Capitolo 44

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Reparto Oncologico pediatrico.
Segna il tabellone sopra la porta.
La sua mano stretta alla mia, mi conduce esperta tra i corridoi Infiniti del posto.
"Salve, ho una visita di controllo prenotata per quest'oggi" esperta si rivolge alla segretaria oltre il pannello.
Osservo le nostre mani unite, senza fiatare, e dentro mi chiedo come possa essere d'aiuto la mia presenza qui, oggi.
"Potete accomodarvi nella sala qui affianco, la dottoressa chiamerà il vostro cognome abbinato alla stanza tramite l'altoparlante" ci congeda la signora.
Jessica mi sorride, è un sorriso di incoraggiamento il suo. Sembra averlo fatto per rivolgerlo ad entrambi.

Siamo seduti di fronte, i posti a sedere sono tutti occupati. Vicino a Jess una bambina di circa cinque anni, un affare con le ruote le regge un recipiente che si collega al piccolo braccio con un tubicino.
Dopo vari sguardi incerti iniziano a parlare.
È davvero una gran chiaccherona, tra le mani muove una barbie, vestita di rosa e mostra alla ragazza di fianco le abilità da ballerina della bambola.
"Sai anch'io da grande avrò dei lunghi capelli come i suoi" avvicina la barbie alla testa calva e sorride.
Non reggendo più la situazione, lascio la stanza, alla ricerca dei bagni.
Strada facendo qualche lacrima riga il mio viso, e mi sento ridicolo, sfrecciando dove mi portano i piedi, non conoscendo nessun angolo dell'edificio e temo di essermi perso.
Mi fermo, non ci sono persone, così mi lascio andare la fronte poggiata alla parete, le mani a circondarmi il viso, le lacrime escono senza sosta.
"Hey." Sobbalzo, una mano si posa sulla spalla.
Mi abbraccia da dietro "non dovevo portarti con me".
Mi volto stringendola ancora più forte.
"Si, dovevi." Trattengo un singhiozzo, le afferro il viso costringendola a guardarmi negli occhi.
"Ti amo. Ti amo, Jessie" sussurro.
Mi bacia e al contempo una voce metallica chiama il suo cognome.

Durante il colloquio con il medico sono immerso dentro una bolla.
Osservo entrambe le figure dialogare, Jessie spigliata fa domande e il dottore con prontezza risponde. Ancora una volta durante questa giornata infinita mi sento inutile.

"Messaggio da mia madre, stasera cena con i tuoi, da me" annuncia durante il viaggio di ritorno.
"Ufficializziamo la cosa.." scherzo "stesso messaggio, ricevuto da mia madre, tempi record"
"Ci vediamo più tardi?" Chiede.
"Comportati bene questa volta. Non credo ci sia bisogno di ricordare come è andata l'ultima cena di famiglia" sorridiamo.

"Che bello vedervi vicini! Sembra essere tornati ai vecchi tempi" esclama la signora Duncan.
"Ci puoi scommettere, anche meglio" sussurra la ragazza al mio fianco, la colpisco sotto il tavolo, in modo che non mi possano vedere.
"Da quando Jessica si è ammalata, questo è il primo momento di calma nella nostra famiglia, finalmente un po' di tregua" continua la moglie del signor Duncan.
"Caro, dovresti farle qualche visita, è talmente cocciuta, che non so da quanto tempo non fa una visita di controllo" Amy si rivolge a mio padre, aggrotto le sopracciglia, stordito.
"Una madre e l'attenzione verso la propria figlia" esclama a bassa voce Jess "Non serve, davvero. Ho già chi mi cura, è tutto sotto controllo."
"Jessie mi prenderesti i tuoi appunti di grammatica?" Mi guarda interrogativa "con permesso" dico prima che possa aggiungere qualcosa.

"Non seguiamo grammatica insieme" ammette, una volta raggiunta la sua camera. Chiudo la porta alle mie spalle, rivolgendo poca attenzione alle mura cupe della stanza.
"Perché tua madre non sa che svolgi i controlli regolarmente?" Domando senza esitare.
"Perché non le importa." Risponde secca.
"Come fai a dire questo?"
"Non me lo ha mai chiesto. E penso che non sia affar suo mettere bocca su chi debba seguirmi, senza nulla togliere a tuo padre." Gira per la stanza toccando oggetti per poi riporli come prima.
"Non devi essere così dura con lei" suggerisco.
"Perché no? Lei con me lo è stata." Si volta a guardarmi "ero solo una bambina".
"Smettila di rimurginarci sopra, non importa più. Adesso siamo qui, insieme. Non conta più quello che è stato. Non ti lascerò più sola. Te lo prometto." La raggiungo e le sfioro una guancia con le nocche.

Con passo svelto si dirige verso la parete con i fogli sopra.
Con foga inizia a staccarli uno per uno, li raccoglie e li ripone svogliatamente dentro il cassetto della scrivania.
Resto fermo osservando le sue mosse, mentre come una trottola vaga per la stanza.
Gira la chiave nella serratura, poi riprende a vagare per la stanza in cerca di qualcosa.
"Che stai facendo?" Dico sorridendo inconsapevole "dove le avevo messe?" Domanda tra se e se.
Cerca dentro l'armadio, poi nei cassetti, infine nel comodino "trovate" esclama, sollevando per aria delle manette.
"Cosa hai intenzione di fare?" Domando mentre si avvicina a me, ancora in piedi.
"Ssh. Non protestare altrimenti te la vedrai con il dildo che mi hai preso quella volta al sexy shop" mi spinge indietro, lasciandomi cadere sul materasso.
"E chi parla più."
Intreccia le sue dita con le mie, si chiana verso di me, mi bacia.
Due brevi suoni, e i miei polsi sono bloccati dietro la schiena.

Sorride maliziosa, muove i fianchi davanti a me, solleva la maglietta fino a toglierla. Mi spiego in avanti e lascio un bacio umido sul suo ventre.
Le sue mani scorrono dal collo alle spalle, si accarezza il corpo, gioca con le bretelle del reggiseno.
Poi si volta, si china mentre lascia scivolare i pantaloni fino a fargli raggiungere il pavimento.
Mentre è ancora china mi spingo in avanti con i denti afferro il tessuto delle mutandine.
Le mani dietro si muovono irrequiete.
"Mmh." Perde leggermente l'equilibrio e torna dritta.
Si inginocchia davanti a me, le sue mani sulle mie ginocchia.
Avvicina il viso al mio, e dal mento con la lingua percorre il contorno.
Chiudo gli occhi eccitato.
Con le mani ancora sulle mie ginocchia si aiuta ad allargare le mie gambe, in modo da mettersi di più avanti.
"Apri la bocca" le sue labbra toccano le mie mentre me lo sussurra.
La sua lingua mi incoraggia toccando la parte superiore della bocca.
Faccio come dice, e due dita minute si infilano dentro la mia bocca.
Morde le labbra, e guardandomi dritto negli occhi lascia scorrere le due dita dall'ombelico fin dentro il tanga, deglutisco a fatica.
Inizia a toccarsi mantenendo gli occhi sui miei, di tanto in tanto la sua fronte tocca la mia, quando aumenta un po' i movimenti e la sua bocca si schiude.
Sento i pantaloni esplodere, il cuore a qualche chilometro fuori dal petto.
"Ti prego, lascia fare a me, slegami." La supplico, sorride avvicina le dita alla bocca e le lecca una per una.
Si solleva e lascia cadere giù le mutandine, chiudo gli occhi per un istante, e sospiro.
Si siede sulla mia coscia, facendo aderire perfettamente la sua intimità al jeans attillato.
Mi bacia con foga, e inizia a muovere il bacino insistentemente sul tessuto.
Le sue mani si insinuano sotto la mia maglia, e graffiano il petto mentre inizia a spingere più veloce e un  leggero ansimare si protrae dalle sue labbra.
"Toglimi questi dannati jeans" le ordino.
"Ahw" grida più forte.
"Ssh. Ci sentono"
Veloce slaccia la cintura dei miei jeans, ancora ansimante.
Si china per togliere completamente i pantaloni mentre finalmente le maledette manette cedono, riesco a romperne una.
L'afferro con forza e la getto sul materasso con poca delicatezza.
Ride.
Ancora per poco, sono sopra di lei.
Con colpo secco sono dentro si lei, urla.
"Ssh." Le mordo le labbra mentre mi muovo più veloce che posso.
"Ti amo." Quasi urla in preda al piacere.
Mi sdraio vicino a lei, circondandole la vita con le braccia, le bacio una spalla.
"Ami come ti faccio sentire" la correggo.
Si rigira tra le mie braccia, i nostri corpi nudi si toccano.
"Ti amo" sfrega il suo naso con il mio.
La guardo interrogativo.
"Ti amo! Ma non farmelo dire più. Ti prego" quasi sbuffa scocciata.
Sorrido.
"Possiamo passare la notte intera così, o tutta la vita." Le bacio la punta del naso.
"Ti amo anch'io, Jess".

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