormai da ore, non riesco a prendere sonno.
Non sono in pace con me stesso.
Ho bisogno di parlarle.
Di chiarire e di vederla sorridere ancora e ancora.

Non faccio nemmeno in tempo a rendermene conto che sto già camminando per strada.
Ho bisogno di sbollire in qualche modo ciò che sento, camminare mi aiuterà.

Raggiungo la villetta e mi rendo conto che non è stata un ottima scelta, dal momento che probabilmente staranno dormendo vista l'ora.
Faccio il giro della casa per potermi inoltrare in una via secondaria, una scorciatoia per raggiungere prima casa mia.

Sul retro della casa, vi è un grosso albero su cui si erge una casetta in legno. Dalla finestra più vicina all'albero, fuoriesce un filo della corrente, che sembra collegarsi all'interno della casetta.

Jessie si rifugiava sempre sugli alberi quando la rimproveravano o quando si faceva male.

E se lei...?

Salgo sull'albero aiutandomi con le tavole di legno inchiodate al tronco.
<<ED è tutto un incubo qui...>> sento dire dal piccolo abitacolo, <<mi manchi tanto e...>> singhiozza, si interrompe e sussulta non appena mi vede sbucare.
Si asciuga le lacrime e tira su con il naso <<Hey, devo andare.. ho il computer scarico>>.
<<Ma non avevi risolto con il filo collegato alla tua stanza?>> è la voce di Eiden dall'altra parte.
Lei sbuffa <<Si, ma.. devo andare lo stesso!>> alza gli occhi al cielo.
<<Jessie.. promettimi..>> non lascia finire il fratello <<Eiden! Buona notte!>> chiude il collegamento.

La osservo mentre armeggia con il suo computer, seduta su un puff bianco con dei cuscini tutti attorno e un piumone sulle gambe.

Se non voglio morire decapitato, devo fare attenzione alla testa: sono inginocchiato eppure la mia testa sfiora il soffitto.

Abbassa lo schermo e si rivolge a me, non con lo sguardo, solo con le parole <<Non trovi sia tardi per fare visita alla gente?>>.

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