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L'erba sta prendendo la forma dei nostri corpi mentre siamo sdraiati sul terreno. 

Ho il braccio teso e Adele usa il mio bicipite come cuscino, è così confortante sentire i suoi capelli che mi solleticano il corpo. Abbiamo entrambi il cuore che ci martella nel petto, riesco a vedere il suo torace che si alza e si abbassa velocemente. 

Non ci siamo ancora detti una parola da quando lei è scesa dal mio corpo e mi si è accucciata a fianco. 

Ce lo dicevano tutti e, come era scritto nelle stelle, non siamo riusciti ad essere solo amici. Ci siamo baciati. Abbiamo fatto l'amore. 

Ho tradito la mia ragazza e, udite, udite, non mi sento in colpa. 

Già dalla prima volta che ci siamo visti ed io ho riesumato il mio sentimento per lei, mi è salita la voglia di baciarla. La vedevo con quelle labbra carnose, quelle guance paffute e rosse ... ma, per rispetto a Deborah, ho sempre cercato di mettere delle barriere, dei muri tra me e Adele. Che ridere. 

È successo per caso. È successo all'improvviso. Me ne sono accorto nel momento in cui le nostre labbra si sono toccate e non sono più riuscito a tirarmi indietro. 

In quel momento non mi importava se stavo con un'altra e la stavo tradendo mentre migliaia di litri di Oceano ci speravano ... mi importava essere tornato, di nuovo, nelle braccia di Adele e Deborah si è, improvvisamente, cancellata dalla mia vita. 

Mentre ci baciavamo e ci rotolavamo nell'erba del suo giardino, percepivo il senso ci colpa che gravava sul cuore di Adele.

<<Non possiamo, non possiamo.>> Continuava a ripetermi mentre, però, si schiacciava sul mio corpo.
<<Possiamo, possiamo.>> Le sussurravo e pregavo che ci credesse. 

Continuo a lanciarle occhiate furtive per cercare di capire che cosa sta pensando e provando ma il suo viso è una maschera di cera e non riesco a distinguere nessuna espressione in particolare.

Ho paura che si sia pentita di ciò che abbiamo appena fatto. Ho paura che si stia sentendo in colpa per quello che è appena successo. Ho paura che stia pensando a Deborah perché, sulla pelle, ha ancora addosso il mio odore e sa che non sarebbe dovuto accadere. 

Conosco Adele, la conosco più di quanto io conosca me stesso e credo di sapere a cosa stia pensando. Sospiro e punto gli occhi al cielo. Questa sera è pieno di stelle e, sopra di noi, non c'è nemmeno una nuvola.

<<Guarda.>> Dico alzando il braccio sul quale lei non è appoggiata e indico la stella più luminosa di tutte. Ho bisogno di parlare, di dirle qualcosa e ho bisogno che lei mi risponda per capire le emozioni che lei sta cercando, in tutti i modi, di nascondere. <<Vedi quella stella? Quella che brilla più delle altre?>> Chiedo con il braccio sempre alzato e il dito puntato contro al cielo.
Adele annuisce. 

<<Quello è Venere.>> Ho sparato la prima cosa che mi è venuta in mente. Mordicchiandomi il labbro lancio un'occhiata ad Adele e la vedo mentre, concentrata, guarda il pianeta che le ho appena indicato. <<Sapevi che è chiamato anche Lucifero?>>

<<Lucifero? Perché?>> Chiede e, poi, sposta la testa appoggiandola sul mio petto. Con il braccio libero mi stringe ed io abbasso il mio cingendole la spalla. Sospiro sollevato perché ora so che, dopo quello che è appena successo, sta bene.

<<Il nome Lucifero deriva dal latino e significa "portatore di luce" e Venere è la stella più luminosa del firmamento quindi credo che il nome sia proprio azzeccato, non trovi?>> Le bacio i capelli e assimilo il suo profumo. Quanto mi è mancato poterlo fare.

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